Giovanni Formaggio
Opera 1^ classificata
A mio padre
Ricordo un inverno con fiori di ghiaccio sui vetri
le vibrazioni d’amore dei tuoi occhi
bagnati dal dolore
la tua vita che si chiudeva a doppia mandata.
Incidevo nell’anima
le tue mani incrostate di terra
perché eri uomo di terra.
La tua figura a gambe incrociate sul camino
con le tasche colme di fatiche
e gli scarponi incrostati della tua terra
perché eri uomo di campi.
Ora il tuo sangue
scorre come una benedizione nelle vene
in questa vita che continua la tua.
Ma i miei occhi sono rimasti dentro i tuoi
in un giorno con fiori di ghiaccio sui vetri
che mi segnava
con il graffio della solitudine.
Daniela Raimondi
Opera 2^ classificata Sezione Adulti
Quelle arie di Puccini
Diceva: io sarò il tuo creato
l’angelo senza memoria,
il terzo occhio sul buio del tuo mattino.
Diceva amami, perché in te cresce il mio sangue.
Amami sempre,
fino al rosso turbamento di una rosa,
fin dentro la fredda saliva del silenzio.
Onora il padre tuo,
sacrifica un agnello alla sua assenza,
nascondi la tua voce dentro la calce viva.
Oh, padre, non ero il maschio che volevi.
Non ero certo io
che cercavi in quell’orgasmo settembrino
quando eri giovane, e in te viveva il sogno
di un figlio forte e dalla nuca bruna.
E invece avesti me: una bambina dalla voce debole
che mieteva il tempo dell’infanzia
a un solo passo dal tuo fiato,
ferma al suono sacro di una voce
dal timbro bianco come il petto delle donne.
Intonavi arie di Puccini dentro la canicola.
Il tuo canto era un pulviscolo dorato che saliva
fino a raggiungere la musica serale degli uccelli.
Ti ascoltavo dal mio piccolo universo di pozzanghere.
La bocca respirava dentro una fabbrica di vetro
mentre restavo immobile, sospesa nell’aria dell’estate,
con la paura che a un solo battito di ciglia
il mondo si fermasse.
Oh, padre, adesso dimmi:
a quale santo avrei potuto chiedere battaglia, o tregua
mentre tu cantavi ed io
nascondevo la mia mutilazione
dietro le pieghe di una gonna a fiori –
la stessa gonna di cotone
cucita da mia madre dentro l’ombra.
Giovanni Caso
Opera 3^ classificata Sezione Adulti
Nessun vento inganni
Prima che il sonno lasci il mio cuscino
sentirò sulle labbra il caldo bacio
del giorno, la bellezza del mattino.
Il colloquio del vento dentro l’anima
schiarisce anche l’inverno, quel suo ossuto
silenzio. Solo a chi non sa sognare
lo spirito del mondo si nasconde.
Qual segno mi riporta il cielo chiaro
dei miei vent’anni, qual memoria brucia
nel pozzo del mio sangue?
Oh fatuo andare
nel sole di rugiada, aspro fuggire
tra campi di frumento e di papaveri!
Non so se il corpo è germogliato in fiore,
so che il mio tronco è un cumulo di cerchi
e l’anima una brocca di dolore.
Con me la terra ha un’altra goccia d’acqua
per spegnere la sete, è quanto posso
donare alla sua arsura insieme al soffio
dei miei pensieri.
Eppure vorrei avere
dita di pioggia e lacrime di fuoco.
Vanno piene di stelle i miei mattini.
Insonne cerco l’assoluto e ignoro
tutta l’eternità d’un solo croco.
Se guardo intorno a me altro non vedo
che sassi e rovi, cosa apporterà
la mia esistenza? Nessun vento inganni
la farfalla più piccola del cosmo
che danza intorno al lume della vita.
Anna Santarelli
Opera 4^ classificata Sezione Adulti
Ritorno a Bergamo
Squarci di campi si susseguono e
borghi vegliati da fieri campanili
suggestioni urbane emergono là ove
il presente prende il sopravvento
poi s’annuncia Bergamo nel profilo
nitido dei colli ad abbracciare il piano
e le Prealpi.
