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Premio Letterario Internazionale Città di Melegnano 2011
XVI Edizione

Ultimo aggiornamento: 13 Luglio 2012
Clicca qui per il bando completo del concorso
Andamento del concorso:
  • XVI Edizione Premio Letterario Internazionale Città di Melegnano 2011
  • Scaduto il 30 Settembre 2011
  • Resi noti i risultati in data 29-11-2011
  • La spedizione dell’antologia è stata effettuata dal 20 giugno 2012 al 6 luglio 2012 Clicca qui per vedere l’antologia online – Spedite le bozze dell’Antologia in data 12-04-2012 – Inviata in data 07-11-2011 la comunicazione agli autori ammessi all’antologia che raccoglierà le migliori opere di poesia partecipanti al premio.
  • La premiazione si è tenuta sabato 28 gennaio 2012 alle ore 15:00 presso l’Auditorium «Recagni» della Scuola Sociale Accademia delle Arti in via Marconi 21 a Melegnano con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale Assessorato alla Cultura e Identità. Direzione artistica a cura di Fabrizio Ferrari, performances artistiche a cura di Fabrizio Ferrari, Cristina Petriccioli e Davide Milani. Online le fotografie della manifestazione nella sezione Gallery a cura di Emilio Ferrari: Prima parteSeconda parte I vincitori sono stati tempestivamente avvisati a mezzo posta e tutti i partecipanti riceveranno una copia della rivista Il Club degli autori con i risultati del concorso.
Risultati

La Giuria della XVI Edizione del Premio di Poesia Città di Melegnano 2011, patrocinato dal Comune di Melegnano Assessorato alla Cultura e Identità, e presieduta da Benedetto di Pietro, per la poesia e Alessandra Crabbia, per la narrativa, rende noti i risultati:


Sezione Poesia:

  • Autrice 1^ classificata con l’opera «I tuoi passi» Silvia De Angelis, Roma. Questa la motivazione della Giuria: «Lo spunto della poesia è tratto dal rumore di passi. Questi, se appartengono alla persona amata, danno sicurezza e hanno la capacità di far superare momenti di abbattimento. Il ricordo di quei passi porta la poetessa a dare più valore ai suoi pensieri che nascono da “solinghe sfumature d’inconscio” e riescono a svelargli la realtà della vita nei suoi dettagli. L’età avanza e la riflessione sul tempo che passa è inevitabile; i momenti di sintonia e di attrito si sciolgono “nel solco di una ruga / capace di incatenare l’anima del tempo”. Poesia intimista scritta con uno stile personale e ricercato». Benedetto Di Pietro
    Vince Targa Città di Melegnano – Pubblicazione di un Libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 100 copie all’autore – Pubblicazione dell’opera premiata sulla rivista Il Club degli autori, sull’Antologia del Premio e sul sito Internet del Club degli autori – Attestato di merito.

