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Premio Internazionale di Poesia Città di Monza 2013
XV Edizione

Ultimo aggiornamento: 11 Giugno 2014
Clicca qui per il bando completo del concorso
Andamento del concorso:
  • Resi noti i risultati in data 11-11-2013.
  • On line l’ Antologia del Premio Città di Monza 2013 – Spedita dal 20-05-2014 all’11-06-2014 – In data 13-03-2014 sono state spedite le bozze dell’antologia del premio – In data 11-10-2013 è stata inviata la lettera di invito agli autori ammessi all’Antologia del Premio.
  • La cerimonia di premiazione si terrà il 30 novembre 2013 alle ore 21:00 nel Teatrino di Corte della Villa Reale di Monza. I vincitori verranno tempestivamente avvisati a mezzo posta e tutti i partecipanti riceveranno una copia della rivista Il Club degli autori con i risultati del concorso.
Risultati

Risultati Premio Internazionale di Poesia «Città di Monza 2013»


La XVª Edizione del Premio Internazionale di Poesia «Città di Monza 2013», indetto dal Cenacolo dei Poeti e Artisti di Monza e Brianza, in collaborazione con il Comune di Monza Assessorato alla Cultura, l’Associazione Il Club degli autori e la Casa Editrice Montedit, continua la tradizione poetica del suo Premio, con un lusinghiero successo. Il lavoro della Giuria composta dal Presidente Beppe Colombo (già Direttore della Biblioteca Civica di Monza), Maria Organtini (poetessa e Presidente del Cenacolo P.A.M.B.), Mario Biscaldi (poeta e pittore), arch. Elisabetta Bosisio (pittrice), Antonello Sanvito giornalista, (caposervizio de “il Cittadino”), Maria Grazia Crespi (musicologa), Rita Corigliano Nobili(segretaria, con diritto di voto), è stato particolarmente impegnativo: sono infatti pervenuti 353 testi per un totale di 246 autori di cui 15 della Sezione Giovani provenienti da tutta Italia, Svizzera e Kiev.
La Giuria si è dichiarata soddisfatta per il numero di partecipanti e del buon livello qualitativo dei testi proposti, le tematiche attinenti ai problemi sociali, alla quotidianità, ai sentimenti profondi che ne segnano la memoria denotano attenzione e partecipazione di autori che ogni anno onorano il Premio.
Dopo attenta valutazione sono risultati vincitori:


Sezione Adulti

  • 01° classificato con «Mi dici, il verso» Angelo Taioli di Voghera (Pv). Vince Euro 500,00 offerti dal Comune di Monza Assessorato alla Cultura – Pubblicazione di un Libro di 48 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 100 copie all’Autore – Coppa o targa o medaglia – Pubblicazione dell’opera premiata sulla rivista Il Club degli autori – sull’Antologia del Premio, sul sito Internet del Club degli autori e sul sito del Cenacolo – Attestato di merito.
  • 02° classificato con «La collina degli aranci» Filippo Inferrera di Ravenna (Ra). Vince Euro 250,00 offerti dal Comune di Monza Assessorato alla Cultura – Pubblicazione di un Libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 100 copie all’Autore – Coppa o targa o medaglia – Pubblicazione dell’opera premiata sulla rivista Il Club degli autori – sull’Antologia del Premio, sul sito Internet del Club degli autori e sul sito del Cenacolo – Attestato di merito.
  • 03° classificato con «Africa» di Matilde Bufano di Milano (Mi). Vince Euro 100,00 offerti dal Comune di Monza Assessorato alla Cultura – Pubblicazione di un Libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 100 copie all’Autore – Coppa o targa o medaglia – Pubblicazione dell’opera premiata sulla rivista Il Club degli autori sull’Antologia del Premio, sul sito Internet del Club degli autori e sul sito del Cenacolo– Attestato di merito.
  • 05° classificato con «Briciole» Chiara Franzil di Buja (Ud).