Il Viale delle Mura ancora mi attende
di pietra mirabile balcone a regalare
vasti orizzonti di verde e d’azzurro,
gioioso connubio di terra e di cielo.
Strade sinuose s’inerpicano fino
al cuore antico: Piazza Vecchia – immota –
avvolge intatto il mistero del tempo
trasudano torri e vetuste case
memorie e voci di stagioni lontane…
orti imbevuti di silenzio s’aprono
al sorriso dei colli.
Mi colmerà di stupore ogni sentiero
– erba e verdi arazzi intessuti sui declivi
pietre con incisi i segni d’un destino –
ancora imprimerà sul cuore sguardi d’alba
Bergamo, così alta, così segreta,
d’una poesia che mai svanisce,
poiché nel ventre del tempo affonda
le radici e il senso.
Tra queste mura assorte – in seno ai colli –
di verdi speranze è il mio ritorno,
epifanie di luce, di primavera l’orme:
s’aprirà ancora l’anima nella pienezza quieta
dei borghi, all’ombra fragrante dei grappoli
di glicine affacciati su sentieri di silenzio.
Carmelo Consoli
Opera 5^ classificata Sezione Adulti
Il profumo della lavanda
È rimasto il profumo della lavanda
a presidiare i capannoni di cemento,
ad addolcire i silenzi delle macchine
e tutto ciò che sapeva di sudore,
fatica in questa piana abbandonata.
Guardo adesso il sorriso dei papaveri
che si sono presi i cancelli della fabbrica,
la mestizia delle presse dismesse,
dei torni arrugginiti, il cumulo delle cose
accese, spente, lavorate tutti i giorni
e poi lasciate là nel macero dei sogni.
Qua è come al nord delle industrie fallite,
al sud dei fabbricati fantasma:
la stessa danza del vento tra i rottami
nelle controre di lavoro, la voce finita
degli operai, gli striscioni rossi e verdi
in un cielo inutilmente azzurro.
Ho tra le mani quella lettera dannata;
mi sembra di morire tra quattro righe
e nessun domani, tante domande,
risposte amare nella persa meraviglia
dei giorni, del domani, della famiglia.
Guardo e rivedo gli amici dei reparti,
la fila delle entrate, delle uscite.
Una storia intera di lavoro, tra albe
e tramonti mi passa negli occhi.
Nella quiete di pareti morte
e trasparenti ragnatele ora è rimasto
solo un coro di cicale mescolate
all’assedio dei rovi, alla voce dei megafoni.
Il profumo della lavanda esulta
se ancora volesse profumare
il cuore caldo delle torri fumarie
il grido delle sirene, il tempo, le cadenze
di una vita fatta per sognare.
Fabio Braccini
Opera 6^ classificata Sezione Adulti
(Eccidio del 22 luglio 2011 nell’Isola di Utoya, in Norvegia, dove vennero trucidate decine e decine di giovani vite).
Lettera ‘immaginaria’ di una madre al ragazzo non vedente al quale sono stati donati gli occhi del proprio figlio, ucciso nella strage.
L’aurora boreale
Nei boschi, silenzioso,
mio figlio si fermava ad osservare
una merla instancabile tornare
mille volte al suo nido
a portare un insetto per placare
dei piccoli la fame.
In riva al mare sostava sereno
a guardare incantato
il flusso cadenzato delle onde
e un tramonto rosato
che gli evocava episodi di vita
recenti o più remoti.
A primavera si tuffava beato
in un prato fìtto di margherite
o vagava estasiato
quasi a voler rubare
il sontuoso colore
all’acquerello degli alberi in fiore.
Poi l’ultima visione,
nelle gelide notti di Norvegia,
è stata la luce velata e irreale
d’una fantastica aurora boreale,
arcana e trasparente
come veste di fata.
Ma ora i suoi occhi vivono con te
che serberai nel tempo
le immagini che lui ha tanto amato
e l’incontenibile
urgenza di carpire
ogni fotogramma dell’esistenza.
Stefano Colli
Opera 7^ classificata Sezione Adulti
Eppure correvano felici
(A Marco Simoncelli)
L’abbandono consumato tra le curve
è sangue consacrato alla terra
calda, matrigna terra.
