Francesco Sonis
Opera 1^ classificata
Nostalgia
Luogo dei brevi ritorni
questo paese in pianura.
Albe oscure nella strada degli addii.
Attese senza fine nelle stazioni ferroviarie.
Tormentate geometrie di dolore
quelle piazze disadorne.
Paese di un’infanzia mai conclusa
così caro ai miei sogni di fuga.
Paese di ricordi e dimenticanze:
unico rifugio è il tuo nome
scandito a fior di labbra.
È come se non fossi mai stato
ma il vento che ti tortura negli angoli
mi riporta ogni volta da te.
Dario Marelli
Opera 2^ Classificata
In una pioggia di luce
Ho scritto per te le parole più belle,
quelle che non sapevo di possedere,
non pensavo di potere immaginare.
Le ho musicate su un rigo di cielo
e ne sono stato felice.
Ho indugiato ad ammirare la luna
sotto una volta turchese di stelle
e mi sono lasciato andare.
Al sorriso sicuro, al sapore del sale,
ai fianchi di grano,
allo schiaffo del maestrale.
E tu eri là tra gli dei.
Sono tornato a riprendermi
con l’anima assente
su un bianco ciliegio
e in un momento di assurdo
ho creduto di averti.
Ti ho inventato stanotte,
mentre volavi nel buio
fra begonie e roseti
e ho sentito lo strappo,
la salvezza tremare.
Oh, se solo avessi saputo
che era il tempo perfetto
per abbracciare l’amore,
senza sentire ragione.
Avrei smesso di crearti nel sogno
in una pioggia di luce
e avrei in pugno la vita.
Non questo senso di addio.
Serafino Randazzo
Opera 3^ Classificata
Eroi
Pioggia
come fluido pianto
sui morti di questa terra.
Gli eroi se ne vanno
dopo la battaglia …
E non li appaga affatto
il nostro silenzio.
Il cielo piange per gli eroi
e sugli eroi di ogni tempo…
Ad ogni stagione
la pioggia scioglie il loro sangue…
e le radici lo custodiscono.
Emilia Fragomeni
Opera 4^ Classificata ex aequo
Penso…
Io sono qui, all’ombra del crepuscolo
e sento il mondo sconvolto da misfatti,
il giorno si fa sangue sulla terra,
la luna un’onda di gemiti e tormenti.
Rimango qui, nel grumo del dolore,
che mi rovista l’anima e la mente,
porgendo le mie braccia al vento ignoto,
calpestando pensieri – crudeli,
sconvolgenti, inafferrabili –. E penso.
Sì, penso. Ma solo per immagini distinte,
contrapposte, in questa realtà che
ci sconvolge. Sandali rossi di sangue,
scarponi sporchi di fango si posano
su antiche pietre, che ben altre cadenze
hanno percosso. Vita e morte vagano
assieme, tormento crudo e disperato.
Una donna alla finestra guarda pensosa
fuori e disegna un cuore con gli occhi
sbarrati, fissando un’altalena immobile,
vuota, silente, appesa a larici nudi
con le braccia vuote e spalancate.
Un uccello, colpito da un sasso, cade
a terra, come un bimbo ferito.
In alto, nero, vorticante come una ruota,
il cielo: frantuma l’oscurità e le ombre.
In basso, una dolce carezza sui sacri
capelli di una bimba che dorme,
un’illustrazione di Dio, che segna l’unico,
forse ormai l’ultimo, mondo “umano”.
E noi, smarriti spettatori, non troviamo
parole per spiegare. Noi non sapremo
mai se dalle cose non vengano richiami,
se dalle case distrutte non si levi un grido,
se le mura deserte non invochino aiuto,
muti segnali vani, appelli di pace inascoltati.
E le immagini irrompono nella poesia.
Lucia Lo Bianco
Opera 4^ Classificata ex aequo
Ladri di pelle
(Alle donne ucraine, violate)
Sono giunti ancora quegli sguardi
tra le foglie accartocciate del giardino,
vesti nascoste senza forma né colore,
forme distorte su panni bianchi appesi.
Sono giunti nel cammino oscuro del destino
e riluceva il grigio acciaio delle armature
mentre sbucavano occhi dentro il buio
come dei topi annaspando sangue altrui.
Sono arrivati urlando fuoco sotto il cielo
a lacerare sipari scuri appena issati,
sotto una pioggia di lampi e di scintille
e odori acri di brandelli di cemento.
Han spalancato portoni sull’abisso
(le amiche stelle restavano a guardare),
e le parole erano scatole strappate
abbandonate a galleggiare sopra i fiumi.
Sono rimasti il tempo per scoprire
l’arma segreta che sputa la violenza,
senza lasciare uno spazio per volare
dentro la camera nascosta in fondo ai sogni.
Hanno lasciato bambole piegate,
scalfite a lungo come vecchie porcellane
e cenci unti, bagnati nel dolore,
un grigio perla di lacrime disperse.
Sono partiti: un carico di pelle
stipato a forza sui carri della morte,
come bottino di becera follia
a disegnare di vermiglio l’universo.
Maria Grazia Di Grazia
Opera 6^ Classificata
Madleine
A piedi scalzi sotto la pioggia, tra lunghi filari di querce,
Raccogli dentro le sdrucite tasche
L’acqua che scivola dalle foglie.
E mentre intingi le dita in una pozzanghera
Vedi riflessa la tua immagine tra sottili cerchi concentrici.
Non sorridere alla luna, povera Madleine!
