Augusta Potestà
Opera 1^ classificata
Il disabile
Ti penso, ti vedo lontano nel tempo.
I languidi occhi, il passo strisciante
offuscata la mente.
E or dove sei?
Forse ridi, se pensi alla vita di bimbo
sempre colma di baci e carezze.
Forse piangi, ormai solo
e lontano, invocando
la mamma scomparsa, aspettandola invano.
L’arcana natura ti plasmò
con l’infida sua mano
ma il cuor preservò che, col suo puro candore
la riscatta dal male e tu, ignaro,
trasformi quel male in amore
Marinella Barbero
Opera 2^ classificata
Ciò che siamo adesso
Tremava la pianura sotto la suola dei soldati
e la parola libertà spiccava il volo.
A Calatafimi, ove la terra si inzuppa di mare,
battevano i cuori sotto le camice scarlatte
ed il futuro vibrava nell’urlo di vittoria.
Ora siamo qui, fratelli di chiunque,
abbiamo estirpato confini ma quanto siamo liberi?
Ancora un dialetto sa far discrepanza,
una sfumatura d’incarnato assegna ad una stirpe.
L’Unità piange silente, l’egoismo dell’uomo
che sulla carta scrive e col cuore cancella.
L’ideale rimane nella mente di molti
ma denaro e potere sono lusinghieri amanti.
Ammaliano e distraggono cervelli e coscienze
di chi dall’alto del Foro dovrebbe l’Italia ossequiare.
Siamo orfani di dignità e rispetto ed io ora vorrei,
nel mio petto, un cuore che somigli a quello di allora.
Vorrei urlare al mondo che l’Unità non è solo storia
ma un seme prezioso cui non può bastare la semplice memoria
……. e nemmeno è ciò che siamo adesso.
Non basta una data, un libro, un tricolore,
serve coraggio ed un passo sicuro,
per onorare il ricordo di chi si è giocato la vita
per far di tante terre …. un’unica bandiera.
Salvatore Paolino
Opera 3^ classificata
Mercante di chimere
Per ricordarmi
se esisti ancora dentro di me,
pensiero dolce e amaro
ad un tempo,
storia invecchiata
fra le pagine ingiallite
d’un diario mai scritto,
sfogliato ogni sera
prima di dormire,
pieno di frasi senza parole,
di desideri inconfessabili.
Per ricordarmi
se esisti ancora dentro di me,
pensiero di fuoco
chiuso nel rimpianto
di non averti più
incontrata d’allora,
tu, la donna del lago
io, mercante di chimere,
se quello fu vero amore
o un altro dei miei sogni
ad occhi aperti.
Francesca Costa
Opera 4^ classificata
Mi rimani nei sentieri dei sogni
T’accompagno al limitar della soglia
ferma ai confini del mondo conosciuto
ormai mi rimani nei sentieri dei sogni
fino a quando a te mi ricongiungerò.
Niente è udibile nella buia eternità
ma silente ti sussurra il mio cuore
il suo addolorato cantico d’amore
imperitura melodia della mia pena.
Prostrate da sconforto son le ore
gelido mi sfiora il vento del dolore
pungendo la pelle della mente
scorticata dalla triste sofferenza.
S’aggirano nelle stanze vuote di te
spettrali pensieri sviliti dall’angoscia
sorseggio l’amaro veleno dei ricordi
lucido è il sale ch’ammanta le gote.
Antonio Paoletti
Opera 5^ classificata
Fai in modo
Fai in modo che la tua vita,
il tuo esserci a questo mondo,
sia come un miracolo,
che ogni tuo istante si rinnovi
e che diventi eternità!
Mettiti ad ascoltare
la musica solenne
del tempo che passa, che trascorre,
non torna più,
e lascia una nota incancellabile
nella tua voce!
Fatti rapire dagli attimi di luce
e quell’azzurro
che ti riveste gli occhi
scrivilo nella tua mente,
nella tua anima,
nelle pagine, nel diario,
del tuo cuore!
In questo modo l’Amore
ti nascerà come un fiore
e compagnia ti farà
quando le ombre
copriranno il tuo sole!
Olginate 5-02-2011
Simona Pagliari
Opera 6^ classificata
A lei… il mio cuore e forse più
Lei lava, stira
ride, scherza, ascolta.
A scuola suona il cellulare:
«Sto impacchettando l’ultimo regalo…
è per te!».
La mia mamma… la bambina più gioiosa
nell’attendere il Natale.
Vive delle piccole cose,
ama la vita, i fiori, i colori…
me
Io e mamma come Thelma e Louise.
Ma noi spacchiamo il mondo
e l’esistenza la respiriamo.
Vado di là… a dirle di questa lirica.
