Da sempre legate da controverse vicende, che sancivano il primato dell’una sull’altra, l’arte e la parola si mosse insieme nel corso dei secoli, legandosi in un destino fondente. Strutturare il pensiero, erigendo il sublime sotto l’egida del bello ha sempre prodotto complessità, nella scelta del media attraverso cui esprimere l’anima complessa delle forme.
“L’essenziale è invisibile all’occhio”, “solo l’immagine ha in sé il vocabolario dell’anima”: a chi dare il primato dell’umanesimo?
Dalla volontà di una strutturazione ermeneutica, creatrice degli infiniti cromatismi della mente, nasce l’idea di indire un concorso che sia fucina di raffinati talenti, affilate penne che, come pennelli astratti o materici esperimenti, sanciscano l’opera come immagine, la parola come corpus d’arte.
8 opere per 8 artisti che hanno chiamato in causa l’occhio per potersi fare mondo, essenza generatrice di pensieri in sintesi visiva e stante.
Così, anche la poesia, nei suoi versi stringe il pensiero legandolo, parola a parola al fulcro primo dell’ideale, l’alto occhio con cui la creazione a l’uomo si mostra.
Al poeta il compito di rileggere e interpretarne una, lasciandosi ispirare dai colori, dalle forme o dai sentimenti, incatenando al suo vicino e intimo fratello artista, il suono interiore che esso ha prodotto.
Doppio d’autore, come doppio è lo specchio in cui riflettere il verso, come doppio è il gioco di rimandi tra il visto e il detto, l’immagine che l’espressione imprime.