  • Autore 2° classificato con l’opera «All’amata» Andrea Polini, Livorno. Questa la motivazione della Giuria: «Il poeta si dichiara disponibile, se fosse possibile, a regalare all’amata il tempo che ha vissuto, la felicità delle partenze, ma anche i giorni “dei naufragi”. Tutto questo affinché il senso della vita non venga dimenticato. L’amata scoprirebbe così i momenti felici, ma anche il fatto che la felicità è la contropartita degli “uragani”. Una simbiosi di dolore e felicità, quasi leopardiana. L’uomo in sostanza è il risultato di un immenso desiderio d’amore che oscura la vita e la morte. È “cielo e nuvole e sole”, ma purtroppo è nato “da un amore senza amore”, e la conseguenza è che vive senza amare il prossimo e la natura, e questo suo isolamento porta guerre e distruzione». Benedetto Di Pietro
    Vince Pubblicazione di un Libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 50 copie all’Autore – Pubblicazione dell’opera premiata sulla rivista Il Club degli autori, sull’Antologia del Premio e sul sito Internet del Club degli autori– Attestato di merito.
  • Autore 3° classificato con l’opera «I mesi brevi di luna» Gino Zanette, Godega di S. Urbano (TV). Questa la motivazione della Giuria: «Il poeta prende spunto dalla vita contadina. Le illusioni dei coltivatori, a causa delle annate magre, e l’ostinazione a continuare a coltivare sperando che l’annata successiva sia migliore. Anche le viti rigogliose all’arrivo dell’inverno “saranno sfogliati sarmenti / che non sapranno nulla di prima”, ma come le stoppie sotterrate diverranno spighe di grano l’anno successivo, così quei sarmenti saranno bruciati e diverranno fertilizzante, permettendo alle viti di crescere più rigogliose. È la metafora della vita dell’uomo che nella vecchiaia cederà il suo sapere e la sua stessa vita per fare largo alla prole che così crescerà più colta e consapevole delle proprie origini». Benedetto Di Pietro
    Vince Pubblicazione di un Quaderno di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 50 copie all’Autore – Pubblicazione dell’opera premiata sulla rivista Il Club degli autori, sull’Antologia del Premio e sul sito Internet del Club degli autori – Attestato di merito.
  • Autore 4° classificato con l’opera «Migrazioni» Antonio Capriotti, San Benedetto del Tronto (AP). Questa la motivazione della Giuria: «Il tema della migrazione è una realtà attuale. Il poeta prende spunto dagli uccelli migratori che incrociano nei loro movimenti altri migranti, disperati che viaggiano verso Nord, su vecchie carrette del mare, senza alcuna destinazione precisa. Per una sorta di destini incrociati sia i volatili che gli uomini seguono mete opposte, ma tutte dettate dalla stessa esigenza: la sopravvivenza. Cambia l’atteggiamento, che per gli umani è un continuo interrogare la sorte su cosa riserverà loro, mentre per i volatili è un movimento naturale che il poeta evidenzia come “imperturbabili silenzi d’ali”. Cambiano anche le dimore: quelle riservate ai volatili saranno di gran lunga migliori di quelle “forse impossibili” che attenderanno quei disperati del mare». Benedetto Di Pietro
  • Autore 5° classificato con l’opera «Il bancomat del cuore» Claudio Colombi, Castelnuovo Magra (SP). Questa la motivazione della Giuria: «Il poeta si avvale del riferimento ad un moderno mezzo tecnologico per lanciare un messaggio inquietante: una visione disillusa e pessimistica del futuro. Davanti al Bancomat, alcuni avventori litigano sul diritto di precedenza. Nell’attesa del suo turno, il poeta fa un veloce ritorno agli anni passati. Il bilancio non è positivo, ma ancora cerca di raccogliere con “la cazzuola delle mie finte certezze / i calcinacci del muro del desiderio e riscatto…”. L’analisi porta alla conclusione che il cuore e la speranza debbono essere svincolati dalle preoccupazioni lasciate dagli anni della giovinezza, poiché si corre il rischio di vedersi esibire dal Bancomat un responso inesorabile: “Credito esaurito”. Domani tenterà presso un’altra banca, “pigiato fra le sudate fantasie di uomini mai nati, / tutti nomadi accattoni di speranze esaurite”. È una visione disarmante, quasi una sentenza senza appello». Benedetto Di Pietro
  • Autore 6° classificato con l’opera «Saltimbanchi nel nulla» Stefano Colli, Grosseto. Questa la motivazione della Giuria: «Da una constatazione spazio temporale in cui nell’ora del tramonto l’orizzonte separa il sole dal mare, il poeta s’interroga se il confine tra l’attimo che fugge e l’eterno è così arduo da superare oppure non lo è affatto; se si tratta cioè di una prerogativa della coscienza umana oppure “siamo eterni senza saperlo”. Basterebbe una semplice carezza fattaci dalla “luce” per farci capire che la morte è sconfitta. Proprio questo dubbio, su quando giungerà quell’ora, continua ad assillarci e ci rende “saltimbanchi del nulla / gelosi custodi delle nostre domande / in attesa di tornare all’origine […] in nome di ciò che non ha nome”. Una poesia imbevuta di filosofia e religione». Benedetto Di Pietro
  • Autrice 7^ classificata con l’opera «Pietre» Luisa Foddai, Guspini (VS). Questa la motivazione della Giuria: «La poetessa si avvale del termine “pietre” e rivolgendosi al “tu” interlocutorio ci propone una bella serie di significanze. Le tue parole sono pietre incastonate come diamanti nel petto del mio tempo. I miei pensieri sono pietre come perle infilate su “sogni senza aurore”; anche i miei sospiri sono pietre. Però le mie pietre sono fatte di carta e sopra ho disegnato graffiti scarlatti nel silenzio della notte. Le mie pietre sono folli e “corrono incaute / su cocci taglienti di stelle” grondando sangue. Sono pietre che rotolano e sporcano inconsce il “cielo bianco / di Poesia”. Una lirica in cui la metonimia porta ad una poesia surreale». Benedetto Di Pietro
  • Autrice 8^ classificata con l’opera «Sei tu felice?» Elena Segato, Padova. Questa la motivazione della Giuria: «La poetessa ha una visione piuttosto ottimistica della vita e alla domanda se sia felice o triste, risponde di essere costituita da un’altalena di emozioni e di aspirare soltanto “alla serenità completa” che le dia fiducia per affrontare la vita. Aspira a vivere in pace e godere le bellezze della natura. Ha il rimpianto del suo uomo che la “rese felice per un istante”. La fugacità dei giorni si associa a questa poesia e la felicità è individuata come piccola cosa, come “una scheggia trepida lungo la via”. Ma anche la tristezza è vista in chiave ottimistica in quanto è come un tunnel in fondo al quale “c’è sempre un raggio luminoso”». Benedetto Di Pietro
  • Autrice 9^ classificata con l’opera «Vorrei» Maria Chiara Quartu, Garbagnate Milanese (MI). Questa la motivazione della Giuria: «Gli eventi naturali dei nostri giorni fanno sì che la poetessa interroghi Gea (la Terra) chiedendole che cosa le stia succedendo, se i dissesti idrogeologici degli ultimi tempi siano una vendetta per la poca attenzione prestata dall’uomo nei suoi confronti. Però, di fronte allo scempio compiuto, in cui sono morti bambini e povera gente, la poetessa non esita a chiedere a Gea affinché faccia sì che “la voce di chi sperando implora / di tramutarla in armonioso canto”. Una poesia pervasa di inesorabile naturalismo». Benedetto Di Pietro
  • Autrice 10^ classificata con l’opera «Sgradevoli verità (pensando alla Merini)» Giuseppina Barzaghi, Inverigo (CO). Questa la motivazione della Giuria: «La poetessa vede la calma presente negli uomini come una “monotonia infruttuosa”. Invece il mondo ha bisogno di folli, “Non servono finti eroi assopiti / ma folli!”. Questi “non hanno paura di vivere” e quando vengono abbattuti dalle difficoltà, hanno la capacità di rialzarsi e continuare a combattere. L’allusione riporta ad alcune poesie autobiografiche della Merini e a certe vicende che l’hanno coinvolta. La lirica chiude con la considerazione che non c’è bisogno di riportare agli onori della cronaca quelle voci che si è voluto continuamente reprimere, perché continuano a vivere nelle loro opere ». Benedetto Di Pietro


Dal 4° al 10° classificato vincono: Attestato di merito – Pubblicazione della poesia sulla rivista Il Club degli autori, sull’Antologia del Premio con assegnazione di due copie del volume e sul sito Internet del Club degli autori – Attestato di merito.


