Anna Santarelli
Opera 2^ classificata Sezione Adulti
Squarcia la notte
Squarcia la notte
un angelo con sembianze
di donna e di fuoco
sospesa è l’ora e trafitta
dal pianto
memorie di case amate
e verdi campi (violati)
nel cuore vivono.
Trova ogni uomo
nel grembo della terra
la sua croce
abbraccia la sua via ….
cerca di preservare
l’uomo di fede la Parola.
S’aggroviglia la matassa
del tempo in paesaggio onirico
intessuto di verità e di mistero,
percorso d’ombre e divorato
da un fuoco di colore,
s’intrecciano i fili del male
con le fragili forme del bene
– sguardo avvolgente
di Madonna o aureola di candela
saranno guida verso un altrove,
oltre il dedalo dei giorni?
Nell’anima del mondo che
dispiega gli opposti, forse c’è
ancora un sole a trapassare
l’abisso della notte, c’è ancora
un’alba per il nostro cielo
a rischiarare il tempo che verrà.
Testo ispirato all’opera “La caduta dell’angelo” di Marc Chagall
Antonio Damiano
Opera 3^ classificata Sezione Adulti
Yara:il ricordo
Irrompe con la gioia e il canto, con la grazia
Del mattino e negli occhi migra il cielo,
Il sorriso dell’eterno. Ma non si schiude
Al giorno, al fiotto pieno della luce, ché già
Si ferma il battito del tempo. Brucia in un baleno
La vaga essenza, finché si dissolve e tace;
E manca il tempo alla parola di crescere
Col giorno, d’innervarsi piano piano
Seguendo le stagioni, per assumere pregnanza,
Il senso e la sostanza dell’opera compiuta.
Esce dalla vita come un raggio appena nato,
Ancora tremolante nel bagliore del mattino,
Avvolto dalle nubi, da un nembo di passaggio.
E passa come un sogno fuggito dalla mente
D’una dea e sceso sulla terra per allietare
Il tempo dei mortali: un attimo fugace
Che accende le pupille, le irrora di gocciole
Di cielo e poi scompare, rilasciando
Riverberi di luce che accompagnano
I tuoi passi fino all’ora del tramonto.
Ma non svanisce il canto, quel sospiro
Del mattino che sopravanza le stagioni
E si trasfonde in eco, in musica lontana.
E ti rinasce dentro, nell’anima ferita, tornando
A parlarti, a tenerti compagnia con la mestizia
Dei ricordi, con quella nota appena schiusa,
Interrotta all’improvviso nel preludio della vita.
E tu, smarrita, sull’orlo dell’abisso, la segui
Docilmente, ne accompagni le cadenze, affrettando
Il passo per ritrovarla alla fine del cammino.
Danila Olivieri
Opera 4^ classificata Sezione Adulti
E il borgo è lì
E il borgo è lì, creuze* scalze in salita
– un tempo sonore di risa –
che tra ulivi fioriti verde luna
e nuvoli d’abbagli di ginestre
s’inerpicano e a fatica scollinano –
sfuggente lo sguardo del casolare
che ha visto invecchiare
nude stanze e stagioni
con occhi muti e rugosi di muri,
erosi di sole e di vento.
…Chè il tempo scava crepe
rosica muri sgretola pietre
e ti scolora lento
l’iride del pensiero…
Ma nel vigneto l’infuocato fiato
del giugno è immutato, dal ceruleo
arricciato del mare – a sbuffi –
sempre sale capriccio di scirocco
che sparge le sue fusa tra le ortensie
del giardino e alita azzurro sui grappoli
del glicine e, tra le siepi arruffate,
orfane delle tue mani taglienti
si sono aperti i tuoi agapanti
azzurri più del mare.
…Potevi sussurrarmelo quel giugno,
nell’aria carezzevole d’indugi
e profumi, mentre scendevi lenta
gradini di partenza,
che avrei portato tutto l’azzurro
del giardino dentro gli occhi, fissato
anche all’ultimo istante
che deragliava prima dello schianto.
Potevi, mamma. Avresti – un poco –
colmato questo vuoto.
*la creuza è la tipica stradina ligure che scende verso il mare
Chiara Franzil
Opera 5^ classificata Sezione Adulti
Oggi è Guernica
Non c’è rosso,
a Guernica,
è colato per le strade,
scivolato
nella terra.
Solo un grido,
un nitrito,
or rimbomba per le case
che non sono
più che nulla.
È spezzata
quella mano,
e trafitta la sua spada,
sfugge il ciuccio
al bimbo morto,
e l’ulivo alla colomba.
L’olio acceso
crolla piano
sulla faglia della morte
ed illumina i profili di
salive ormai asciutte.
Non c’è luce artificiale,
né baglior celeste alcuno:
tutto è buio.
Geli i letti
che son stati
fatti bare.