Il 4° e il 5° classificato vincono: Pubblicazione di un Libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione gratuita di 50 copie all’Autore – Coppa o targa o medaglia – Pubblicazione della poesia sulla rivista Il Club degli autori – sull’Antologia del Premio, sul sito Internet del Club degli autori e sul sito del Cenacolo – Attestato di merito.

  • 09° classificato con «Sla» Vincenzo Lamanna di Centola (Sa).

Dal 6° al 10° classificato vincono: – Coppa o targa o medaglia – Attestato di merito – Pubblicazione della poesia sulla rivista Il Club degli autori – sull’Antologia del Premio, sul sito Internet del Club degli autori e sul sito del Cenacolo

Il Premio dedicato ad Augusto Robiati viene assegnato alla poesia «Voci d’amore» di Lucia Ingegneri di Monza.




Sezione Giovani:




La cerimonia di premiazione si è tenuta alla presenza delle Autorità cittadine, sabato 30 novembre alle ore 21 presso il Teatrino di Corte della Villa Reale di Monza dove la pittrice Dolores Micele, autrice dell’opera che ha vinto la copertina dell’Antologia 2012, esporrà sue opere pittoriche.
La serata, condotta da Maria Organtini e Mario Biscaldi, prevede un intermezzo musicale del violinista Gianmaria Bellisario.
La lettura dei testi è affidata alla sig.ra Sara Girgenti Vinci e al poeta Roberto Piva.

Rammentiamo che, come da bando, i premi in denaro dovranno essere ritirati personalmente dall’autore all’atto della premiazione pena la decadenza del Premio.







Opere vincitrici



Angelo Taioli


Opera 1^ classificata Sezione Adulti


Mi dici, il verso


a mio figlio


Mi dici, il verso lungo non è voce
a questo tempo disperato, a bocche
senza fiato, a occhi ciechi di memoria…
Non resistere ai giorni feriti e offesi,
ai furbi, alla pietà d’accatto, ai calcoli
cinici sulla pelle degli ultimi,
non è voce alle confuse immagini
che affollano uno specchio frantumato…
(e tutto va di fretta e tutti a spingere
– grani di sabbia a forzare uno stretto
di clessidra soltanto per scoprire
d’essere un’altra volta prigionieri… –)
E io a darti appena un sorriso svagato,
un rosario d’errori… E così,
pianto alberi in giardino, un nespolo,
un ciliegio, una spina di lazzeruolo…
Coglili tu per me, e mangiane e lasciane
per l’inverno dei corvi e delle gazze,
per la famiglia degli inseparabili
scampata a chissà quale voliera…
Poi, scindilo tu l’atomo del verso,
che esploda in fissità di luce, cucilo
addosso ai tuoi vent’anni, fanne spada
a doppio taglio e sguardo di bambino,
o lascialo cadere – come un seme
germoglio di stupore nel deserto.




Filippo Inferrera


Opera 2^ classificata Sezione Adulti


La collina degli aranci


La collina degli aranci ha magici tramonti,
è un brivido di cristallo che impreziosisce e buca
la terra e fa esplodere ogni radice, è il sale
silenzioso che sopravvive al cancro della morte.
Sono nato in quella collina, ho cucito il mio ventre,
ho morso le ferite della guerra, ho vissuto la paura
e l’oscurità, goccia a goccia nel preludio della sera.
Curvo, sotto l’agonia dei battiti sanguigni, svuotato,
ascoltando nell’aria mutilata la vita in demolizione,
aggredita dai sibili stellari delle bombe, dagli urli
di cumuli di ossa che vagavano, come foglie nere,
frantumate, spazzate via sopra le campanule e lo sterco.
La collina degli aranci dorme come i fiumi d’estate,
sotto una cupola di rugiada, è l’ultimo baluardo
della mia memoria, è l’unica cattedrale di carbone
per i miei inverni. Tanti morti hanno chiuso le palpebre,
tanti che non sono tornati e non sono diventati grandi,
presso la neve appena in fiore hanno deposto il loro nome.
Datemi il silenzio, il suono e la chitarra, parlatemi,
vedo una sola piaga nel cavo della mia mano, nel dolore
indurito della mia pietra di grano, nella polvere di piombo,
che oscurò la notte e fu l’acqua segreta dei pozzi, il loro magma,
la gioventù violentata che mai concluse quel viaggio.
La collina degli aranci è un nido familiare, dove l’anima
si disseta, dove il figlio costruisce un amore sano
sopra i capezzoli della madre, dove un canto ondeggia
e occhieggia la primavera che plana sull’oceano della luna.