Sezione Narrativa:

  • Autore 1° classificato con l’opera «Tre dita», Fabio Pasian, Trieste. Questa la motivazione della Giuria: «La potenza narrativa di quest’opera, è intensificata dalla sobrietà dello stile dell’autore, che in questo racconto scarno e tagliente ricorda il primo Hemingway. La guerra incombe con tutta la sua inconsapevole, stupida e terrificante quotidianità. Il soldato Maier Joseph, immerso nella stupefacente bellezza delle Dolomiti, combatte la sua battaglia con coraggiosa rassegnazione dinnanzi alla povertà umana della burocrazia bellica spietata, ma anche con stupore rinnovato per i paesaggi naturali nei quali ravvisa il mistero delle fiabe. In un continuo ripercorrere la sua infanzia, le sue origini e il desiderio soave di amore e pace, resta continuamente concentrato sui rischi e sui pericoli incombenti, con un senso di ardua responsabilità che lo invecchia, che rende amari i suoi pensieri, sullo sfondo di un paesaggio di meraviglie cromatiche e montane mescolate alla crudeltà di una guerra spietata. La stupidità gelida e feroce degli eventi è narrata dal protagonista senza partecipazione passionale ed emotiva, ma con distacco che rientra in una coralità simile al “Germinal “ di Zola. Non ci sono nessun auto– inganno, nessuna illusione, nei pensieri di Joseph: c’è solo la disincantata constatazione che la morte è a due passi, veloce, concreta, inevitabile, fulminea. Il soldato Maier è un ragazzo vecchio, ma sarà proprio la distrazione dei suoi pochi anni a tradirlo: la fiammella di un fiammifero per la sigaretta, e il colpo al cuore di un cecchino. L’ultimo pensiero vola ad un’ antica leggenda e al suo compleanno, vent’anni il giorno dopo la sua morte. Delicato, colto e sorprendentemente visivo, questo racconto è scritto con magistrale equilibrio e rigore. Non c’è stata alcuna incertezza nel consegnargli il merito del primo premio». Alessandra Crabbia
    Vince Targa Città di Melegnano – Pubblicazione di un Libro di 32 pagine edito dalla Casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 100 copie all’autore – Pubblicazione dell’opera premiata sulla rivista Il Club degli autori, sull’Antologia del Premio e sul sito Internet del Club degli autori – Attestato di merito.
  • Autore 2° classificato con l’opera «I sandali d’oro», Gino Zanette, Godega di S. Urbano (TV). Questa la motivazione della Giuria: «Spiritosa ed effervescente satira, che non risparmia l’ironia scanzonata sull’avidità, sui parenti serpenti, sulla morte che diventa una graffiante icona di disincantata ferocia, sulle bieche aspettative delle eredità. Attraverso gli occhi infantili della protagonista, che evidenzia con pennellate grottesche le mostruose e rapaci mire dei suoi parenti, appare un piccolo universo borghese con le sue meschinità, le sue stranezze, le idiosincrasie e le ipocrisie. Ecco che si ride amaro, ma anche con malizia, rammentando come questi personaggi siano anche tra di noi, terribilmente familiari. La prosaicità cruda dell’avidità, le parole non dette , e l’intelligenza scarna e pragmatica della narratrice, sono di contorno a uno squallido ma ridanciano “ Ritratto di famiglia in un interno”. I sandali d’oro preziosissimi, che la stravagante defunta ha inteso portare con sé nella bara, senza dirlo a nessuno, verranno trafugati dal prete, che rimasto inaspettatamente a becco asciutto alla lettura del testamento, penserà bene di usarli per costruire la nuova canonica, beffando le ricerche forsennate dei parenti. L’ilarità che ne consegue è quella graffiante di Roberto Benigni, che in un film dice: “ Sarò contento di esser vivo anche da morto.” Un mio personale elogio all’autrice, simpatica, acuta e splendida». Alessandra Crabbia
  • Autore 3° classificato con l’opera «Surgelati cinesi», Michael Zamaro, Strassoldo (UD). Questa la motivazione della Giuria: «Racconto farsesco ed esilarante nel quale un ubriacone, ladruncolo e filosofo, alle prese con una vita da clochard piena di cinismo ed espedienti, esprime tutte le storture intellettuali della gente di strada e le cita con disinvolto sarcasmo ma anche con acuta curiosità intellettuale. Questo emulo di Charles Bukowski , spaziando tra le varie etnie cittadine incontrate casualmente su un autobus, per lui luogo di borseggio, si ritrova a conversare con una sua possibile preda, un cinese che sta leggendo un libro sulla cui copertina un uomo tenta di suicidarsi puntandosi una banana alla testa. La demenzialità dell’immagine scatena la fantasia dell’ubriacone, che entra in contatto con la cultura cinese e cerca di risolvere il dubbio metropolitano dell’enigma dei cinesi defunti. Dove vanno le salme? Perché non se ne sa mai nulla? E’ vera la tesi dello scrittore Roberto Saviano, che vengono surgelati in massa e spediti in patria? Il cinese, colto e intelligente, nega tale ipotesi con salace prontezza. In tale scambio dialettico, il clochard desiste dai suoi propositi illeciti e lo segue in un ristorante per approfondire questo scambio umano e mentale. Feroce, border-line, nell’assenza di qualsivoglia trasporto sentimentale, questo racconto brilla di originalità e non si cura affatto di piacere a tutti. E cos’è la vera arte, se non questa?». Alessandra Crabbia