«Mamma, mamma!
Perché non rispondi?»
Ora è immobile in un letto d’ospedale.
Semiparalizzata.
Non parla più.
Non canta più.
Sorride solo
come fa sempre
nella gioia e nel dolore.
«Mamma, se mi vuoi bene,
dammi un segno!»
Lei allunga una mano
e mi accarezza il viso.
Delle rose non sente mai le spine
ma solo il profumo.
Fabio Bet (Reverendo Stone)
Opera 7^ classificata
Piccole mani
Vecchie foto appaiono a volte
Scivolando da vecchi cassetti
Restituiscono vecchie realtà
Mentre noi corriamo al lavoro
Dentro albe buie ed uggiose
E portiamo come uniformi
Le nostre ansie divoratrici
Piccole foto
Piccole facce
Piccole mani
Avevi calzette bianche fatte all’uncinetto
Calzette che ti serravano i minuscoli polpacci
Avevi calzette bianche e piccole scarpine nere
Ma già finivano gli anni settanta
Ed il mondo aveva quel ritmo lì
Quant’è distante quell’istante da quest’istante?
Per noi che corriamo e corriamo
Dentro rumorosi macchinari infernali
Obbedendo a padroni invisibili
Divinità irraggiungibili e siderali
Che ci rubano i piedini e le manine
E ci trasformano in servi e puttane
Ma che ne è stato di quei bambini?
Che cosa ne abbiamo fatto?
Ci sarebbe da gridare fino a scorticarsi la gola
Per precipitare in una vertigine purificatrice
Per le tue piccole mani
E per i tuoi piccoli piedi
Ti amo e ti amerò sempre
Paola Cenedese
Opera 8^ classificata
Mirando
Mi colpisce ogni volta
questa tua fragilità
che ti costringe a lottare
per alzarti in piedi.
Ti tremano le mani mentre cerchi appigli,
ti aggrappi a chi ti sta vicino.
Una continua attesa
i primi giorni con noi…
Un vagare smarrito,
senza riconoscere stanze,
mobili, oggetti
che avevano segnato la tua vita
fino a quel momento.
Sono i tuoi discorsi sconnessi,
parole strappate, bisbigliate,
che noi cerchiamo invano di capire,
a darmi la misura della tua tenacia
nonostante tutto.
Mi ricordi il ciuffo d’erba
che ho visto stamattina.
Ha attecchito nella crepa di un vecchio muro di mattoni.
Un pizzico di terra basta alle radici
per dar vita al fiore giallo
che freme,
nel vento di questa primavera.
Gaetano Pizzuto
Opera 9^ classificata
Nebbie d’assenza
ai malati di Alzheimer
Così ti ho trovata, ieri
poggiata al silenzio d’una finestra,
in quella stanza estranea e bianca
e lo sguardo, fisso nel vuoto infinito
era come allora, gentile e fragile.
Così ti ho ritrovata, all’alba
a consumarti lungo i muri della mente
come una viandante nella notte, che vaga
fra nebbie d’assenza a cercare i pensieri,
i gesti perduti un giorno dopo l’altro, poi
la tua vita, che si lascia vivere, al posto tuo.
Così ti ho trovata, questa sera
seduta accanto alla solitudine, lontana
come rondine abbandonata dallo stormo,
umiliata e senza parole, ormai dimenticate
come sogni che si posano sui ghiacciai del nulla
e la mia rabbia, la pietà, sono nel vento
come i perché rivolti a Dio, e, nell’attesa
di risposte… distanti mille cieli, prego
e piango, se un ricordo più non ti conosce,
se gli altri non sono che ombre, chimere
e se più, non puoi amare chi ti ama.
Così verrò a trovarti, domani
ed anche quando, le stagioni che verranno
saranno solo inverni, echi che gridano, io
ti parlerò ancora di noi, dei nostri momenti,
ti porterò una rosa, dai giardini del cuore
e forse, solo per un istante
la tua anima… si ricorderà di te.
Domenico Perugini
Opera 10^ classificata
Serrato
Un infinito e prezioso
tocco d’amor mi desti,
in me serrato, ancor
mi nutre.
Maria Clara Quinale
Opera 1^ classificata sezione vernacolo
Quänd che lêsi
Quänd che lêsi
‘sti puisii
l’è tamme fa passà
di vêgg futugrafii,
‘iä vädi cun la mênt,
‘iä senti cun al cör,
a vädi fina i so culûr,
a sênt la cûrt
cui so rumûr:
i socäl di cavâl
chi picän in-tlä rissà
i ännin adré la rûsa
cla passa riva ca’,
la topia ‘d l’ügä,
la fila ‘d salici piängênt,
a sênt la vûs cuntenta
dla mè gênt…
Inchö però, l’è no giurnà!
l’è mei che löghi tütt
e mäti via
prima che ‘m ciàpa fôrt
la nustälgia.