Matilde Bufano


Opera 3^ classificata Sezione Adulti


Africa


Seduta in terra sola fra i tuoi quadri vedo
cantare d’Africa i colori, profumano quei fiori
sanguigni in riva al lago cangiante all’improvviso
come il cielo. E vedo te, figlia di quella terra, mutare repentina
cascate di cristalli del tuo riso in sprazzi furibondi di torbidi
monsoni che urlano violenti bruciando il cuore altrui
come i furori dei tuoi occhi irati cupi e algenti.


La tua patria di poi: chiese di pietra e trulli. Adulta inquieta
e ardente sapesti amarli insieme ai mandorli fioriti e ai gigli bianchi
e voluttuosi che accendono bagliori sui tuoi quadri, e intanto
sensuale e prepotente stringevi la mano del tuo sposo, immerso
nei tuoi incanti. Vedo le tue marine, gialle e rose le barche, il mare viola
e blu, il cielo fiammeggiante a tingere di rosa i festoni barocchi dei palazzi
e d’oro rilucente le pietre antiche delle cattedrali. Scoppi di temporali:


eri sotto la pioggia con colori e pennelli, grondavano i lunghissimi
capelli, sempre fresco il tuo riso di perle a illuminare
il candore splendente del tuo viso mentre con le tue storie
stregate come favole a colori, sogni e magie donavi ai figli tuoi.
Un dì la morte vorace e incuriosita, da te arrivò e ti rubò una vita.
Il tuo giardino fu luogo di dolore dove passavi ore accanto
al “verde melograno dai bei vermigli fior”, il fiore di tuo figlio.


Tuo figlio fu profeta di se stesso? Tremenda profezia: come nella poesia
era quel dono già simbolo di morte? Tu muta seppellisti quel tuo amore
in abissi segreti. Mai più lo nominasti. Ormai sempre più rari erano
i quadri, sbiadivano i colori, cinerei ed indistinti il cielo e il mare. Erano
neri i fiori. La morte divorò anche il melograno. Lo rinsecchì
fra le mie mani disperate, ma tu non lo vedesti: eri già via,
immensa Madre mia.




Mina Antonelli


Opera 4^ classificata Sezione Adulti


Dove nasce il canto della spiga


Si schiude la luce fredda dell’alba
e il sole sveglia muri d’ombra,
il vento porta profumi di muschio
a sussurri di memoria tra i vicoli.
Le voci diradano la nebbia del tempo
e fruga il cuore nostalgie di stagioni
che accarezzammo su orizzonti indecisi
insieme ai volti caduti nel silenzio.
Andavano gli anni su onde di grano
e acerbi amori nascevano
nascosti all’ombra dei vicoli
nei pomeriggi lasciati all’impronta dell’arsura.
Fiumi d’asfalto ci portarono lontano,
lasciammo notti insonni sui treni
e riverberi di luce alla collina
con i sogni nel cuore andammo per ignote stazioni.
Di cieli tersi naufraga il pensiero
là dove nasce il canto della spiga
e grida d’erba ai passi cresciuti
tra i filari antichi della vigna.
Fremiti d’attese su strade sconosciute
in altri confini i giorni si perdono
e scendono lenti i passi nella sera,
sorrisi invecchiati sulle panchine vuote
tra le foglie accartocciate d’autunno.
Con ali stanche di farfalla
torniamo nella luce breve del tramonto
a lune incantate lasciate
sulle pareti in quella stanza vuota
con le ombre che imprigionano la notte.




