Carla Noro
Opera 1^ classificata
Nonna Carolina
Una foto formato cartolina senza legenda né data
ruggine come tutte quelle che dormono in fondo al cassetto,
chiazze, macchie, puntini.
Nel momento sei viva, nonna
un po’ sorpresa un po’ stupita
mentre lo scatto già ti sottraeva dal tempo,
fiera contro la cornice bianca della soglia di caprifoglio ornata,
un pettinino d’osso a trattenere una crocchia,
il cagnolino accanto ai piedi, come si chiamava?
E dentro la foto gli odori e gli umori
di fieno dai campi mietuti,
la polvere e il polline di covoni di grano,
nell’erba soffioni d’argento
gerani vermigli sui davanzali.
Dalla madia il profumo del pane che lievita
nidi di tagliatelle sulla tavola a festa,
essenze volatili d’amore sparse tutto intorno.
La tua voce risale dall’oblio del tempo
bassa come canto di grillo,
forte come lingua di temporale
risuona ancora nelle stanze antiche.
Venne la mia parte di notte, nonna,
il dolore arrivò con stivali di piombo
l’anima era di pallida mussolina,
mi giovò il provvido consiglio
di stringere forte tra le mani ortiche
che ad allentare la presa si sente dolore,
tu eri già lassù nel cielo.
Di te porto il nome, quercia solare
sotto la tua ombra riparo,
per te sono fronda che resiste
alla furia rapace del vento.
Gianluca Lattuada
Opera 2^ classificata
Memento e perdona
Ti doni ad ogni riflesso
così vicina e intangibile
come la rugiada, fragile
che svanisce nell’aria
restituendo freschezza
all’abile mano che dipinge
frammenti ancor più belli,
ancor più vivi, della realtà che fu.
Coscienza che nasce nell’attimo
ancor troppo ingenua
per comprendere l’atto,
ancor troppo debole
per assaporare l’amaro
ricordo. Ricordi che rimbombano
sono le note pizzicate
sulle corde dell’anima
che arricchiscono di senso
una strada ad un unico senso.
Maria Grazia Lupetti
Opera 3^ classificata
Mamma
Il rumore dei miei passi
buca il silenzio
di questi viali ora semideserti,
fragranti di siepi odorose
che inebriano e confondono,
che fanno dimenticare per un attimo
la sofferenza chiusa dietro
le finestre dell’ospedale.
I miei passi incidono il silenzio,
tradiscono la mia fuga vigliacca
da quel sentore di morte
che aleggia sopra di te
e che rifiuto di vedere.
Fuggo per non vedere l’attimo
che segnerà la seconda separazione da me:
la prima fu la mia nascita,
questa, definitiva, la tua morte.
Fuggo e mi rifugio
nelle azioni di tutti i giorni
per dimenticare l’estenuante attesa
di un momento che bramo
come liberazione dal dolore
e allo stesso tempo rigetto.
Fuggo e si allontana
il profumo del tiglio
che si insinua dentro la tua stanza.
Ritornerò domani per guardarti
e poi fuggire ancora,
finchè mi aspetterai,
finchè sarà la fine.
Angelo Passera
Opera 4^ classificata
Frammenti di una donna straordinaria
Con semplicità,
naturalezza,
con il tuo modo di essere affascinante nelle tue tenebre,
ogni dì prendi dai miei occhi il sole che sorge.
Il tocco dell’amar tuo trasforma,
io ti conosco e la mia vita diventa perla preziosa.
Ti chiamo sorpresa,
come fa l’alba al mattino,
nell’accendere di luce
ogni istante all’esistenza.
Ti chiamo pazzia,
come il sole grida al cielo,
quando canta la sua aurora
in un lago di colori.
Ti chiamo ti amo,
tra le foglie
e il rosso acceso
degli alberi in autunno.
Poi, ti chiamo mia vita,
ringraziarti di essere mia
e di aver dato ai giorni miei
la tua luce
e la tua aurora.
