Chris Mao
Opera 1^ classificata
Il tempo delle parole
Una congiura macchia
la tua voce, nella virata ostile
di un pensiero.
Brucia nel tuo enigma
un desiderio inaudito
di conoscenza, generato
sul precipizio invisibile
della tua sete.
La fontana magmatica
illumina e sorprende
le cose disseppellite
dalla notte, insinua le sue acque
nella tregua delle tue ombre.
Il vento scivola sui tuoi cardini
nella pienezza delle fioriture,
solleva la cenere dell’imbrunire
nel profumo della tua memoria.
Così il tuo essere,
nel tuffo prima di parlare,
scioglie le sillabe
dal giogo dei sogni,
incide nell’aria un silenzio,
separa la menzogna dal vero.
Silvia De Angelis
Opera 2^ classificata
Senso d’infinito
La mano si è posata con forza
su parabole vitali ferendomi a dismisura
eppur da quella sofferenza ho tratto un vanto
e senza retrocedere ho varcato il limite del cerchio
scrutando oltre
Ho assimilato colori d’ocra e nuova luce
nel gemito di foglie aleatorie nel vento
Nell’odore d’aliti di primavera
ho tratto semi germoglianti natura
Migro ora coi polsi liberi da legature
ampliando ascolti aperti a inedite impronte
in una piazza ove si racchiude il senso d’infinito.
Sergio Baldeschi
Opera 3^ classificata
Scricchiola il melograno
Una luna azzurrata
s’inabissa dentro pareti di silenzio,
scricchiola il melograno…
s’aprono sussulti di dolcezze,
transito speciale
per le mie sbiadite fissità.
Figlia mia,
brivido di luce
che riaccende il mondo,
oggi mi lusingo di essere un vivente
per dirti che nulla
è più amore del tuo amore.
Ancella dai capelli scarmigliati,
sfumata di grazia e bellezza,
entra in questo spoglio tebaide,
arredalo con un sorriso,
l’anima mia
colleziona solo piccole gioie.
E se per caso non ti scorgo,
getta le mie cagionevoli cecità
sul tuo rogo di spine,
perché tanto è l’amore che mi punge.
Scricchiola il melograno,
quando la prima stella
si fonde con il cuore,
ed i sentimenti diventano lucciole,
ma soprattutto…
quando il tuo frutto
rotola vicino al mio albero
e le pareti diventano cielo.
Gianluigi Viviani
Opera 4^ classificata
Stanza
Guardando attraverso il vetro,
ingannata dal bagliore del cielo,
la mia vista crede di vedere il mare.
Ma ignora cosa c’è dietro,
non riesce a togliere il pesante velo
che impedisce alla mente di poter volare.
Chissà dov’è caduto il mio mondo,
forse in qualche lontano pianeta
tormentato da qualche spirito fecondo,
circondato da polvere di luminosa cometa.
Ma il mondo è grigio, la vita è pura speranza
in questa lunga lista dove l’inchiostro si è sbiadito.
E la mente chiede aiuto perché l’orizzonte è rapito
e il mio cuore indica una vuota stanza.
E qui sono io il pittore.
Un pennello, del colore
e creerò il mio mondo.
E nascono illusioni, fantasie celate dal cuore
che mi spingono a divorare ogni secondo.
Ricoloro queste pieghe ammaccate,
nate da vecchi traumi passati
perché insoddisfatto sono del mare
e della sua falsa felicità,
padre di mille antichi tesori.
E vivo la felicità dipinta nelle pareti colorate,
sorrido ai sogni, rinnego problemi dalla mente ripudiati.
Ma il difficile è girarsi e la falsa stanza lasciare
prima che la porta che mi divide dalla realtà
si chiuda all’improvviso, lasciandomi fuori.
Gino Zanette
Opera 5^ classificata
Fiocco di neve
In te mi sono perduto
a mia insaputa
come fiocco di neve tra i fiori
incendiarsi del bianco veliero
in rotta sulla via delle stelle;
ardevano lontane sul mare
lanterne tremanti di bora
sulla nenia dei compagni di pesca
e d’amori, per te abbandonati
a scrutare le lusinganti onde.
Irridente dalle pendici del sole
scollinava l’ala rilucente
d’un gabbiano disperso
a sua insaputa, come me.
Distanze di un tempo ineffabile,
dove torna il fragore di ghiacci
disciolti dai raggi di luna
allora incandescenti
come quando mi guardi
tu, afflitta nelle tue balze
tracimanti ricordi
e sconforto e rabbia
d’una infanzia perduta
e trattieni il respiro
sulle umide labbra
socchiuse e tremanti
perché vuoi stare in silenzio
e solamente piangere
una carezza e un bacio negati
e i giorni di festa che
ti muoiono dentro e sai
che non puoi più tornare
dove la cicala della notte
sottovoce canta sul fiume.