Ma nell’ombra della massa
ecco l’ultima fontana
che, ancor oggi
senza guancia,
piange,
sempre in ogni dove,
gocce, sorsi di dolore.
Carla Baroni
Opera 6^ classificata Sezione Adulti
Donna
C’è nel meriggio caldo la fatica
di quell’attesa che si sfoglia al vento
qual petalo di rosa all’imbrunire.
Donna tu attendi sempre: il primo amore,
il figlio ed il compagno che alla sera
stanco ritorna avaro di sorrisi.
Trame diverse vivono i tuoi occhi
ma è l’attesa l’ordito del tuo cuore.
Altalene di scale e millenari
bivi intervallano il tuo andare
e non c’è mai approdo, mai certezza
d’un lido quieto all’ombra d’un ulivo.
Fruscii di foglie morbidi nel suono
sanno velare i gemiti, lo sforzo
di questo tuo salire disperato
che è forza e fulcro al muovere del mondo.
Segna il tempo traguardi d’illusione,
segna mete diverse nell’inganno
d’un appiglio sicuro. Poi frana
come bicchiere infranto la paura;
Niobe e Didone piangono, Penelope
attende ancora quel suo amato Ulisse
sperso nel mare dove la risacca
ne porta l’urlo disperato, triste.
Ma poi s’incaglia nell’ultimo suo giro
la gomena dell’ancora allo scoglio
e tu capisci d’essere nel porto
lontana da ogni canto di sirena.
Maria Chiara Firinu
Opera 7^ classificata Sezione Adulti
Alla miniera
Si sale, si scende, laggiù…
È notte di giorno,
è notte di notte.
Aggredisci la pietra
ma pensi alla casa, più su…
Il tuo bimbo ora dorme, riposa.
Vorresti un abbraccio:
non c’è l tua sposa
che adesso è in silenzio
e già prega per te.
Tua nonna, tua madre,
han dormito identici
sonni leggeri aspettando
il ritorno del sole nel cielo,
aspettando il tuo passo sullo scalino di casa.
Sei lì per il pane:
ti accarezza il sudore,
ti abbraccia la terra
che sa di polvere e fatica,
che sa di passato e paura.
Sei dentro il suo grembo
che al buio ti dice:
«Fai in fretta, scava,
lavora più forte, respira…
quell’aria un po’ strana,
che sa di carburo e di nebbia,
che ha brama di luce.
Domani, là fuori, c’è il pane,
fra poco, là fuori, c’è il sole».
Gino Zanette
Opera 8^ classificata Sezione Adulti
Ora che il vento
Ora che il vento non gonfia più le vele
e la bonaccia insidia la sua rada
di pigra sonnolenza e di paura
empi presagi s’attardano funesti.
Si svela un orizzonte pieno di capricci
che si nasconde e gioca a l’indovino.
Perplesso
dal fondaco scioglie i suoi calzari
che risparmiava per le feste sacre
quando sul desco si spezzava il pane
nel segno della croce di suo padre;
chiude le infauste fole a doppia chiave
ed il forziere frusto ormai dei sogni
con la bisaccia vuota gode
la frazione del tempo che gli resta
nell’oasi fresca d’ombre sotto il cedro.
S’inoltra poi con passi concitati e brevi
ma all’angolo s’indugia col sospetto
di chi s’attarda a scioglier la sciarada
di ciò che troverà oltre il confine.
Quello che lascia già si spalma
come il sole sui colli nel tramonto
e sul paese equabile d’invidia
che invece amava senz’esser mai riamato
non resterà che acredine e disprezzo.
Zelante va infine al perentorio invito
e non lo incanta più la nostalgia
se non di lei e della dolce casa
e l’eufonia sommessa dei suoi versi.
Valentina Tagliabue
Opera 9^ classificata Sezione Adulti
Palìrroia (marea)
S’alza da tempo immutata la mia mareggiata,
la colpa è di Luna, sorella di secoli eterni:
milioni di torride estati, di gelidi inverni, d’età
che scorrono ancora costanti nel gioco dei quanti,
della corrente del fiume e del mare che viene e che va.
Perché questo mondo si desta
e trova motivi alla pioggia,
trova ragioni di festa, danza di balli proibiti
nasconde i suoi sogni rapiti all’ombra della sua loggia.
Perché forse un attimo conta
come cento di queste parole,
come l’alba confronta le fiamme fugaci
di candele incapaci a emulare le fiamme del Sole.
S’alza da tempo immutata la mia mareggiata,
la colpa è di Luna, sorella di secoli eterni:
milioni di torride estati, di gelidi inverni, d’età
che scorrono ancora costanti nel gioco dei quanti,
della corrente del fiume e del mare che viene e che va.
Perché questa scena ha interrotto
lo spettacolo assai più gradito
di un mondo corrotto, di una leggiadra visione
che solo Illusione può rendere al fiore appassito.