Chiara Franzil


Opera 5^ classificata Sezione Adulti


Briciole


Vorrei poterti dire ancora
del piacere di quella Tarte Tatin che preparavi
con lo Zucchero delle mele
a stagliarsi col burro sullo sfondo;
di quel profumo agro di marmellata
che ti avvolgeva
sul finire dell’estate.
Senza incontrare l’annaspare dei tuoi occhi.
Venire a salutarti
al mio ritorno pieno di racconti
aspettando le tue opinioni fresche
e quella finta sculacciata
dalle tue dita lunghe
sempre merlate di rughe,
come se fossi rimasta bambina.
Senza fermarci solo alla prima frase.
E poi partire pensando di trovarti
indaffarata con il vestito a fiori,
magari un po’ imbronciata
col compagno di una vita,
ma con il fischiettare allegro nel sorriso
e quel tuo vizio
di camminare scalza.
Senza quella mancanza, zanzara nell’orecchio.
Franano come briciole i ricordi
tra l’affanno delle tue mani asciutte
e s’impigliano incauti i tuoi passi
sul sentiero sradicato e smosso
da quello scippatore sconfinato,
mentre resti in attesa di visite
di cui l’orlo dei bicchieri
conserva il sorriso fresco, nel lavello.
Vorrei ridarti quello che ti ha tolto
perché tu possa ancora ritrovarti.
Invece guardo al miraggio della tua memoria
finché da te non sparirà anche il mio segno.




Franco Fiorini


Opera 6^ classificata Sezione Adulti


Il cuore bambino


Noi abbiamo avuto un cuore di bambino:
io l’ho avuto e a te non è mancato.
Abbiamo giocato
a rincorrere nuvole d’ingenuità
e la vita aveva ali di farfalla
su fiumi d’erba novella
al biancoverde delle margherite.
Io amavo fare l’aeroplano:
tutto mio era l’infinito
mentre il sole d’argento
imperlava mattini eterni
deserti di tramonti.
Noi abbiamo avuto un cuore di bambino
e i giorni erano pieni allo stupore
dei nostri anni: i miei e i tuoi.
E ora, cosa ci accade?
Lo stupore ha smesso il vestito della festa
ed il nuovo è accaduto già alla realtà.
È la tua nemica, la realtà,
e io non la conosco più.
Non sono io, non sei tu.
Siamo acqua ad un fiume che ci annega.
Siamo vento che tempesta
l’ultimo soffio che ci lega.


Ma io ho avuto un cuore di bambino.
Ecco che punta i piedi e fa i capricci:
non si arrenderà alla normalità.
Meglio sfidare l’infinito
cavalcando aquiloni a voli arditi
sulle rotte degli arcobaleni.
Meglio spezzar le catene e fuggire lontano
a cercare l’isola che ora c’è. Anche per te.
E il reale mi tende la mano: è più vicino
all’abbraccio del mio cuore bambino.
Sono di nuovo io. E tu?




Tiziana Mainero


Opera 7^ classificata Sezione Adulti


Il giorno delle ceneri


Ha preso a morsi le nuvole
credendo che fossero pan di zucchero
poi le ha sputate
disegnando granellini di brina, caduti
leggeri ai piedi del pioppo
come lacrime di fanciulla
senza seni da latte.


Libera la colomba.
In alto,
là nei mari del cielo dove il vento si congiunge
carnalmente al silenzio per partorire
tempeste di sole,
là dove la luce insegue l’alba
per stupirsi di nuovo ad ogni mattino.


Libera la colomba
dalla pelle di loto.
Appena usciti dal nido di paglia e bambù
svezzata dal grano tenero
dell’aquila reale
che ha fatto robuste le sue ali
ma non le ha insegnato a combattere
contro gli altri rapaci.