  • Autore 4° classificato con l’opera «... Come stella cadente», Emanuele Parmigiani, Salsomaggiore Terme (PR). Questa la motivazione della Giuria: «Racconto splendido, con continue oscillazioni temporali, andate e ritorni dal passato al presente, in un ardito, scanzonato e brutale ritratto d’artista. Il tema conduttore è il suicidio di un famoso cantautore, visto nelle diverse interpretazioni illatorie del pubblico. L’autore passa con mano sciolta e felice dai dialoghi sull’evento di fan desolati, di donne ricche, annoiate, indifferenti, al soliloquio intimistico dell’artista alla vigilia dell’evento. Il protagonista, solo, ubriaco, disperato e abbandonato nel suo lussuoso appartamento deserto, ripercorre la sua desolante condizione d’incompreso, il suo stroncante e così comune desiderio di compiacere tutti, e la perdita della donna amata. Cade incidentalmente dal balcone cercando di afferrare una stella e muore ebbro e stupito. L’unica cosa vera di tutto il suo vissuto, è il figlio nel grembo della sua donna, in prima fila al funerale. Parabola d’artista, questo racconto coglie la debolezza della fama e il crollo del mito, senza un solo applauso sincero. Ironico e beffardo, ha una catarsi nel finale, che riconduce al tema della sofferenza umana, che è di tutti noi, e non risparmia nessuno». Alessandra Crabbia
  • Autore 5° classificato con l’opera «Balthus a Venezia», Angelo Tecchi, Pesaro (PU). Questa la motivazione della Giuria: «Elegante, sofisticato, cinico e garbatamente misogino, questo racconto si svolge in una Venezia algida e culturale, durante una gita artistica. Il protagonista, vedovo ma non inconsolabile, accondiscende alla vita con un ennuì e uno spleen degni di un dandy alla Oscar Wilde. I suoi pensieri sono caustici, la sua accettazione della meschinità femminile è arresa e semplicemente spettatrice delle astuzie ipocrite e della bieca mediocrità dell’essere umano. Non a caso, scopo della gita è una mostra del pittore Balthus, sconsideratamente trasgressivo, raffinato, detentore di un linguaggio pittorico oscuramente erotico, pittore che ha scandalizzato il novecento, vivendo vestito da monaco zen in un castello con centotredici finestre e una moglie giapponese adolescente, artista che ha sempre ritratto la sessualità precoce con una lucidità definita morbosa dai critici più bacchettoni. Il protagonista vivrà un’avventura sessuale occasionale con una donna calcolatrice, astuta e avida, una vera e propria “vedova nera”. Persino la morte è ridicola, in questo racconto così asciutto e spietatamente realista. La passione è esclusa: non resta che vivere l’eleganza e lo stile come ultima spiaggia». Alessandra Crabbia
  • Autore 6° classificato con l’opera «Talento o fortuna», Lorenzo Marone, Napoli. Questa la motivazione della Giuria: «L’autore sembra narrare una favola molto realistica, nella quale tutti gli elementi surreali acquistano però via via una connotazione esistenziale angosciosa e ineluttabile. Si può considerare quest’opera una piccola dissertazione filosofica sull’ego e i suoi danni. Il folletto saggio e malefico del racconto è il simbolo della scelta ardua di ogni essere senziente tra accettazione stoica della cruda realtà o aspirazione esaltante ma caduca alle ambizioni. Il protagonista, scrittore incompreso, desidera la fama, la fortuna, il talento, non sapendo però che tali mete portano necessariamente a deviazioni, rinunce e asperità della sorte. Perché ogni eccesso in tale senso si paga, per la legge dell’equità dell’universo, per la quale, ogni grande fortuna ha il suo prezzo, a volte altissimo. Il mito del talento riconosciuto, rovina irrimediabilmente questo artista, e non solo lui: questo scritto è una sorta di parabola che denuda il culto della personalità e il concetto di merito, attualmente inesistente in questa società. Ed è bellissima la frase di apertura: “La fortuna di avere talento non è sufficiente: bisogna avere anche il talento di avere fortuna” (Hector Berlioz)». Alessandra Crabbia