Rada Koleva Genova
Opera 5^ classificata
La donna nerudiana
Sì, sono piena di tutte le ombre
che ti spiano, e ti sto seguendo
come gli astri seguono la notte…
E non so quando potrà fermarmi,
e non perché dentro di me tutto
grida e scuote.
Mi sento una scintilla fuggente
davanti alle fiamme degli occhi tuoi
ardenti, un’inquieta
abbagliante sorgente… Vieni!
Vieni e portami via
come quel vento che corre verso
le spiagge, come quel mare che ruba
la calma delle mie onde dolenti.
Dammi quel tuo impulso immenso
che riempie le profondità sconosciute.
Stringimi! Stringimi forte
come un marinaio stringe i remi
quando vede le coste natie…
Sì, sono piena di voci, di quelle
parole che sente soltanto il bisbiglio;
sono la tua passione ed il pane
di tutte le carezze nascoste, ma tu
dove sei per riceverle?
Vieni! Liberami da me, ti prego,
e fammi serenamente volare!
Sono la tua donna, una ghirlanda
atroce e dolce, un sogno che brucia
in una melodia che solo tu
puoi ascoltare…
Vieni! Vieni, mio respiro solare.
Augusta Potestà
Opera 6^ classificata
Una donna stra-ordinaria
Daria
La chiamavano “Stra”
ma il suo nome era Daria,
nel suo agire e pensare
molto poco “ordinaria”.
Nello sport praticato
dava agli altri sgomento:
saltar su molto in alto,
correr via come il vento.
Tanto amava viaggiare,
ma nei luoghi più strani,
e incontrare “fratelli”
sconosciuti e lontani.
Tutto in lei era vario
molto poco “ordinario”.
Quando in cuore desiò
tanti bimbi da amare,
dieci in tutto decise
e con gioia adottare.
Poi, un giorno, un mendico
stese a lei la sua mano.
Daria ebbe un sussulto,
disse: «A lungo e invano
ho serbato gli averi
darò tutto al fratello»
e lo fece in un modo
un po’ “stra” ma il più bello.
Ella a tutti insegnava
salir sempre su in alto
con la mente ed il cuore.
Questo è solo un frammento
di memoria e di vita,
è un tesoro donato
a noi tutti da Daria
donna stra-ordinaria.
Graziella Rulli
Opera 7^ classificata ex aequo
Una donna straordinaria
Mettevo ordine in quel cassetto
diverse foto sparse, vidi e
Iniziai a passarle ad una una!
Trovai una con la tua immagine:
Avevi un sorriso appena accennato,
Uno sguardo vivace e quel ciuffo
che scendeva giù su lato destro del tuo viso.
Non si vedeva il tuo minuscolo corpo,
Non si vedeva la forza del tuo animo,
Non si vedeva la gioia del tuo cuore,
Ti esaltavi e t’infervoravi nell’aiutarci
Nel prestare consolazione e salvezza.
I nostri cuori afflitti, in pena
Trovavano sollievo
poggiando la testa sul tuo seno e
perdendosi nel tuo abbraccio,
Certi e sicuri del tuo ascolto.
Bastava un tuo sorriso,
una tua parola e il problema
così grande e insormontabile,
diventava piccolo e semplice anche da pensarlo.
La tua mano che passava tra i capelli
infondeva sicurezza;
II tuo abbraccio in certe circostanze,
rinsaldava il nostro affetto;
II bacio che accompagnava la buonanotte,
rincuorava il nostro cuore e cacciava le nostre paure:
– Sogni d’oro! – ci aspettavano.
Lo sguardo che ci seguiva e
ci stava accanto,
ci dava fiducia e affermava il nostro pensiero.
Noi sicuri camminavamo e
le salite si spianavano e
le curve si raddrizzavano e
la nostra vita si rallegrava e gioivamo tutti insieme
Mia cara mamma!
Francesca Torresani
Opera 7^ classificata ex aequo
Straordinaria tu
Straordinaria ogni giorno,
senza targhe o trofei.
