Fabiano Braccini
Opera 1^ classificata
Delta di amate sponde
Graffiano le imposte i rami del melo
e si sfrondano, presi
nel vortice di tanto iroso vento.
Ringhia di schiuma la corsa del fiume
che oramai lambisce gli orti, le stalle,
i piedi nudi affondati nel fango:
paura che di notte torni a mordere
– incubo nel buio terrificante –
l’urlo di passate disperazioni.
Ma stanno ancora lì, fieri e cocciuti,
invece di fuggire via lontano
verso più tranquille sponde sicure.
E lì restano indomiti, aggrappati
a speranze e sogni di normalità:
innamorati forse di nostalgia
per antiche leggende e bei ricordi
che hanno scandito l’intenso cammino
della loro gioventù.
Stanno abbarbicati alla propria terra
forti come radici,
con mani segnate dalla fatica;
molto spesso traditi
dalla natura mille volte ostile
che non possono smettere d’amare.
Fatale, li trattiene
l’ostinazione di sopravvivere
al tremendo furore delle piene
che devastano e inzuppano la vita:
mai però riusciranno ad annegare
la devozione che nutrono in cuore.
Mario Corbetta
Opera 2^ classificata
Tempo
Sento il rumore
Del tempo
È rimasta vuota
L’anima mia
La luce par si
Cristallizzi
Nelle mie lacrime.
Sulle tue mani
Già di ghiaccio,
cadono
diamanti di fredda luce.
Dita di ghiaccio
Serrano il cuore
Passa il tempo
E odio le cose
Passa la gente
Vorrei gridare
Ma la disperazione
Mi serra le labbra
Dove sei ora…
Mi hai lasciato
Per le stelle.
Augusta Potestà
Opera 3^ classificata
Paesaggio nella Lomellina
Emergenti dall’acqua
le messi, accarezzate
da una brezza leggera
sembran lievi danzare
mentre scendon le ombre
di una placida sera.
Con il loro gracidio
saltellando leggere
le graziose renelle
danno vita al creato.
È un tripudio d’amore
sotto un manto di stelle.
Poi, al sorger del sole
tutta l’acqua s’indora.
Poggian tante farfalle
sulle spighe affioranti,
sembran piccole rose,
un po’ bianche, un po’ gialle
quando il sole dardeggia
l’acqua è immobile e stagna.
C’è silenzio, c’è pace
la natura, nel sole,
vinta dal suo languore,
appagata, ora tace.
Questa fertile terra
fatta di pura acqua
che, il seme affidato,
rigoglioso ha già reso,
darà gioia a coloro
che al duro lavoro
la lor vita han donato.
Vitantonio Boccia
Opera 4^ classificata
Acqua dal cielo donata…
Acqua dal Cielo donata, vena preziosa
che sazia la terra, dall’abisso dei tempi trapela,
sull’algida vetta, travaglio silente tra esili erbette.
Ecco fresca sorgente gorgoglia briosa,
pullula, fluttua, s’accresce, più non s’arresta.
Dal calice stretto orlato di muschi trabocca, ritrova
la via, insiste, infittisce, sconfina,
s’allunga sotto quarti di luna primiera, flessuosa
s’infila, sottile serpente, in anfratti di roccia,
inghiottita, si cela, dormicchia, sussulta,
rispunta chiassosa al sole d’aurora, fluisce,
s’allarga, dilaga, crespa resiste
alla carezza del vento, tronfia s’avanza, accelera,
vola, s’inarca ribelle dal balzo improvviso,
lucente nel vuoto traspare dall’aria filtrata,
in basso, sullo spalto roccioso, con schianto
possente, esplode, s’infrange, schizza
in bolle turchine, riflessa in altre più bianche
rifulge e, queta, nel concavo grembo raccolta,
rallenta, ristagna, respira, riposa… non giace…
lesta riprende, si stende, propaga,
misura frusciante cerchi più larghi,
risale ripiega, s’incurva, riparte, riscende sonora
greti sassosi, rapida a valle irrompe, infine tace
in ampi specchi raccolta, pronta
a rispondere domata alle cure dell’uomo, a sfilare solenne
sotto ponti di pietra, col carico lungo
di vita e di morte, col segno nascosto
di nuovi destini, prima che, spenta la corsa,
sposi alte maree, prima che, con l’ultimo bacio
del sole, s’involi in nuvole sparse alle porte
del cielo, al nido di luce, ove, percossa dal lampo,
si scrolla di dosso il velo degli anni e
ancora ritorna dall’altro sui passi compiuti a
spegnere viva, con nuovo battesimo,
la sete del mondo.
Ermano Saino
Opera 5^ classificata
Ovunque io sia
Ovunque io sia,
prima che la morte
ghermisca quel che rimane
di questo povero corpo,
riportatemi a casa,
e lasciate che assapori
per l’ultima volta
le tenui fragranze del mio mondo contadino,
quel lieve impasto di terra e di acque
che ha forgiato la mia giovinezza.
E poi seppellitemi laggiù,
in quel piccolo cimitero di campagna
lambito dai margini delle risaie,
in compagnia dell’armonioso gracidare delle rane
e del sommesso frinire delle cicale,
finché le brume prenderanno pian piano il sopravvento,
e tutto diverrà inesorabilmente oblio.
