OPERA 1^ CLASSIFICATA
GIUSEPPINA TERRANOVA
Il sogno di Parmenide
Ti mostro una strada che non perdona,
di sangue e lacrime aspersa,
ripido acclivio di sassi
aspri e assolati,
senza ritorno.
puoi fingere di aver sognato
e fuggire, sei ancora in tempo,
cuore agitato dalle ombre,
passo che indugia compiaciuto
nei suoi calzari dorati,
per le vie della notte.
Ma il gusto amaro della tua finzione
è la catena che ti avvince
al mio canto di sirena,
è l’impeto che ti sostiene nel cammino
doloroso, necessario
al tuo vivido intelletto.
Ora posso dirti
che l’albero perderà tutte le sue foglie
prima di giungere sulla soglia
della rotonda Verità,
che tutto circoscrive e riduce
ad un presente assoluto,
senza memoria, senza futuro.
Io sono la Dea che da sempre t’innamora,
altro non posso dirti,
ma se vorrai seguirmi
fino alla Porta che separa
la Notte dal Giorno,
ti rivelerò l’ultimo dei misteri e,
pietosa,
non ti abbandonerò
alla follia del Nulla.
OPERA 2^ CLASSIFICATA
DOMENICA SAMMARITANO
Strada perduta
Eravamo su monti diversi
E Ognuno di noi
Aveva un battito
E nessuno sapeva tradurre
Il rumore.
Le parole
Bastavano appena a formulare
Gli ultimi saluti
E i convenevoli
Delle solite malattie sociali.
Però c’era del vero
In ogni malattia
A parte la gestione
Del sorriso
Che a tratti si spargeva
Puro
Come se fosse quello solamente.
Nei sogni persi
D’allunaggio
C’era bisogno di condurre
Tratti di strada aperti
Destinati alle meraviglie.
Però
Avrei scommesso
Che ci sarebbe bastato
Un abbraccio
La sera,
ritornando a casa.
OPERA 3^ CLASSIFICATA
AURA PICCIONI
L’ultimo canto di Byron – Missoloungi, 1821
Ho per tetto il cielo, per sogni le nubi.
Diafana, l’esistenza s’invola
al ritmo disperato di chi anela
la dolce ninfa libertà…
E io, piccolo mortale,
mi perdo nell’immensità di tali
luoghi, divenendo immenso
al di sotto dell’oro di queste pietre.
L’eternità, anelo. Anelo l’eternità.
La vita è il folle volo
che la nave percorre con le vele gonfie di caldo vento.
Del caldo vento di queste terre.
Son essere umano. Può l’uomo essere misero?
No. No, se vive.
Annego intanto nel ricordo della dolce ombra d’Atene,
che si staglia nei tramonti di sangue che investono
l’Ellade coi suoi profumi, coi suoi sentimenti…
l’Ellade. Un essere umano sotto il sole, nel meriggio ardente.
Svegliarsi in una nube, osservare il cielo,
compiere diecimila cose per comprenderne a fondo una.
L’argilla dentro l’uomo va plasmata. La sua anima.
E adesso la mia anima desidera il distacco
da questo corpo debole, fragile, per divenire
res imperitura.
Dipingo la poesia di un istante, incastonando
in uno sguardo un ricordo
fuggevole come un fiore d’artemisia.
Potessi essere un dio! Involandomi sulla piana del mare,
adorerei non me, queste terre…
Potessi sentirmi titano! Mai i miei passi sarebbero più
sicuri dell’alba in cui tramonta l’ultima luna su Sunion…
Mi fosse concesso non amare! Non mi struggerei, ora,
con gli ultimi aliti di vita, di attendere le ali leggiadre della morte
sul filo sottile dell’immortalità.
OPERA 4^ CLASSIFICATA
EMILIA FRAGOMENI
Dolci effluvi
Il cuore ha aliti fragili e tremori
che sfuggono al mistero del pensiero.
Il brusio che lo scuote non è il canto
del giorno che si spegne, ma l’addio
degli istanti che si dissolvono
in passaggi di vento e di bufere…
Si sciolgono speranze e turbamenti
in un presente che racchiude
assieme il tutto e il niente…
affondano nell’ora, nello specchio
silente della ragione del tempo…
Ho vissuto l’incanto dei miei sogni
come sillabe scandite nel silenzio,
come gocce, tornate a dissetare,
disperse in crepe di segreti anfratti…
Un effluvio d’origano prorompe
dal lago della mente,
zampilla tra limoni e gelsomini,
su nuvole immobili,
sbucate tra svolazzi di pensieri…
Sento vicina la luce delle stelle
e percepisco infiniti di silenzi,
aperti oltre i sussurri, oltre i respiri…
Raccolgo allora i dolci pensieri,
abbandonati sul greto del mio fiume,
e attracco l’anima a nuovi sentimenti,
che parlino di fede e di speranza.