Riserva le pallide labbra al tuo amore segreto
E a lui dedica i tuoi folli pensieri
Mentre ad occhi chiusi gli corri incontro.
Un giorno passerai oltre quel cancello
Stringendo al tuo esile petto una croce di legno.
Ma oggi devi prendere le tue medicine, Madleine,
E sorridere…
Perché i matti sorridono sempre quando inseguono un aquilone.
Chris Mao
Opera 7^ Classificata
Credevo alla luce
Credevo alla luce
nel dovere preciso della mia esistenza,
con un bisogno di cure relegato
nella camera segreta degli occhi,
il corpo rapido nel sentirsi abbandonato
dove il sentiero sperato scompare.
Credevo alla luce
nella consapevole armonia del saggio
che possiede eternamente le parole
evase dal tempio caldo della bocca,
con la fede nel mio istinto riconosciuta
nella bellezza calibrata dell’ultimo sole.
Credevo alla luce
evaporata dal corpo lieve dell’aurora
nell’ora distesa sulle barricate del sonno
prima della grazia silenziosa del giorno.
Credevo alla luce
germogliata nella lucida potenza della pioggia
cresciuta nelle viscere alate delle nuvole
nell’aria tesa verso il trionfo delle correnti.
Credevo alla luce
caduta dalle trame celesti del destino
sulle sponde variopinte delle mie visioni.
Credevo alla luce
madre silenziosa di ogni mio splendore.
Pietro Agostino Masotti
Opera 8^ Classificata
Istanti di luce
Sinistre nubi dell’incognito
che si accumulano sulla nostra vita,
d’improvviso si stemperano
dinnanzi al tripudio di luce
del sorgere del sole sopra i verdi poggi
che scendono alla pianura come dolci declivi.
Lentamente trascorrono le ore
e le nubi, come petali di pervinca,
ora tingono l’orizzonte
nell’impalpabile illusione del crepuscolo,
mentre il fulgore del cielo si adagia
nella luce quieta e profonda che precede la sera.
Di lì a poco, la luna con un lungo riflesso
sullo specchio d’acqua dormiente,
saluta il giorno che si accomiata
in un sospiro di bruma,
mentre un soffice velo turchino
precede l’arrivo della notte.
Morena Festi
Opera 9^ Classificata
Mulinelli di memorie
Mulinelli di memorie
danzano sui passi
di un valzer improvviso.
Volteggiano ancora
con illusione di vita
stracci di ricordi
sulle ali leggere
di un vento pietoso.
Con troppo sale nelle ossa
Con troppo sale nelle ossa
e il mio cassetto di calzini spaiati
sul piolo più alto
con la spillatrice rossa
a rammendare l’orlo del tempo.
In questo mare d’incertezza
Annega l’anima
in questo mare d’incertezza,
domande,
scialuppe per non affondare
e annaspi di risposte,
miraggi alla deriva
in un’alba
all’infinito senza sole.
Irene Moro
Opera 10^ Classificata
Lettera di un condannato alla madre
Oh madre,
sono stato un figlio crudele.
Con tante sofferenze ho appesantito il tuo cuore.
Nelle tue vene ho fatto scorrere pece,
hai respirato zolfo,
hai pianto acido.
Oh madre,
mi chiedi il motivo di tanta cattiveria.
Ebbene, me lo chiedo anche io.
Come tuo figlio,
avrei dovuto proteggerti, avere cura di te.
Ti ho abbandonata,
caricando sulle tue spalle un peso troppo grande.
Sapevo
che non saresti riuscita a portarlo,
ma ho continuato instancabilmente,
senza mai fermarmi.
No, non mi sono mai preoccupato di aiutarti.
Oh madre,
quanto egoismo ho dimostrato.
Ti ho strappato la bellezza
e la purezza che fa parte di te,
che faceva parte di me.
Il tuo male
ora mi distrugge.
Forse i miei sforzi
non saranno mai abbastanza
per recuperare il tempo perduto.
Mi hai tanto amato,
mi hai cresciuto, mi hai nutrito.
Oh madre, perdonami.
Oh natura, madre mia,
Nelle mie vene ora scorre pece.
Respiro zolfo.
Piango acido.
Lucio Postacchini
Opera 11^ Classificata
Un giorno di primavera
Poesia che nasce
Nel vento leggero,
In un giorno di sole
Di un marzo che muore,
Ma che inonda il campo
Di gentil primavera.
Si sente l’odore del tempo
Di passate stagioni,
D’anime assolte
E vibranti in farfalle
Che si posano lievi,
Come il passo di chi sente
L’incanto.
Rodolfo Zanardi
Opera 12^ Classificata
Precipitevolissimevolmente
Presto! Presto! Faremo tardi a scuola!
All’una in ufficio c’è un cliente!
Sbrigati, bisogna fare in fretta,
corri, che l’aereo non ci aspetta!
Vola, senza sostare un momento.
Con quale risultato: il fallimento!
Visto qual è stata la conclusione,
ne valeva veramente la pena?
Vivere ogni giorno in altalena.
E dovrei essere assai contento,
ridotto come le foglie al vento?
Seduto sull’argine del fiume,
guardare il sorgere del sole,
vedere nel ciel le rondini volare,
sentire il profumo delle viole,
e le piccole cose che puoi fare.
E allora? Vivere la vita con
tempi di ghepardo o di lumaca?
Correre affannarsi o indugiare?
Piano, senza fretta, lentamente.
Diceva Augusto: festina lente.
Lentissimevolissimevolmente!