  • Autore 7° classificato con l’opera «Flexibudget», Paolo Delpino, Milano. Questa la motivazione della Giuria: «In una moderna e poliedrica satira sul concetto inflessibile di «Flexibudget» aziendale, che aggiorna sistematicamente il rendimento di una ditta, l’autore non risparmia con la sua penna al cianuro nulla e nessuno. Ridicolizzando l’artificiosa ansia da prestazione, l’arma del ricatto tra superiori e dipendenti, l’inadeguata preparazione degli assunti, che diventano in un attimo ciò che non sono e non potranno mai essere, lo spirito di improvvisazione disperato di chi è costretto a assumere per non tradire le leggi del flexibudget, i colloqui di assunzione surreali ma ahimè assolutamente veridici nella realtà odierna,si assiste a una snaturata, illogica attivazione di quanto di più disumano e sradicato possa esplodere nell’essere umano. La comicità è assicurata, frizzante, pervasa da una elettricità dialettica che danza nel non-senso e nel gioco degli equivoci. La vivacità narrativa è altamente creativa e guidata da una intelligenza salace e scintillante. Ma ad ogni risata si riflette sulla penosa condizione dell’uomo moderno, che ha smarrito ogni traiettoria celeste. Un bravo all’autore!» Alessandra Crabbia
  • Autore 8° classificato con l’opera «Il verde libro della solidarietà», Roberto Silleresi, Baganzola (PR). Questa la motivazione della Giuria: «Un affresco tragico della società contadina sottoposta all’inclemenza periodica degli elementi naturali, che a causa di un’alluvione vive la miseria più nera. In tale frangente l’intelligente filantropo Enrico, decide di sostentare in modo effettivo la sua gente, costituendo una sorta di banca a zero interessi , con pegni di baratto, e istituendo così una vera salvezza per i diseredati. Tutto viene scritto in un registro verde, un libro nel quale vengono annotati diligentemente prestiti, pegni e risultati. Enrico, imprenditore pragmatico si occupa del popolo con una umanità e una giustizia sociale che il governo non applica in alcun modo, e riesce a ridare dignità, lavoro e sostegno economico a famiglie altrimenti condannate all’assoluta povertà. È proprio questo impegno etico a provocare la morte violenta di Enrico: un sicario mandato dagli strozzini, ormai senza triste clientela, lo ucciderà in una notte sciagurata, mentre il suo aiutante si ferma per un bicchiere in un’osteria. La narrazione si snoda tecnica e attenta ai temi della solidarietà, fino al lutto del popolo e alla commovente resa dei pegni presso la tomba di Enrico: il popolo ha un gran cuore, direbbe Bacchelli. Ed è questo che cancella l’amaro della morte funesta di Enrico, sotto il segno dell’ingiusta violenza del male, che colpisce spesso proprio chi è un eroe e non sa di esserlo». Alessandra Crabbia
  • Autore 9° classificato con l’opera «Incontro nel deserto», Alessandro Fontana, Budoia (PN). Questa la motivazione della Giuria: «Un incontro militare nel deserto tra due squadre elicotteristiche, una italiana e una araba. Il racconto, ricco di termini tecnici e descrizioni realistiche di contesto militare, tende a stupire con un linguaggio essenziale e pragmatico, molto usato nella filmografia americana. Ma la reale sorpresa è l’idea dell’autore, una speranza utopistica per quanto efficace: il presidente di uno stato arabo produttore di petrolio si inventa una nuova fonte di energia eolica e solare, che sfrutti gli elementi naturali del deserto, e metta al bando il petrolio, considerato materia prima che però è fonte di miseria per il popolo e di prevaricazione finanziaria e sociale per i potenti. La descrizione del presidente arabo, con guardie armate femminili e la sua eleganza islamica ricordano il colonnello Gheddafi, ma è proprio questa la parte onirica e inconsciamente ironica del racconto. Il finale è pieno di fascino: partiti gli elicotteri, resta solo l’immagine sacrale del deserto e del ghibli che soffia negligente». Alessandra Crabbia
  • Autore 10° classificato con l’opera «La biennale», Salvatore Mascaro, Melzo (MI). Questa la motivazione della Giuria: «Spira un vento funesto in questo racconto surreale, quasi metafisico. Il vecchio Levi, un ebreo dalla memoria segnata dal martirio, in una delirante quanto macabra visita a una mostra con il nipotino, rivive in termini onirici e spaventosi tutti gli archetipi più terrificanti della Shoà. Tutto ciò lo si evince da una attenta ma quasi impercettibile consapevolezza di un orrore simbolico e coperto da immagini che rimandano all’ultima poetica pasoliniana, nella quale la violenza è in una sorta di apparente nascondimento Heideggeriano. La parvenza dell’orrore è in quanto oggetto in sé, aletheia, cioè verità che esplode nella parusia dell’assoluto. Nessuna partecipazione emotiva si avverte in Levi, se non l’estrema e logorante fatica del continuare a sopravvivere. Primo Levi fu proprio il tragico testimone di questo insanabile esistere sentendosi già morti, sconfinati al di là del male e dell’assurdo, in un migrare senza limiti tra presente e passato. E mi siano perdonati tali termini prettamente filosofici, perché tale opera è in se stessa di matrice filosofica». Alessandra Crabbia