Libera la colomba
fino al giorno delle ceneri.
Il fango sulla pelle della colomba
sanguina di verginità,
le sue ali spezzate dall’arsura
di un viandante d’amore,
in una giornata d’agosto,
tra le canne dello stagno
dove cercava acqua di roccia.




Carla Baroni


Opera 8^ classificata Sezione Adulti


Ogni tanto ritorni


Ogni tanto ritorni: ti distinguo
dal gorgoglio del riso così giovane
nel vento di scirocco che ansimante
brucia i fieni all’estate, le cicale
provano canti nuovi sopra gli olmi.
La veste hai corta – adesso siamo in guerra –
e scarpe con la zeppa e in bicicletta
percorri lo stradone di campagna:
oggi si trova carne a Filo. Il fiume
s’arrende lento alla calura e stride
col verso dei gabbiani che s’inoltrano
dentro forre e barene, non conoscono
luoghi sicuri, i propri nidi, esplorano
diffidenti il verde che è rimasto.
Tu pedali veloce, il sole in alto
sugge stille dolenti al grande pianto
che la terra abbandonata esala.
Ma oggi è festa, c’è la carne e il pane
e tu sudata e stanca sei felice.
O ricordarti mamma nei tuoi anni
ancora verdi, col liquido canto
rubato agli spazi siderali della cometa
che ti vegliò nel giorno in cui nascesti
la cometa nera
a tutti gli altri invisa e non a te
che di sua luce argentea ti tingevi.
Ed ora torni a tratti
nel blu sconfitto della notte quando
nella stretta dei ghiacci già risuona
il murmure insistito del ruscello
o nella vampa a giugno se la sera
si tinge delle fiamme del solstizio.
Tu ritorni e mi vegli, melodia
che non si arrende al buio che già incombe.




Vincenzo Lamanna


Opera 9^ classificata Sezione Adulti


SLA


Ti parlerò di lei, del cielo in cambio di un telo
le parole senza suono, le stelle vendute
alle ore mutate in bottiglie di vetro.


Potrò raccontare la mia storia di SLA
all’aurora, trovare nei seni del carrubo
mutilato dalla finzione il senso del mio corpo
offeso dai cenni e dai sussurri della paura?


E mi sovviene il biondo campo di grano
il bacio inerme della pula al papavero rosso
l’odore di zagara dell’orto ferito dal vomere
la stilla sulle labbra del secchio ramato
nell’oscena rassegnazione di madri
dai visi celati nelle mani rigate
dalla percezione del tempo dato.


Il corpo che le mani pie muovono nei rimorsi dell’infinito
le piaghe aperte dalla viltà della consolazione
il livore della melagrana, il giallo e il rosso nella crudeltà
del verde, forse è vita il cielo fuggito nel vello delle ore
spettatore della danza dei moscerini sul cucchiaio di luna.


E poi, improvviso, sperando nel sogno
lo vedi apparire nel rombo di cielo
che sfugge al recinto di rame
il gabbiano che solca l’iride
il sussurro del fiume ai glabri sassi, forse amore.


Mi commuove… nel bacio che sul viso posa
il fiore mutato in lana che cade sull’erba recisa
il conforto di essere libero tra il primo vagito
del cuore e l’ultimo brivido della ragione
si è liberi nell’inchino della palpebra all’ora…


potremo amarci, raccontarci dopo il vespro a sera
o ritrovarci ai piedi delle radici delle bianche margherite?