Hai vissuto con magnifica esultanza
con i tuoi sogni a sfidare le stelle
e all’imbocco di ogni tornante
possibile appuntamento con la morte
i tuoi occhi fuggivano lontani
liberi
come gazzelle nella savana.
E mai gara fu più sofferta
e mai fu più feroce
il piacere che ti paralizza le membra.
Tu e la tua moto spezzati in due
come un centauro rimasto orfano
che imbocca un tunnel verso l’ignoto.
Resteranno di te il coraggio
i timori e le speranze
svanite in un giorno d’autunno
e una vita a soffocare il respiro
come corda tesa sull’abisso.
Eppure correvano felici
i tuoi occhi a sfidare le stelle.
Mirella Rigamonti
Opera 8^ classificata Sezione Adulti
Oltre la finestra
Vivo davanti a una finestra.
Il mio mondo è tutto racchiuso in questo rettangolo.
Da qui ogni giorno sento il sole schiudersi
e poi chiamare la notte, là in fondo alla collina.
Da qui vedo scorrere la vita degli altri,
ne colgo ogni battito, ogni palpito, ne assorbo gioie e dolori.
Vedo bimbe divenute fanciulle e poi spose
e madri abbracciare i loro figli e chinarsi a riempirli di carezze.
Vedo bimbi felici giocare nei prati
a rincorrere parabole ardite di palloni.
Vedo giovani amarsi e poi lasciarsi e poi amarsi ancora.
Vedo uomini anziani, lasciati soli sulle panchine,
sorbire qualche raggio di sole.
Come vorrei, almeno una volta, trasformare le fredde ruote di metallo
della mia sedia mobile in ali; potenti
e superare i confini di questa finestra per sfidare il destino crudele
che ha spezzato le mie gambe e i miei sogni ancora acerbi.
Vorrei correre laggiù per entrare nei giochi dei bimbi,
farmi avvolgere dalle braccia delle madri,
confortare la solitudine degli anziani e godere dell’amore dei ragazzi.
Vorrei andare incontro al sole e farmi sorprendere dalla notte.
Vorrei volare fino alla collina e da lì guardare la mia finestra.
Sergio Cristofaro
Opera 9^ classificata Sezione Adulti
E.S.T.A.T.E. fra sperduti sentieri di nubi
(Estive Selve Toscane A Tratti Etrusche)
Davanti ai tuoi piedi minuti e scalzi dipartono,
ammantati di soffici e umide borraccine,
sentieri appena accennati, che di passi non producon alcun suono,
ove lo sguardo goloso discerne fra more e timide fragoline.
Profuma l’ombrosa frescura di austeri pini,
dove coi sogni tornan balocchi di bambini,
così che pine vecchie, miste a verdi acerbe,
provano in sol volta l’ebbrezza del volo,
e si lancian giù con rumori sordi e tenui al suolo,
adagiandosi pel riposo su foglie antiche,
dov’è minuto brulicar di vita,
fra scarabei, millepiedi è formiche.
Scivola lieve di foglie in foglie,
fra rami di Querce e Castagni,
l’esile sussurro di brezza ti coglie,
e leggero è il vibrar di tele di ragni.
Lentamente il cuor s’assopisce,
l’animo di quiete e profumi si sazia,
mentre il giorno stanco la sua strada finisce,
e fra forre e sbalzi lo sguardo nel tramonto spazia.
Chiara Franzil
Opera 10^ classificata Sezione Adulti
Amai
È più semplice levar la polvere
dagli scaffali vuoti, caduti di sogni e di colori
come abeti pioventi di aghi
ad aspettare il fuoco della brace.
Stampe di carta vetrata, di muri orfane e di cornici
sono a graffiare il cartone grezzo di scatoloni pieni
come creature scalpitanti in gabbia
in lotta per respirare ancora.
– che il tempo rosica massi,
fa bucar dall’edera il cemento,
ma si piega a treni d’ieri obliterati e
al sughero che ha rotolato sull’orlo di Rialto.
C’è quell’inganno pungente della nafta
a scorta, dall’anta semi aperta,
dell’evaporare di un odore conosciuto
– sudore di notti coperti da braccia e zanzare
e docce a labbra schiuse nel mattino.
Inciampano le date a susseguirsi
nei cartocci di pianto sul parquet,
e poi ancora nella metamorfosi
nel letto asciutto – come Tagliamento.