Traduzione:
Quando leggo
Quando leggo
‘ste poesie
è come sfogliare / vecchie fotografie,
le vedo con la mente
le sento con il cuore,
vedo persino i loro colori,
sento il cortile
coi suoi rumori:
gli zoccoli del cavallo
che picchiano sul selciato
gli anatroccoli alla roggia
che passa vicino a casa
il pergolato dell’uva
la fila di salici piangenti
sento la voce contenta
della mia gente…
Oggi però, non è giornata!
È meglio riordinare tutto
e mettere via
prima che mi prenda forte
la nostalgia.
Maria Luisa Casè
Opera 2^ classificata sezione vernacolo
La sminsata
Pûeta i son, ad l’ültim üra,
par no smantiam da ti,
o sminata rivà dal piacentin,
fin chi, n’ mes da sti riseri,
cûn la to bicicletta un po a sgangherà,
che sütta al pes di smensi, carià sul portapac,
as lamintava un po’ ad ogni pedalà.
Giranda par paiss, casini e cà par cà,
la gent a ta spiciava par l’ort laurà,
e chi l’avria mai dii che propi chi,
dop tantu pedalà,
t’avrii lasà al to cör par met su ca.
Guardanda al verd di to riseri,
i brilavan i to öc, cûn nostalgia,
pinsanda ai to muntagn ad vigni ricamà,
filar tüc urdinà chi sparivan giù par la scarpà,
par po riturnà su e rampia, rampia,
fin dua i to öc i pudivan rivà.
e n’cù t’sintivi al vent cuntent giugà, n’ mes da cui filar,
da cûl prufum inebrià, ad nuvel vin fracà,
che al temp ad la vendemmia la fava da padron,
entranda cittu cittu cà par cà.
An fond ad la cûntrà, n’a musica ad festa,
la turna minat cà,
Curiosa t’sé, … et vori vêcc… che festà l’è,
e n’tant che ti tan davi,
un prufum n’ contra al gniva,
n’t’un cudron, larg mè n’a rova d’un caret,
ecco, sautà al ris cuntent,
e al vin di to muntagn,
ac fava compagnia,
dû gust e dû prufum, che ben a san marià,
par diventà “paniscia” e at tüc la fam sasià.
La rida la Sminata pinsanda a cûl distin,
so e dal vin, tüc du, ian salutà i muntagn,
par fa furtunna, e m’sa che tutti e du, a l’an trua!
Traduzione: La venditrice di sementi
Mi son improvvisata poeta
per non dimenticarmi di te
o venditrice di sementi arrivata dal piacentino
fin qui, tra le risaie,
con la tua bicicletta vecchia e sgangherata,
che sotto al peso delle sementi, sul portapacchi caricate,
si lamentava un po’, ad ogni pedalata.
Girando per paesi, cascine e casa per casa,
la gente ti aspettava per l’orto lavorare,
e chi l’avrebbe detto che proprio qui,
dopo tanto pedalare,
avresti incontrato l’amore, e messo su casa.
Guardando il verde delle tue risaie, brillavano i tuoi occhi,
con nostalgia pensando alle tue montagne di vigne ricamate,
filari tutti ordinati, che sparivano giù per i pendii,
per poi ritornar su, ed arrampicarsi,
fin dove i tuoi occhi potevano vedere.
E ancor sentivi il vento contento giocare in mezzo a quei filari,
inebriato, di quel profumo, di novel vino pigiato,
che al tempo della vendemmia spadroneggiava,
entrando di soppiatto nelle case.
In fondo alla via una musica di festa,
ti scuote da quei pensieri per riportarti al presente.
Curiosa sei, e vuoi vedere che festa sia,
ma mentre tu andavi,
un profumo incontro ti veniva,
in una pentola, larga come la ruota di un carretto,
ecco saltare il riso contento,
e il vino delle tue montagne gli faceva compagnia,
due gusti e due profumi che ben si accoppiavano,
per diventar “Paniscia” e di tutti la fame saziare.
Sorride la venditrice di sementi pensando a quel destino,
suo e del vino, che le montagne han lasciato,
in cerca di fortuna e mi sa che tutti e due l’han trovata!
Adriana Montemartini
Opera 3^ classificata Sezione Vernacolo
Incùra in co
Incùra in co
Quand al dì al camina
E asfà incuntrà ala matina
Incùra in co
Quand Incumincia la sìra
E intà stés temp as trova a riva
Incùra in co
Cun amur e cun tanta cor
incùra in co
Ades l’è al mument
Pusè bel che ier.