Straordinaria in silenzio,
come la quiete di una nevicata osanna la magia
vestita di naturalezza.
Abbagliante in quel tuo spenderti,
luce divina di candela,
che diviene consumo d’essenza esalato in generoso dono
e prezioso offerta.
Immensa,
come solo l’amore più puro sa essere.
La libera sorgente in quota che nutre valli, altopiani
e incerti anfratti assetati di lei.
Speciale come le parole non trovano sillabe e incastri
per divenire voce o poema.
Straordinaria come solo tu sai essere,
mamma.
Rosarita Ugolini
Opera 7^ classificata ex aequo
Mariuccia
Ricordo ancor la lunga veste nera che tanto mi impressionò
ed i capelli lisci in una ciocca uniti, niente gioielli, né fronzoli
ad adornar quel viso di bellezza intenso,
ma dal timor fiducia nacque e reciproco amore.
Tu, nonna, che con un seme facevi un “fischio”,
di tutte le erbe invece, non un fascio,
con consapevolezza e maestria tra le tue mani
fluivano quelle sì, che poi ci nutrivano,
come fu per te che patisti la fame durante la guerra;
e ricordo le corse tra i campi, il profumo inebriante dei fiori di acacia
sotto cui stesa e stanca, con lo sguardo rapito nel sole che tramonta,
aspettavo la sera tra le tue braccia avvinta.
Ma la semplicità, garbata e disarmante, in ogni atteggiamento
evidente,
fece della risposta alla mia affermazione «la terra gira intorno al sole»,
col tuo viso sorridente, qualcosa che tu,
non comprendendo chiaramente, ti portò a dire:
“non è vero perché io son sempre qui”.
Anche il freddo non ti faceva paura, se dopo aver lavato i panni nel cortile
le mani gelate e rosse sulla stufa rigiravi con stile
bevendo con piacere la “vecchina” che sempre pronta, calda, fumante
del caffé aveva poco d’invitante!
E anche quando dovevi intervenire per porre fine ad un mio capriccio,
serena e paziente riuscivi ad ammonire affievolendo il cruccio;
Come un ruscello che la pioggia gonfia ma arricchisce di vita in ogni forma,
così donasti il tuo amore, a tutta la famiglia, che ancor oggi ci trasforma.
Piccole, ma tante le attenzioni come scaldar le scarpe del babbo nel vano della stufa,
silenziosa e vigile nella veglia dopo cena quando ancor di Tv non v’era l’ombra,
riservata tanto, al mio matrimonio, fuggisti la telecamera
con fuga leggiadra, ma se tu fossi mancata, così felice non sarei mai stata!
Perché tu, angelo custode che accanto alla mamma mi hai cresciuta, costante,
non sostituendoti a lei, sei riuscita a farmi sentire amata e importante.
Quando purtroppo la malattia che con l’età avanza, ti costrinse ad una lunga degenza,
ti accudii, quasi “contenta” di poterti ricambiare con riconoscenza
perché adesso ero io a farti coraggio, insieme a percorrere anche l’ultimo viaggio.
Eri nata nel 1896 e te ne andasti, in punta di piedi,
silenziosamente,
così come era stata la tua vita, compresa ed amata
profondamente.
Maria Francesca Romano
Opera 10^ classificata
Eterno
Rammento ancora il giorno che mi copristi le mani
col tuo caldo scialle.
Nei tuoi occhi trovavo sicurezza nelle tue braccia
stanche un caldo inverno.
Nel tuo sorriso un buchè fiorito
Tu grande donna il cui tempo sembrava non scalfirti mai.
La tua vita che per molti sarebbe stata un tormento per te sembrava una carezza del vento.
Frammenti di memoria incatenati nella mente come un lento e continuo eterno movimento.
Inebriante essenza che sprigioni vita che richiami luce oltre l’eterno…
Che scaldi questo immenso.
Una goccia di colore nel tormento.
Infinito ricordo che mi riaffiori dentro e rievochi in me la magia di quel momento