Dal 2° al 10° classificato vincono: Attestato di merito – Pubblicazione del racconto in Volume Antologico dei racconti vincitori della sezione Narrativa, edito dalla Casa editrice Montedit con assegnazione di 5 copie gratuite a ciascun Autore – Pubblicazione del racconto su Internet


  • Autore Segnalato con l’opera «Una vita in Transiberiana», Fabio Bertino, Alessandria. Questa la motivazione della Giuria: «La linea ferroviaria più lunga del mondo, la Transiberiana ospita una coppia sposata di lavoratori russi, lei hostess e lui l’equivalente al maschile, che pur essendo nello stesso habitat, hanno turni diurni e notturni opposti, e s’incontrano solo al risveglio dell’uno o dell’altra. Eppure l’affetto solido che unisce queste due forti creature, resiste ad ogni sfida, al lavoro duro e continuo, a un viaggio che non termina mai, in un percorso che attraversa ben sette fusi orari. Squisite le descrizioni dei paesaggi e gli aspetti colorati e folkloristici dei vari personaggi che si avvicendano sul grande treno. La parte ilare e al tempo stesso commovente è l’immagine della festa di anniversario del matrimonio, raro e veloce momento in cui i due sposi celebrano insieme qualcosa di unico, popolare, magico. E’ questo un racconto sereno e scorrevole, un piccolo diario di viaggio, che offre la possibilità di scoprire realtà geografiche poco note, e di allargare il nostro mondo con nuove interpretazioni dell’esistenza così diversa per ognuno di noi, in questo pianeta sempre più piccolo, e ugualmente grande nelle sue infinite accezioni». Alessandra Crabbia
  • Autore Segnalato con l’opera «Coloro che seguivano la luce», Diego Giuliani, Palazzo Pignano (CR). Questa la motivazione della Giuria: «Tsiatsame, ragazzo di una tribù del Kalahari, che vive con fierezza e soave dignità nella divinità e nel rispetto della natura, è alla ricerca di un’erba medicinale per suo padre. Dopo faticose ricerche e scoramento riesce a trovarla. Ma in quell’attimo incontra anche coloro che la Alessandria sua gente chiama dèi minori, i bianchi, invasori e distruttori del suo habitat naturale per estrarre diamanti dal sottosuolo. Gli dèi minori lo scacceranno sparandogli, e Tsiatsame, riuscirà a raggiungere il suo villaggio per morire tra la sua gente. Toccante e sincero, quest’opera è un atto di accusa contro la civiltà occidentale, cieca e sorda ad ogni imperativo morale, e sempre pronta ad ogni sorta di sopruso e violazione dei diritti umani. Un mondo inconcepibile e assurdo agli occhi di un popolo che vive con la natura e della natura, con dolente accettazione della vita e della morte». Alessandra Crabbia
  • Autore Segnalato con l’opera «Legna ed ossa», Fabio Colombi, Manoppello Scalo (PE). Questa la motivazione della Giuria: «Una sorta di fiaba tenera e macabra , nella quale l’affetto purissimo tra un vecchio e una bambina si rincorre attraverso il tempo. Il vecchio alla morte della piccola amica si addormenta nella neve e diventa albero, e nel tempo il rifugio di un’altra bimba, e infine dei suoi tormenti di adolescente. L’albero è testimone di tutte le scoperte, le esitazioni, i primi incontri, quasi fosse una alchemica calamita d’amore. La sua forza attrattiva dura nel tempo, come le memorie più tenere o feroci. Solo un bulldozer chiamato a disboscare scoprirà lo scheletro inquietante del vecchio, ancora immobile nell’attesa dell’impossibile ritorno della piccola. Ben scritto e incisivo, questo scritto ha un’impalpabile magia sempre in bilico tra terra e cielo che affascina e intenerisce». Alessandra Crabbia
  • Autore Segnalato con l’opera «Per grazia ricevuta», Giuseppe (Peppino) Ferrari, Guardiagrele (CH). Questa la motivazione della Giuria: «In questa arguta commedia degli equivoci, il protagonista Ferdinando sembra ritagliato in tutta la sua gigioneria provinciale e ideologica per un soggetto degli amati e feroci personaggi dei film di Alberto Sordi, che dissacravano la mediocrità contraddittoria dell’italiano medio. Ferdinando, comunista fanatico, mangiapreti e ateo, sulla scia del mitico Peppone di Don Camillo, devolve per sbaglio una somma a un orfanotrofio cattolico, la somma del mutuo della seconda casa, e risolve il fattaccio piegandosi alla magnanimità del Vescovo, contravvenendo alle regole dei suoi compagni. Dà addirittura al nipote il nome Antonio, quello del santo, su consiglio dell’alto prelato, mentendo ai compagni: dirà che è il nome di Gramsci, tra applausi e commozioni. La meschinità provinciale e l’ipocrisia di Ferdinando, fanno ridere a denti stretti, ma il racconto è comico, grottesco e molto, molto italiano». Alessandra Crabbia
  • Autore Segnalato con l’opera «Sotto un cielo crudele», Claudio Battista, Pescara. Questa la motivazione della Giuria: «Il leit motiv di quest’opera è la solitudine che riempie di tristezza un vecchio vedovo, che ama ancora la moglie defunta e le parla, al di là del tempo e dello spazio, in una dimensione metafisica che gli umani non possono raggiungere. Ma tutto è possibile ai puri di cuore, i bimbi. In un giardino pubblico, una bambina, riesce a vedere e a capire che in realtà quell’anziano stanco non è un demente, ma sta realmente colloquiando con la moglie scomparsa. Non c’è stupore o timore in lei, solo il desiderio innocente di dimostrare il suo affetto e la sua comprensione. La consapevolezza dei sentimenti autentici è come una fragranza, ma le menti strutturate e materialistiche non possono cogliere ciò che una mente pura e angelica riconosce in un attimo. Anche se l’inesorabile e la tristezza pervadono questo scritto, gli occhi chiari e sereni della bimba illuminano le parole e le lanciano verso un mondo più celeste». Alessandra Crabbia


Agli Autori Segnalati dalla Giuria verranno assegnati Attestati di merito.