OPERA 5^ CLASSIFICATA
SILVANA FERRARI
Tracce di rosso
Una piuma di sole, in travaglio,
vela le palpebre semiaddormentate
mentre gole di uccelli spalancate
destano il silenzio della vita,
con abito ancora
incontaminato.
Dopo l’ultimo sogno sgretolato,
la chiara luce mi accompagna
alla visione di un rugginoso
torsolo di mela abbandonato
sulla tovaglia di tela cerata
e, al capo reclinato delle ortensie,
nella brocca che invoca acqua.
È un freddo disamore
nel quale non mi riconosco!
Il tempo non ascolta
e continua i suoi traslochi
con veloce cadenza
lasciando, a qualche tramonto,
l’esaltazione di regalare
una fuggevole carezza
che va ad incidere sul corpo
indelebili tracce rosso lacca.
OPERA 6^ CLASSIFICATA
ANTONIO GERVASIO
Come col ghiaccio
Sgusciante sortita,
fuoriesce dalla presa delle chele.
Si fan d’oro
le fotografie.
Tu cinica
ed io pure.
La radio a tratti
che trasmette
ed un acquario che sembra una fabbrica
dal ciclo perenne.
Non accetti nulla ed io neanche.
Nemmeno le esitazioni.
Sguardo basso
te la prendi coi bottoni,
maledette incomprensioni
che salutano la notte.
Un ultimo solfeggio come un miraggio.
Liuto di vetro
attento all’urtare,
prova un assolo,
ma non è concerto.
È nato per suonare.
Gli applausi scremano lontani.
Sono i nostri consensi,
appena passati nel riverbero delle scaglie di cielo.
OPERA 7^ CLASSIFICATA
MARIA GABRIELLA MELONI
Leucade
Dal sommo della rupe
spingere lo sguardo
all’estremo orizzonte,
sfiorare con le nere ciglia
i selvaggi marosi
mentre il vento
sferza il volto
e colpisce le narici
l’alito salmastro
mescolato all’acre odore
di antichi cruenti riti…
Congedarsi dalla vita.
Essere già lambita
dalle ombre dell’Erebo,
già avvertire sul piede
la gelida onda d’Acheronte.
Protendersi sull’abisso…
Ritrarsi… Provocare
gli dei… Illudere le Moire
differendo il taglio del filo
cui è legata la vita…
Solitudine, silenzio,
incomunicabilità, indifferenza…
Dileguate la bellezza,
la giovinezza, l’ispirazione,
la passione…
Desolata e arida
come la rupe su cui
ti eri inerpicata.
E laggiù intorbidarsi
del mare, ceruleo, grigio
e bianco, selvaggio
come i denti
di un animale feroce.
OPERA 8^ CLASSIFICATA
SILVIA MARCHESI
Dal terrazzo
Mi basta questo scampolo sopra le case,
sulla rotta delle rondini che frullano basse.
Mi basta aver gli occhi sul Resegone là in fondo
e di qua, tra l’edera e le peonie, sulla Madonnina.
Non chiedo altro che questo silenzio e quest’aria
che disperde petali e suoni, che sa di tempesta;
un’aria che zittisce le strade e spoglia i giardini
e confina i voli dei nidi, visi e manine dietro i vetri.
Mi lascerei prendere qui, con le mie piccole cose,
voci care, un libro e l’odore della cena sul fuoco.
Io sono quel lampione ostinato che si accende
anche stasera. Che si accende anche se è presto.
OPERA 9^ CLASSIFICATA
IOAN DANIEL CUCULIUC
Io
Sono l’abito di me stesso,
la buccia,
la parte più esterna
e superficiale.
Non mi conosco
eppure percepisco la mia presenza
che mi indossa,
mi manovra, per quanto
le è possibile.
Mi sento nelle viscere
mi condivido mente e pensieri;
muti dialoghi…
Ho tempi brevi io,
la penna, la mano,
protezione imperfetta,
frutto di mondo imperfetto,
con unico scopo
di mantenermi in vita fino
alla nascita.
OPERA 10^ CLASSIFICATA
MARGHERITA PRUNERI
Ritorno in Valtellina
I
Caligine nella sera:
opachi si svelano i monti,
la primavera avanza leggera,
si alza e s’annebbia.
Un brivido attraversa le rive,
indugia sull’Adda che scorre,
inquietudine del vento che stride
mentre il sole all’orizzonte dilegua.
Risalgo con lo sguardo la valle,
ne riconosco lo scavato profilo,
mi accoglie ogni volta che arrivo
come una sfinge orlata di luce.
II
In questa vecchia casa
vorrei ritrovare fantasmi
che tengano in vita le stanze,
che aprano le finestre al passato
che si corichino con me dentro il letto
grande di amore e di pianto,
che affondino le dita nel petto
e portino alla luce i ricordi.
Invece indago spoglie pareti
e invano ricerco gli odori,
nessun racconto bisbiglia all’orecchio
e il tarlo dell’oblio ha roso il mio tempo.