Ilaria Mainardi
Opera 6^ classificata
Controcampo
Mi alzerò nel vento per spiegarti la notte,
ragazzo mio.
Asciuga la ferita.
Inganneremo il tempo che corre con le nostre scarpe.
Svelti saranno sulla strada irta
i passi per camminarci incontro,
danze di maggio.
L’abbraccio ardito dell’amore ci
riconoscerà saggi.
Sciocco.
Di incanto sapido forse ci ha guardati
ridere.
Da soli.
Scomparsi senza memoria
ebbri di sogni
e di ragione
ammantanti di quei tormenti che,
che chiamavamo: “noi”.
Malfermi i tuoi passi
nell’età che esplode
fiera,
lasciasti canti che non odo
carezze senza pelle
poltiglia di uomini che scelsero il domani di
un presente senza
nome.
Gabriella Scomparin
Opera 7^ classificata
Voci
Voci sguaiate,
ansiti nel crespuscolo
strillano i fatti del giorno.
Inutile l’appello al silenzio
per l’estasi di luna.
Coscienze sdentate
mormorano storie vane,
temi che passano.
Ciance,
proclami scontati.
Becera socialità,
in strenuo lamento,
lezzo di anime pingui
divorano
stagnanti quotidianità.
Gianluca Lattuada
Opera 8^ classificata
La maschera del sorriso
Il grido di una cornacchia rompe il silenzio
e spinge il pensiero a vagare nell’oscurità del presente
– da quanto tempo non alzi gli occhi al cielo? –
Rinchiuso in una stanza senza porte
impotente mi faccio schiacciare
dalla pesantezza di ventiquattro Natali
e poi sputare addosso delle parole vuote
dagli astanti intenti a mormorare.
Indosso la maschera della bellezza e del sorriso
nascondo ogni giudizio
in un cranio saturo di atti mancati
mentre tutto – senza me – scorre indisturbato.
Il sole sorge e la partita di calcio si vince
come può vivere colui che ama d’esser vinto?
Vinto per sentirsi vivo è l’unico vizio
rimasto in questo piccolo paese
in cui è troppo facile essere un nome
solo un nome che forse un giorno sarà inciso
sul marmo industriale
finalmente identità mai vissuta ma concessa
dall’anziana generosa dispensatrice dietro compenso
di dolore forse ripagato un giorno finalmente.
L’inquietudine di respirare in un mondo non mio
mi opprime e mi spinge a divorare il cervello
zombi di me stesso in un mondo di zombi
matto in un mondo di matti e per questo ignorato
indosso la maschera del sorriso e divento invisibile.
Umberto Improta
Opera 9^ classificata
Vita
Mani vuote e tasche piene di un sole
che ha visto tante lacrime di vetro
spaccare l’anima in due buttandola
nell’oblio.
Mani piene e tasche vuote di
una desolazione umana ai limiti dell’incredulità.
Schiene spezzate in due ma con ancora indosso
l’universo interno.
Gambe appesantite dal disprezzo altrui ma ingorde
della voglia di vivere.
Bocche che si muovono senza parlare,
e parole che
volano via in un fuoco vivo.
Occhi che guardano e gridano muti l’imperturbabile scorrere del tempo.
La vita è un gioco di specchi, di colori
e comunque vada,
non sarà mai in bianco e nero.
Filippo Inferrera
Opera 10^ classificata
Le lunghe aurore della notte
Sventola tra i miei pensieri la fede di quel canto
che ti fece insieme dolcezza e asprezza, che tracciò
croci risvegliate dal letargo, che ti consegnò a me,
nel suo frastuono di lucciole, farfalla di sangue.
Eri perfetta, lontana dal lucore della nebbia,
nel tuo brivido santo che frusciò dentro le fessure
delle tapparelle ancora sporche di terra, importante,
mai ingombra di fumo o di rimpianti, donna piena,
compagna in comunione per consolare il mio esistere.
Eri la duna generosa che palpitava tra le punte
di un arcobaleno, il mio cerbiatto affrescato sulla parete,
eri (sei) la finestra che si apre sullo stupore delle viole.
Quando l’ora si farà tarda, non ci accorgeremo che
le lunghe aurore della notte fioriranno senza menzogne,
sopra i mali del mondo, sopra i leggii della memoria,
agitando i colori della nostra vita, sorseggiando
il bicchiere ricolmo di teneri sguardi, dati in pegno.
Interrogo l’anonimo tormento dell’enigma temporale
(sto giocando con la morte), volto e mente sono
filigrane in preghiera, a questo punto sono all’angolo
di un ring che rinnova la solitudine, dilago nel torpore.
Aiutami a sopportare un disperato risveglio d’ansia,
mia primavera d’erba, in me la tua parte di fiume
scorre ancora vigorosa e posso vincere il mio prisma d’amore,
prima che il corpo si allunghi puerile e lucente sulla muraglia.