La premiazione si è tenuta sabato 23 giugno alle ore 17.30, a palazzo Strada, via Roma 10, Ferrera Erbognone (Pv).
Nella foto da sinistra: Carlo Pusineri, l’assessore Alberto Tabaro, le autrice classificatesi dal primo al terzo posto Rosanna Gazzaniga, Elena Bresciani Baldi, Mirta De Riz e il sindaco Giovanni Fassina.
Rosanna Gazzaniga
Opera 1^ classificata
Polvere sul cuore
Si è depositata lentamente
come polvere
quella lieve indifferenza.
Ha imbiancato cuori e mente
paura degli altri.
Qualcuno cade, qualcuno uccide
oppure urla;
ma né grida altissime
né voci strozzate, scuotono.
Abituati a scansare contatti
non guardiamo
e non commuovono i nuovi lebbrosi.
Noi, persi tra la bolletta telefonica
e pianti isterici
di un grande fratello,
guardiamo affascinati
increduli un cane
che lecca le ferite al suo compagno.
Elena Bresciani Baldi
Opera 2^ classificata
Iguaçu
Selvaggia, potente bellezza,
bianco fragore dirompente
che ti rende di nuovo
primitivo:
piccolo, indifeso,
muto, sbigottito.
E mentre l’anima
prona
s’imbeve di umiltà,
mille arcobaleni,
in alto,
parlano solo di pace.
Mirta De Riz
Opera 3^ classificata
Come stormo di rondini
Passi incerti, che non ricordo,
su di un morbido prato fiorito.
Sgambettio spensierato di bimba
in un amato cortile.
Incedere sicuro di giovane donna
che tende le braccia al domani;
E la vita, di dolci promesse vestita,
coronata dai sogni più belli,
cinta da mille e più giorni,
mi abbracciò indicandomi il cammino.
Mi inebriai allora, di aria, sole,
dolci parole, del profumo di fiori.
Poi, a lungo mi persi nella nebbia,
e luna e stelle non illuminarono le
notti più nere.
E i giorni non amati,
come stormo di rondini in autunno,
volarono lontano e non tornarono a primavera.
La vita, disadorna ormai, mi scioglie lentamente
dal suo abbraccio
ed io con voce querula le sussurro:
«Ti vorrei riscrivere».
Maria Chiara Quartu
Opera 4^ classificata
Bambola di pezza
Inutile cercare fra le griglie del tempo
quell’ardore che l’anima innalzava
ai confini del sole e quella lieve
tenerissima brezza che ricamava
con i fili d’Aracne ogni attimo di vita.
Forse, il vento di soppiatto,
in un attimo ignoto li ha rapiti.
Inutile cercare fra le griglie del tempo.
Meglio tacere e ripetere al cuore
che è il freddo della stanza
a raggelare il petto.
Meglio tacere, bambola di pezza
e fingere che siano antiche
stalattiti gli acuminati ghiacci
che trafiggono il giorno.
Simona Pagliari
Opera 5^ classificata
L’ultima alba
Non ricordo quando fu
la nostra ultima alba.
Una mattinata di sole
fra coperte di lino
e bianchi gigli di parole.
Coperta dal mantello
delle tue braccia d’amore.
Baci piccoli sul capo
come ne ha bisogno
un neonato.
Non ricordo quale fu
il nostro ultimo sogno.
So che me ne andai di pomeriggio
tra l’afa amara
di ciò che fosti diventato.
Altre storie poi
e tenerezze senza senso.
Ed ora
mentre sola e battagliera
i ricordi tolgono le nubi.
Mi accorgo che
nell’iride della mia anima
il tuo viso di bimbo
fu per me
la mia ultima alba.
Fulvia Marconi
Opera 6^ classificata
Se l’altrove…
Se l’Altrove potesse avere forma,
io lo vorrei uguale a casa mia;
un terrazzino e quattro fiori appena
per colorare il grigio dei mattoni.
Dei ciuffi d’erba nati fra le pietre
tracciavano il sentiero attorno a casa;
all’occhio, le lenzuola bianche stese,
sembravano farfalle arrese al sole.
Se l’Altrove potesse avere forma,
dovrebbe regalare alle narici,
l’odor del latte bollito sul fuoco
e di quel pane secco che inzuppavo.