Fiorella Defons


Opera 10^ classificata Sezione Adulti


Tutti nella sua vigna


Sono salita fino alla cima della montagna,
il vento mi accarezzava il viso
e TU ti sei seduto accanto.
Sulla battigia l’onda sbriciolava la schiuma,
la lontananza sfumava nel tramonto
e TU ti sei seduto accanto.
Sul quel fiore, dai miei occhi imprigionati nella sua corolla,
cade una goccia
e Tu eri lì seduto accanto.
Ho camminato sulla terra rossa,
visto puntini neri, attaccati al lungo seno
ciucciare il niente e l’acqua tace nel profondo.
Dov’è la mia Montagna?
Non nella città opulenta che annacqua i suoi giardini
e vomita parole senza senso.
Mi fermo e ascolto il rumore di una pompa,
le grida dei bambini intorno al pozzo,
brocche colme di vita posate sulle teste come nidi
ed io m’immergo in quel deserto di pace
che esulta del suo poco.
TU, che hai fatto dell’amore l’emozione più grande,
mi siedi accanto.




Lucia Ingegneri


Premio Speciale Augusto Robiati


Voci d’amore


Voci d’amore
e di speranze future
sgorgano profuse
dal mio intimo alveare.
Arrivano al cielo
custodite dal vento
fra note divine
di pure essenze,
proiettate dal mio
desio
di nitida armonia.
Mi annodano la gola
le torbide correnti
dell’animo umano
avverso
nel freddo pelago
. . . . . . . . . . . di fiele
dove affoga la luce
della vita.
Rintoccherà come campane
la mia lirica d’amore
di pace spirituale
sotto cupole d’azzurro
cielo.
Embrioni di speranza
da seminare
su terre ghiaiose
dell’anima,
per rinvigorirle
in fertili oasi di vita.




Chiara Sabena


Opera 1^ classificata Sezione Giovani


Sera d’estate


«… ho visto Nina volare
tra le corde dell’altalena…»


“Ho visto Nina volare” – F. De Andrè


Il noioso gracidare di una rana
il frusciare delle spighe mature:
guardo lontano, lontano da qui
un campo di grano.
e rivedo quel gioco di bimba
con la piccola mano.


Nel crepuscolo di fine stagione
sull’altalena aspettava la pioggia
e lieve giungeva la sua canzone
con il rosso delle ciliegie
sulle sue minuscole labbra.


Un fiore appena sbocciato
danza solitario nel prato
e con un fiocco d’argento
lega il filo incandescente del tempo.




Alessandro Vonella


Opera 2^ classificata Sezione Giovani


La vecchiarda


Dalla grigia trazzera, per l’erto carruggio,
sale appropinquandosi la gretosa vecchiarda.
Con maliscenza avanza, e lenta e mesta teme
lo sguardo arcigno e attento delle asciutte comari che smunte sorvegliano:
da cigolanti usciaie e da strette finestre
osservano sparute,
e van cercando appigli per poi spettegolare.
Quand’ecco s’accorgono
che timida s’avanza la gretosa vecchiarda.
E più di ogn’altra cosa
subito s’avvidero tutte d’un fatto insueto:
ella va e sotto un braccio nasconde in grembo e incerta
uno scuro fagotto.
Le altre vecchie ritengon si tratti dell’allure
di colui che ora tace perché poi gli si chieda,
di quei che procacciar si vuole curiosità e altrui attenzione.
Eppure tinta pare di tutt’altra premura:
umile e dignitosa
vuol sfuggir alle vecchie malaffette e impiccione,
evitar lo sfoggio di beni e sue fortune,
evitar sfacciatezza
nei confronti di chi ai patimenti è avvezzo,
ma queruloso invoca l’insoffribilità dei lunghi anni suoi.
Cupa, nera e slavata, volteggia la sua veste
ai refoli del vento dell’aria vespertina.
Con ambascia procede
silente e un po’ gibbuta
in su per la salita.




Arianna Limoncello


Opera 3^ classificata Sezione Giovani


Neve


Pallida
la mia redenzione
scende cauta
ad ubriacare la terra.
Le stelle rinunciano
a calcare la scena
del cielo.
Le urla mute del pino
crepitano lontane e
il sangue del cervo
è inchiostro eterno:


compromesso antico
fra vita e morte.



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