Anna Perucca
Opera 6^ classificata
Culla d’acqua
Un magico pennello, a primavera,
dipinge, intento, nella distesa pianura,
quadri d’acqua invidiosa del cielo…
un gioco di specchi, un guardarsi negli occhi.
In cornici d’argini, erbose,
appare un reame di bisce sinuose,
di zanzare vibranti al tramonto,
di rane in coro, esultanti.
Culla d’acqua è la risaia…
sotto la coltre di velo muscoso,
il suo letto di fango prezioso
è grembo tenero di spighe bambine,
future regine.
Fatte grandi e ricolme, sussurrano,
nelle notti chiare d’estate,
raccontando a stelle quiete
l’antica fatica di genti inchinate,
le trepide mani di donne prostate, a schiera,
angosce, speranze e preghiera.
Ombre, soltanto e rimpianto
di riti, di miti, di culto quotidiano
perduto nel tempo remoto,
passione ardente di un popolo penitente,
offerto il cuore e la mente.
La terra, saggia e paziente,
ora accoglie il motore possente…
sa che tutto è cambiato, ma rinnova il suo dono
all’autunno: il raccolto dorato,
le mute stoppie del tempo compiuto.
Così spoglia, ricorda, affettuosa,
la coltre d’acqua fangosa…
aspetta la primavera ventura,
l’uomo dagli alti stivali, i suoi passi,
papaveri e ortiche nell’erba dei fossi,
il seme ancora getta…
vuol tornare nutrice, con amore rinato.
Domenico Ruggiero
Opera 7^ classificata
Polvere di stelle
La terra è la mia donna,
impastata ad acqua
è il mio territorio.
L’acqua è la mia vita,
impastata a terra
è la mia carne.
Non è possibile disgregare
quel collante
tra quell’acqua e quella terra,
polvere di stelle,
che solo il Creatore
può amalgamare.
Fabrizio Bregoli
Opera 8^ classificata
Il catino
Vigila, piede,
sulle foglie bagnate.
Curvati, schiena,
all’inchino gentile dei rami.
Affrettati, passo,
giungi alla soglia del greto,
baciato dall’antico fiume.
Accarezzano le canne la nuda gamba,
mi distendo affamato di sole.
Il caldo crudele mi cuoce la carne,
mi plasma come morbido vaso d’argilla.
Non so resistere alla voce invitante
dell’acqua, al misterioso richiamo.
Distese nell’urna le membra,
nelle fresche acque mi nutro
del sangue antico,
quando ardevano falò sulle tue rive
e ti tingevano sacerdoti di rosso
tributo d’innocenti vittime.
Nuovo sangue scorre nelle vene,
fuoco nuovo brucia nelle ossa,
e sono la pernice, l’agnello, il luccio, il fringuello,
ogni piccola e grande creatura,
ogni traccia che su queste rive perdura
del mio più recondito passaggio,
quando uomo sapevo esser saggio,
un tassello nel mosaico del creato.
In questo ritrovo d’estate,
che le genti chiamano catino
fra il giunco, la gramigna, la felce, il sambuco,
ricevo l’abbraccio delle specie viventi,
dimentico tutte le mie inconcludenti
ragioni. Anela la carne la resurrezione,
nel sangue raccolta in sacra abluzione.
Lucia Ingegneri
Opera 9^ classificata
Volàno, terra d’acqua
Ondeggio con la forza viva dell’acqua
che rianima il mio cuore, risuscita la
mia essenza, imprime alla mia vita
un sapore rigenerante di spirito
elevato che supera il fondo
dell’incoscienza accecante.
Odo all’alba e al tramonto l’eco
sonante della risacca del mare
addentrato da abili pescatori,
da mani esperte di mitili e di
vongole, da voli di gabbiani veloci
che beccano il cibo e lasciano
la sabbia foderata di gusci.
Volano, paesino ameno, terra
singolare ridente sul delta del Po,
ultimo lido comacchiese baciato
da fertile terreno con strade
in fiore e pinete protette.
Amabile mare, grazia di corridoi
di terra sabbiosa riempiti da specchi
d’acqua liberi luccicanti di filtri di sole,
candida presenza di gabbiani e aironi
sui lembi di laghetti cosparsi di flora.
Scene pittoriche animate da pesci
grossi e piccoli catturati nei canali
e nei laghi più ampi da adulti e bambini,
uccelli acquatici rumorosi e svolazzanti,
piante alte e frondose che affiorano
dall’acqua per un paesaggio unico.
Bellezze naturali che infondo nel mio cuore
pure emozioni di sereno equilibrio.
Terra viva e armoniosa fatta d’acqua.
Antonio Ciervo
Opera 10^ classificata
Il lago di Tovel
Il silenzio delle alte quote
plana sulle sue sponde deserte
di acqua cristallina
dipinta di verde smeraldo.
Le antiche cime
di pietra bianca
in esso si riflettono immense
sotto il cielo azzurro.
Di tanto in tanto
l’aria frizzante
ne accarezza dolcemente
la superficie
increspandola lievemente
in onde sinuose
che ne frantumano l’immagine
in mille riflessi colorati
come schegge di specchi
che luccicano
sotto il caldo sole.
Gli echi della millenaria natura
tra boschi di pini e lecci
scandiscono nell’animo mio
primordiali emozioni
ed a essi mi abbandono
in quel respiro del silenzio
ritrovo lo spirito dell’anima mia.