Perché tanto fragile è il vetro
che gioca a ferire gli umani:
quel che sta dietro gli instilla la voglia negli occhi
e gli ruba i balocchi ancor caldi di piccole mani.
S’alza da tempo immutata la mia mareggiata,
la colpa è di Luna, una scusa da tempo creata:
milioni di vite che nascono, muoiono, tornano; età
che scorrono ancora costanti nel gioco dei quanti,
della corrente del fiume e del mare che viene e che va.
Ivan Sergio Castellani
Opera 10^ classificata Sezione Adulti_
Perfido pelago italo libico
Partono liquide cariche d’anime,
alberi ruggini e folaghe ironiche.
Argani docili ruotano gomene
issano rapidi l’eternità.
Nuvole plumbee gonfiano cumuli
l’aere umido sciacqua cadaveri.
Morbidi riccioli di angeli equivoci
solfeggian canoni dell’adilà.
Flebili alogene scrutano autentiche
luride trappole gravide d’uomini.
Satrapi ignobili grassano abili
utili scampoli di umanità.
Simonetta Zana
Premio speciale Augusto Robiati
Le sinfonie del cuore
S’inseguono le note della vita formando una musica irregolare.
Si alzano forti, irruenti i pensieri a togliere quei toni che
sembrano stonare i ritmi.
Corrono veloci, per seguire quell’episodio, quell’emozione. Poi, tutto tace nel cuore.
Tutto si ferma, tranne la voglia di vivere.
Così nascono le sinfonie del cuore.
Andrea Andreolli
Opera 1^ classificata Sezione Giovani
O Esali
Come è iniqua la mia
prigione di timidezza e malinconia.
Non ho mai visto oltre i miei occhi
perché essi altro non vedevano
al di fuori del dolce riverbero
di tutto ciò che è in me è di estuoso.
Così l’implacabile fuoco del mio
petto ancora arde quando passi,
un’esplosione di dolore a me cara
nei corridoi spogli e tremolanti.
O Esali maledetta
sia la mia eccessa idolatria
perché di tali fiori
che dinnanzi a me oscillano
su questo prato di marmo
ahimé, tu sei la più bella.
Un colombo dalla tua classe
dorata e tinta da sprazzi
d’argento, sopraggiunge ogni mattina
anella mia montagna, come eremita
sconto la pena del mio troppo amore,
mi sussurra buoni auspici, ah tanto
lo sono che non so se crederci.
E con un fiocchetto di lacrime
stringo i miei pensieri più soavi
delicatamente al suo collo stretto,
e poi lo prendo in mano e lo scocco
verso la tua ariosa finestra
restituendo il nostro buon galeotto
al vento del giorno, come se fosse
l’unico bacio che riuscirò mai a darti.
E così mi avvilisco un poco contemplando
la fonte della vita, che a gocce passa
senza lasciar alcuna traccia nel terriccio
umido e vermiglio. Come è iniqua la mia
prigione di timidezza e malinconia.
Fabrizio De Gregorio
Opera 2^ classificata Sezione Giovani
Quando amiamo senza rimedio
Mi duole un poco vivere
quando son esule
dal corpo bianco e scarno
del tuo amore.
Mi duole un poco vivere
quando non m’ami
quando incontro un uomo e non oso guardarlo
quando una donna piange
mi duole un poco vivere
all’ombra di giugno
fra i fiori del caldo
quando il vecchio cielo m’affida
nudo e solo all’immenso.
Ma quando t’amo e tu m’ami
son sazio
mordo il pane dell’esistenza
abbraccio ogni uomo,
l’anima si crogiola gioiosa
nel gorgo umano,
il cielo muore nel mio dolore
Quando t’amo e tu m’ami
sono infinito
la mia carne è l’eterno
della vita e della morte,
fra le mie crude membra
camminano gli uomini si perdono
delirano ridono cantano,
nel mio crudele sogno
silenti muoiono sorridenti
all’alba con le ombre
del fuoco notturno.
Sono
quando amiamo senza rimedio
ogni vita e ogni morte
degli uomini tutti.
Valentina Barbieri
Opera 3^ classificata Sezione Giovani
Senza senso
Storie già sentite, già vissute,
bocche amare, assetate d’amore
mari ed oceani pieni d’acqua in fuoco.
Quanti sottili e taglienti ruscelli
per arrivare alla foce del mio cuore,
io, persa, annegata dal pallido sole
di questo mare di bugie finzioni.
Taglio pergamene di fragilità
e ne faccio ventagli per il freddo gelido
della mia lunga e tormentata vita.
Sono ghiaccio che scioglie lentamente
muoio senza un uomo, senza un senso,
senza ricordi infrangibili che scorrono,
avida li temo, li frantumo, li spezzo.
Gelosa della mia dolce metà
vago disperata senza trovarla
e dietro a squallidi sguardi
graffio, distruggo, incendio
capolavori di imperfezione.