Dovrebbe aver la forma di “Pupella’’,
la bambolina fatta con la lana,
che con un occhio solo mi guardava
perché quell’altro s’era, ahimè, scucito.
E pur dovrebbe avere attorno al pozzo
un girotondo di primule e viole
e un vecchio secchio cigolante e stanco
che ormai più non faceva il suo dovere.
E se l’Altrove avesse questa forma,
attenderei con ansia il mio partire;
io correrei con foga alla sua volta
per riabbracciare la famiglia mia.
Fabiano Braccini
Opera 7^ classificata
Sogni, ali di cera
Volano i sogni.
Volano liberi nel blu del cielo
senza aspettare l’arrivo del sonno:
basta il riposante velo di un’ombra,
il mesto silenzio dentro una chiesa,
il vibrare di una fronda nel vento.
Basta un tramonto che sfuma rosato,
un palpitare forte del cuore.
Lontano volano i sogni:
si plasmano di nostalgie, di ricordi,
di immagini percepite appena,
di sorrisi nascosti,
di giochi di bimbo nel tempo perduti.
Di ciò che si voleva e non è stato,
di un pensiero mai osato
che non ha saputo arrivare al domani.
Troppo in alto si librano i sogni:
inseguendo desideri, miraggi e visioni,
si spingono oltre le cortine di nubi
a cercare splendore in nuove illusioni.
E infine spirano i sogni:
avvicinandosi al rovente nitore del sole
si dissolvono poco a poco
per la fragilità delle loro ali di cera.
Roberto Ragazzi
Opera 8^ classificata
Non sarò mai uomo
(Vajont 9 ottobre 1963)
A letto presto
che luce di candela costa,
manca stanotte in cielo la luna
e mille stelle lucenti
brillano guardinghe sulla diga
profilando la montagna.
Ma tuono avido appare
e senza lampo urla,
discende tetro
sulla valle il vento
spalancando le finestre
con l’umore di tempesta.
Non so di quale inganno
si renda portatrice
la voce che si cala
dalla cima della valle,
quell’eco che si cela
distorto dalle ombre.
Cerco il mite viso
prima della nanna,
il tenero respiro
che mi accarezza gli occhi,
l’anima che s’acquieta
nel dolce dormiveglia.
Ma riflesso d’onda cupo
mi coglie senza scampo,
col braccio sopra gli occhi
tutto diviene cieco
e l’urlo mio spaurito
implora
e forte chiama:
«Mamma!!!
Aiutami, mamma!!!»
Angelo Passera
Opera 9^ classificata
Tornavano la sera
Ho varcato la soglia dei ricordi
riscrivendo le zolle della terra,
arida senza il pianto delle nuvole.
Gli uomini che tornavano la sera
stremati, ma col sorriso sulle labbra
quando all’uscio la famiglia li accoglieva.
E disillusi si perdevano nel crepuscolo
stregati dal calore degli affetti,
rapiti nelle ombre della notte.
E le campane nel giorno della festa,
che mi svegliavano presto con le stelle,
che al gelido chiarore dell’aurora
correvo a piedi nudi a rimirare.
E il profumo dei fiori del giardino,
che si spandeva nella casa addormentata
quando il cardine cigolava all’apertura
e il volto di mia madre si accendeva
nei colori di un sole che sorgeva.
E poi uniti alla tavola imbandita,
col sapore del pane abbrustolito
e l’aria già satura di odori
ed il nonno che il sigaro aspirava,
con un bicchiere di vino tra le mani.
E il cupo silenzio della sera,
col camino che respirava fumo
annerendo la mente dei pensieri
e le donne vicino al focolare,
tra le dita grani di rosario,
votate mute alla preghiera,
benedicendo la notte che avanzava.
Nicola Chinaglia
Opera 10^ classificata
Pensiero per un padre
Ti ho chiesto “perché”:
ed ho avuto un sorriso…
mi sei apparso mentre
il mio ricordo
piangeva per te.
Ho alzato lo sguardo
e mi hai donato un bacio…
ora io non dirò più che sono “solo”
ma ti chiederò che la tua luce
possa illuminare il mio cammino.
Nei giorni in cui “io”
credevo di essere rimasto solo,
ma non m’accorsi che la mia mano
era già stretta nella tua.