Rosaria Sgroia – Opera 1^ classificata
La prima sigaretta della giornata,
del mese, dell’anno,
un corridoio di specchi,
una processione infinita di rimandi;
l’io, il doppio, le moltitudini.
Ho appoggiato i miei occhi sul divano
Li ha visti, per caso? – Ho notato che piegavi il capo, mentre mi parlavi
e la luce del giorno ti schiariva il viso
o forse era il ricordo di noi mentre camminavamo
sulla spiaggia, sotto l’ombrello.
Ora, però, ha smesso di piovere sull’acqua vede
ed è tornato il sole.
Fossi felice ne sentirei il calore.
Domenica Sammaritano – Opera 2^ classificata
Uomini veri
Gli uomini forti hanno centoventitrè denti
E tutti sono sani
E non hanno bisogno di dentista
Li sono da sé.
ogni mattina usano il filo interdentale
E a volte anche alla sera
Non si sporcano di bianco dentifricio.
Lo comprano.
Passeggiavi con un fuori strada per mano
E pensavo che fosse troppo grande
Sei così piccolo
Per quello aspettavi la carezza e non volevi baci
Né tenerezza.
Non sono la tua mamma, tesoro.
Ti amo e basta.
Claudio Martini – Opera 3^ classificata
Accade che incontro il vento
la mattina scendendo le scale
lo attraverso tra il fuggi fuggi dei gatti
svoltato l’angolo la quiete ritorna
al riparo dei rovi
un tempo grondante di fiori
ora quieto nascondiglio dei corvi
Andrea Palazzo – Opera 4^ classificata
Un uomo e i suoi passi
è evidente che quelle sono parole senza fiato
sussurrate la sera come conchiglie di cera che si sciolgono
per quanto ancora dovrò illudere me stesso
dietro una tenda inutile che lascia intravedere le mie spine?
E la schiena s’incurva sotto la ghigliottina di una luce
tra gli applausi sinceri di un viale alberato
stretto e buio come un epilogo non calcolato – e le sfumature di un sorriso appeso alle circostanze dei saluti
ma in ogni avvertimento del cuore c‘è il rintocco di una campana
c‘è una carrellata di istantanee attaccate alle pareti del cervello
e mentre cammino dentro la pioggia
sopra cadaveri di castagne
mi domando se sarò veramente cos’ forte per declinare l’invito dell’inverno
e rifugiarmi nella mia assurdità.
Chiara Ferrara – Opera 5^ classificata
Gelsomino,
biancospino,
erba matta,
case come torri di fasto di mistero,
mura che respirano
verso un pescoso cielo;
si ripete un ritornello,
non so se saprò mitigarlo
come i marinai
in una nuvola di fumo bianco
che stempera il colore del cielo;
cingere con queste braccia la luna,
assopirmi
facendomi feconda per i profumi
di queste isole di attesa.
Tutto deve ancora accadere,
ed io fremo
per questa città che trascina nel cielo.
Nino Russo – Opera 6^ classificata
Il mare
s’alza ripiega piomba
s’alza ancora ripiomba
ed è sempre
tonante
ed è sempre
fremente
con furia
rabbiosa
che schiuma
demente.
Ma poco nel profondo
atarassico giace
in una buia pace
silente.
Ha di queste ironie
nascoste l’ineffabile
natura vivente
Mario Vecchione – Opera 7^ classificato
Laude
Il nostro Dio non ha mani
per innalzare torri e cattedrali,
non ha strade da percorrere
accanto ai disperati;
non ha labbra per il dolore
della terra, perché noi
siamo le sue mani,
le sue strade,
le sue labbra;
siamo noi il Vangelo
che si può ancora vivere,
l’ultima invocazione
per costruire il bene,
per creare amore
Elena Chiesa – Opera 8^ classificata
Sulla punta della sedia
Sulla punta della sedia
dondolo piano
in una vertigine che sfiora
la fine di tutto
Una sfida sottile
con la gravità del fato
un gioco raffinato
da equilibrista.
Presente alla catastrofe
Ma completamente assente
aspetto paziente
di vedere dove cade
questo niente.
Mirco Ongaro – Opera 9^ classificata
Senza bandiere
Non so se esiste un luogo
dove guardare all’orizzonte
senza vedere una bandiera.
Dolce luogo
dove tutto esiste e niente è fisso,
dove il male e il bene
scivolano nella mia anima
come metallo fuso.
Dolce luogo che non sono.
Neppure io.
Ma non mi aggrego.
Non chiedetemi parole troppo forti
per pensieri che deboli strisciano sopra le cose.
Sussurra, sulla mia bocca,
solo l’eco lontana dell’anarchia.
Massimo D’Arcangelo – Opera 10^ classificata
Randagio Campana
Così magra e stempiata la fronte.
“Oh sirena perché non torni dal mare
alla fonte?”. La luna non può levare
il suo argento. Le parole violente
anelano al vento “Sibila io muoio
per questo nostro amore io muoio
per le nostre rose sfiorite che nel foglio
di una poesia si fanno vive. Io muoio.”
Non può finire stavolta. Un cane randagio
rinchiuso che grida e masturba il suo sesso,
che legge giornali e scappa a gattoni dimesso
agli abbagli elettrici che danno dolore. Randagio
dai piedi ai pensieri. Campana randagio che muore
e prende in giro se stesso e il dolore al cuore
inflitto da un amore straziante abbandonato negli occhi
levati di una donna che invecchia di porta in porta tra mucchi
di carte, di arte e passioni contorte.