La premiazione si è tenuta sabato 28 gennaio 2012 alle ore 15:00 presso l’Auditorium «Recagni» della Scuola Sociale Accademia delle Arti in via Marconi 21 a Melegnano con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale Assessorato alla Cultura e Identità. Direzione artistica a cura di Fabrizio Ferrari, performances artistiche a cura di Fabrizio Ferrari, Cristina Petriccioli e Davide Milani. Online le fotografie della manifestazione nella sezione Gallery a cura di Emilio Ferrari: Prima parteSeconda parte


Opere vincitrici



Autrice 1^ classificata


Silvia De Angelis


I tuoi passi


rintocca dolcemente il rumore dei tuoi passi
avanzano nella salita brulla del mio essere donna
scivolano suoni stantii
capaci sdradicare vellutate egemonie
d’un sentimento calpestato


aumenta di spessore il pensiero
significato da solinghe sfumature d’inconscio
traggono luci e ombre di corallo
negli zigomi translucidi d’empatie


avanza la coscienza nella strada bianca senza suoni
nel contrasto arido del cemento
attanaglia sintonie sbiadite
barattano intenzioni taciute
diseredate da ragioni sciolte nel solco d’una ruga…
capace incatenare l’anima al tempo




Autore 2° classificato


Andrea Polini


All’amata


Vorrei donarti il tempo che ho vissuto,
l’allegria dei venti di ogni partenza
e i giorni dei naufragi per non scordare
la vita. Navigheresti nelle albe
non ancore violate ma a te note
delle mie fatiche controcorrente,
per te il sole spegnerebbe l’arsure
e danzeresti in mattini gentili
di luce. Attraverseresti uragani
d’ilarità, e dalle nubi cadrebbe
il mio pianto – qualora tu piangessi –
perché quel tuo dolore fosse niente
o un cielo. Vorrei donarti il sorriso
di quando il cielo è solamente cielo
e nient’altro che l’illusione d’essere
amati. Ma il potere del mio amore
è un sospiro e parole non so quanto
in armonia. Non ti riscatterà
la fatica del mio passato, mai
s’arrese il primo volere del mondo
al niente. Noi, amata, altro non siamo
che piccola vita e piccola morte
e un immenso desiderio d’amore
che come il cielo terso ci rattrista,
noi che siamo cielo e nuvole e sole,
noi nati da un amore senza amore.




Autore 3° classificato


Gino Zanette


I mesi brevi di luna


Restano solo fughe di stoppie
del verde fulgore di biade
laggiù fin dove sfuma il confine
e s’affatica a svelarsi un timido sole.
L’oroscopo dei nostri giorni
è una zangola di spettinate illusioni
ruotate sui mesi brevi di luna;
non si cancella mai la speranza
finché sei al di qua del tramonto
e ti godi il ricordo dei lunghi filari
di viti pampinee a primavera;
Fra giorni saranno sfogliati sarmenti
che non sapranno nulla di prima
e come le stoppie subito arate
per diventare spighe di grano
la prossima estate, saranno bruciati.




Autore 4° classificato


Antonio Capriotti


Migrazioni


Passano uccelli, vanno
uniti sopra al mare: migrano
acuti e perentori cunei
sospesi al vento freddo che li spinge
lontano, verso il Sud, ad esìli placidi
di sole: Recano innato, immutabile
ciascuno tra le piume un sogno
chiaro, veritiero, di lidi
altrove: di aperte e sicure
terre germinali. Trasvolano
leggeri e incrociano là sotto incerte
nell’andare barche grevi, arche
trepide, pullulanti
di sogni disperati lungo rotte
lunatiche e aberranti: tormentose
corse arrancanti a fatica
verso il Nord, verso ignote
lassù, forse impossibili, dimore.


Vanno così – all’incontrario –
uccelli e uomini su e giù
per il pianeta: linee che s’incontrano
un istante e s’allontanano
– nel vuoto sopra le acque
sguardi umani interroganti
e imperturbabili silenzi d’ali.




Autore 5° classificato


Claudio Colombi


Il Bancomat del cuore


Grida di luce l’insegna:


BANCA DELLA SPERANZA


I barboni chini allo sportello del Bancomat eruttano ostilità,
sussultano e borbottano come mare penetrato dalla lava.
L’umida zaffata partorita dal motore di un condizionatore
sfrigola rumorosa al contatto del mio sguardo smarrito.


Ai piedi il rozzo secchio del tempo è ormai colmo,
eppure ancora raccolgo con la cazzuola delle mie finte certezze
i calcinacci del muro di desiderio e riscatto, ormai distrutto,
dietro il quale, bambino, cercai di proteggere un debole regno.


Divenuto dito calloso penetro lento nella sabbia bagnata
e comprendo come le lacrime, se troppe, possano indurire.
La speranza ha bisogno di tempo innanzi a sé e infiniti spazi,
libera dall’angoscia che il tramonto della gioventù lascia.


Riemergo davanti allo sportello con il pianto in gola
come neonato annaspante dopo l’infusione del battesimo.
E’ il mio turno: inserisco il Bancomat e digito il PIN:
“Credito Esaurito”, sogghigna lo schermo.


A terra, sputato con orrore, il Bancomat del mio cuore stranito
mi osserva mentre dalla fessura ammicca la ricevuta,
il ronzio del meccanismo che gira a vuoto mi irride
e la calca mi butta di lato quasi fossi un ciuffo molesto.


Ripongo con cura l’inutile Bancomat nel portafoglio.
Lo userò ancora domani, magari ad un altro sportello,
pigiato fra le sudate fantasie di uomini mai nati,
noi tutti nomadi accattoni di speranze esaurite.