Non sembra restare al ricordo alcun appiglio
se non il ritmo a due del camminare
– goffo nel fraseggio solo –
e quel troppo di mela nel piatto raggrinzito
e una risata, intrappolata nello scontrino smunto;
qualche segno impresso sul cruscotto.
Anche agosto tutt’intorno sta finendo,
più freddo dell’Immacolata, eppure ameno
ed immutato col ciondolare dell’amaca tra i rami
ed il frinire a salutar l’albeggio delle stelle.
È più semplice levar lo sguardo
che, come il deflagrare di luce
nell’iride impastata dal lungo buio sonno,
cogliere, estraneo senz’appello,
te, la mia rima più antica difficile del mondo. *
* verso della poesia “Amai” di Umberto Saba
Rita Bonifazi
Premio speciale Augusto Robiati
L’immagine
Vorrei dipingere in pergamena
color bronzo dorato
il volto di mia madre che non ho mai dimenticato
la tua figura mamma guida il cammino
ed ogni istante ti sento a me vicino,
ben saldi ho impresso negli occhi
e nel mio cuore la tenerezza ed i gesti
del tuo amore.
Se la tua immagine appare agli occhi altrui
un po’ sbiadita è soltanto l’effetto astratto
tracciato lievemente con la punta di matita. < /center>
Mattia Conte
Opera 1^ classificata Sezione Giovani
Ad Anna
Su quella sedia, tu
Immobile vedetta di sereni sguardi
Compagna ferma di viaggi inesistenti
Racchiusi in un pensiero
Vedevi correre i respiri del tempo
E le stagioni
Quando tutto è
Confondibile movimento
Danza di vita
Inconoscibile mistero.
Sul tuo imperfetto manto
Scoglio di dolcezza
Illimitata fragilità
Scivolavano le onde
Di liberi sogni
Recando i segni
Di avventure distanti
Sepolte nel bianco di passi mai fatti.
Oh! Misero sterpo infelice
Calpestato dal vestigio
Di funesti turbamenti
Sentivi nei meati tuoi
Tramontar l’eburnea
Scintilla di nuove gemme –
Addio, linfa! – e gli arti divenir
Immobili ali di terra.
Ora
L’inconsolabile presenza del vuoto
Invincibile madre di perenni attese
Immortale ricordo d’essere
Annuncia che sei andata via
Nel tuo primo ed ultimo volo –
Ironia di un amaro destino –
Su quella sedia.
Andrea Caldarigi
Opera 2^ classificata Sezione Giovani
L’Eredità del Vento del Nord
L’Inverno arriva su ali d’argento
della voce triste del vento
echeggia un silenzio vorace
e tutto muore e tutto tace
le dita dei rami si fan grigie
e l’ultimo verde si dirige
nel respiro degli aghi di pino
e gli animali si fanno il sonno un amico vicino
l’ultimo sussulto del giorno,
insicuro sul suo ritorno,
comprende che il tempo non più gli appartiene
e cede alla notte che non chiede e viene
ed or che le luci si sono spente
le ombre strisciano vieppiù lente
come serpenti vicini alla preda
per far sì che non li veda
il freddo, più affilato di lame da guerra
assedia il vagabondo e lo attanaglia e lo afferra
un cielo grigio si improvvisa pittore
e tinge le vie d’un bian’ colore
e così par l’inverno: un gigante addormentato
che crea il silenzio per tema d’esser svegliato.
Eliana Urbano Raimondi
Opera 3^ classificata
Isola del Mediterraneo
Ramifica irto il verde rampicante
nel soleggiato rustico baglio,
solcando il muro, fiero e incurante
come scalpello nel legno d’intaglio.
Arabeschi in filigrana su ruvida carta,
templi e teatri di marmorea bellezza,
pepli di Atene, elmi di Sparta,
purpurea salsedine che impregna la brezza.
Spirali d’argento intorno al corallo,
intarsi di madreperla di luna lucenti
riflettono bagliori su bruno metallo
cesellato con geroglifici da artigiani sapienti.
Tela di Aracne di miti intessuta
adorna di inganni che mistica cela,
mestica traccia di Sibilla ora muta
che il mar greco naviga con umile vela.