Autore 6° classificato


Stefano Colli


Saltimbanchi nel nulla


Tenue confine di cristallo
martellato da fendenti accesi
di oro rovente. Quanti esiti
lo sguardo lascia immaginare
dietro l’azzurra distesa delle onde
laddove inesauste corrono le vele
con zavorre corrose dal tempo.
Quella soglia gronda di luce
incompiuta epifania che vela
il solstizio delle nostre significazioni
strangolate dall’amplesso della vita.
Forse non è tanto labile
il confine tra l’attimo e l’eterno
magari è questione di coscienza
o di prospettive inafferrabili
forse siamo eterni senza saperlo.
Allora basterebbe una timida carezza
un cenno lieve dall’estremità del sipario,
sull’orlo di una luce in procinto di investirci
mentre trema il respiro ansimante
dinnanzi alla presenza sconosciuta,
senza poter distinguere tra noi
e le nostre ombre, come quando, remota
e ineffabile, ci sorprende la morte. Ma davanti
all’ulteriore confine, anche il grido
si arresta, trafitto senza rimedio
sul sagrato di un tempo inesorabile.
Di fronte all’ignoto margine
siamo solo saltimbanchi nel nulla
gelosi custodi delle nostre domande
in attesa di tornare all’origine
verso la dimora del silenzio
dove tutto è compiuto
in nome di ciò che non ha nome.




Autrice 7^ classificata


Luisa Foddai


Pietre


Pietre le tue parole…
diamanti incarnati come
rivoli di luce nel petto freddo
del mio tempo.
Sepolcri rotolati dallo
scorrere lento della ec
tua puntuale trasportata
da due ali arcobaleno.
Pietre i miei pensieri raccontati….
scagliati come giochi solitari
in placidi letti di tacite acque.
Perle bianche infilate senza
pena su ossa lapidate
di sogni senza aurore.
Pietre i miei respiri….
aneliti dorati nell’aria incredula
del giorno che destano la notte
miracolando l’alba.
Di carta le mie pietre…
graffiti scarlatti sulle
caste lenzuola del
Sole della notte.
Folli le mie pietre….
corrono incaute
su cocci taglienti di stelle,
rosse gocce stillando.
Rotolano via
incontro alle tre
croci mielate
dell’anima mia….
sporcando,
senza sapere,
un cielo bianco
di Poesia!




Autrice 8^ classificata


Elena Segato


Sei tu felice?


Chiedimi se sono felice,
ti risponderò ”Tu lo sei?”
Come si può esserlo?
È un lampo nella notte,
è una cascata urlante nel lago quieto,
è una scheggia trepida lungo la via.
“Sei tu triste allora?”
Ti rispondo “No, non lo so.”
Cos’è in fondo la malinconia?
Sono lacrime docili, occhi spenti, sorrisi muti.
È stridore, amarezza, buio tetro.
È un tunnel,
ma infine c’è sempre un raggio luminoso.
Mi domandi “Cosa sei dunque?”
Non sono nulla,
sono un’altalena di emozioni,
un mare di sensazioni, un guscio ripieno di sentimenti.
Sono fantasia, melodia, leggerezza.
Sono silenziosa, custodisco segreti,
azzardo sfide nella vita.
Non sono felice, non sono triste,
aspiro solo alla serenità completa,
che lieve mi culli e mi doni fiducia in questa esistenza bizzarra.
Aspiro alla pace,
alla luce che spegne l’inquietudine,
alla brezza che si assapora e mi fa addormentare serena nel cuore.
Le libellule sono sfuggenti,
la farfalle saltellano qua e là nei loro battiti d’ali cinguettanti,
i fiori nascono e poi, appassiti, sfioriscono.
L’acqua è limpida e trasparente,
mi lava le ferite, mi sana i malesseri.
E oggi penso a un lieto sogno con te,
dolce uomo che mi accarezzasti con un sorriso.
Così la sera scese
e fui felice per un istante.




Autrice 9^ classificata


Maria Chiara Quartu


Vorrei


Vorrei chiederti Gea,
ciò che sta succendo nei tuoi suoli
è forse la risposta al vilipendio
che l’incosciente uomo ha perpetrato
sfidando le tue leggi e l’equilibrio
che avevi stabilito e a noi donato?
Vorrei chiederti Gea,
per quante volte ancora manderai
l’ onde assassine e immani terremoti
per rifare uno schema a Te gradito?
Quali colpe si grandi eran dei derelitti
e dei bambini che negli occhi avevano
il luccichio dei cieli tuoi puliti?
Soltanto arcobaleni nella vita
sognavano innocenti.
C’è tanto amore ancora per Te Gea
nei cuori di chi prega per gli stolti
per rivederli presto rinsaviti.
Questa mia voce intrisa ormai di pianto
è la voce di chi sperando implora
di tramutarla in armonioso canto.




Autrice 10^ classificata


Giuseppina Barzaghi


Sgradevoli verità (pensando alla Merini)


Il mondo non ha bisogno di geni,
ha bisogno di folli,
di quelli che spezzano le catene
della solita monotonia infruttuosa
e gridano arditi le proprie idee
incuranti dei pregiudizi altrui,
di quelli che decisi irrompono
negli arcinoti schemi predefiniti
con qualche strana novità.
Non servono finti eroi assopiti
ma folli!
Che non hanno paura di vivere,
che continuano forti a lottare,
che non indugiano a rialzarsi,
dopo i tanti sgambetti subiti.
E non c’è bisogno di prostituire
la memoria di chi non è mai morto,
non serve dar Resurrezione
alla voce
a cui non si è mai voluto dar ascolto.



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