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Premio Letterario Internazionale Città di Melegnano 2009 XIV Edizione |
Ultimo aggiornamento: 25 Marzo 2011 |
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Premiazione – La premiazione si è tenuta sabato 30 gennaio 2010 alle ore 15,30 presso la Sala della Comunità del Teatro San Gaetano in via Olmi, 2 a Melegnano (zona Giardino).
- Antologia: In stampa nel mese di maggio 2010. Spedite il 17-03-2010 le bozze dell’antologia. Inviata in data 10-11-2009 la lettera di ammissione agli Autori ammessi all’Antologia della sezione Poesia del Premio.
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Risultati della XIV Edizione Premio Letterario Internazionale Città di Melegnano 2009
La Giuria presieduta da Benedetto Di Pietro per la Sezione Poesia e da Alessandra Crabbia per la Sezione Narrativa, ha decretato la seguente classifica finale:
Sezione Poesia:
- Opera 1^ classificata: “La pace” di Pierino Pini, Montichiari (Bs). Questa la motivazione della Giuria: «È impossibile pensare ad un’Europa Unita senza tenere conto del passato storico di ogni singola nazione che la costituisce. Anzi, è necessario che tutte le nazioni che formano la nuova entità politica ed economica facciano tesoro del loro passato, spesso costellato di guerre fratricide, affinché “sia limo per la pace”. Alla base della convivenza civile, secondo il poeta, bisogna fare “un grande covone” nel quale mettere “insieme, [...] parole e culture” delle singole nazioni. Il riferimento al covone usato dai contadini, come l’insieme dei manipoli di frumento tagliato prima di procedere alla trebbiatura, non è casuale. Infatti, il risultato di tutta l’operazione è il pane, necessario per la vita dell’uomo, così come altrettanto importante e necessaria è la pace». Benedetto Di Pietro. – Vince Targa Città di Melegnano – Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 100 copie gratuite – Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori e su Internet
- Opera 2^ classificata: “Madre Italia” di Pietro Catalano, Roma. Questa la motivazione della Giuria: «L’unità dell’Italia è nata dal sacrificio di ragazzi che parlavano lingue diverse. Il riferimento storico riporta ai contributi in vite umane provenienti da tutte le regioni italiane. Più tardi, molti italiani hanno conosciuto i disagi dell’emigrazione, ma non hanno mai perduto la speranza di ritornare ai luoghi d’origine. La realtà di oggi è diversa: l’Italia è vista da molta gente che vive in nazioni povere, come la terra promessa. Molti sono i migranti che affrontano i viaggi della speranza per arrivarvi. Però, dopo i disagi del viaggio questa gente dovrà affrontare il disagio di dovere comunicare in una lingua che non conosce ed è costretta a farsi capire attraverso il linguaggio dei segni. Sono segni che sembra accarezzino le parole perdute; usano il linguaggio universale usato dai fanciulli di tutto il mondo nei loro giochi. Solo ritornando fanciulli è possibile capirsi ed accettarsi». Benedetto Di Pietro. – Vince Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 100 copie gratuite – Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori e su Internet
- Opera 3^ classificata: “Dolore” di Stefano Tonelli, Milano. Questa la motivazione della Giuria: «Questa lirica è caratterizzata da riferimenti filosofici e religiosi. Il poeta facendo uso della ragione, e non della fede, parla con Dio. Nonostante le meraviglie del creato, “Chi scrive questo verso / come un povero diavolo s’è perso”; non accetta la realtà delle cose solo “perché è così, / che il dolore è il miglior carburante”. Solo accettando il dolore universale come una condizione umana, si arriva alla convinzione che in questo mondo “ogni sciagura è una lezione” dalla quale imparare. Il dialogo con Dio diventa implorazione: fammi piuttosto “cogliere / qualche allusione terrestre / di Buono di Bello di Giusto” anche se nascosto da qualche parte. Io cercherò di farne tesoro “anche se con un certo magone”. Il tema dello sconforto e della solitudine ritorna e diventa dolore del tempo». Benedetto Di Pietro. – Vince Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 50 copie gratuite – Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori e su Internet
Vincono Attestato di merito, pubblicazione dell’opera vincitrice rivista Il Club degli autori (di cui riceveranno dieci copie in omaggio) e su Internet i seguenti autori:
- Opera 4^ classificata: “Non chiedermi perchè” di Giuseppina Morrone, Villanova di Guidonia Montecelio (Rm). Questa la motivazione della Giuria: «Davanti al cambiamento della società ed alla perdita di valori, l’uomo si sente impotente. I cambiamenti hanno coinvolto le tradizioni e le festività e ora tutto è stravolto. C’è uno strumento catalizzatore nei confronti della stessa morte: è il fissare su un foglio bianco i versi della poesia. Quel foglio diventa “scrigno della memoria” e ha la funzione di rinforzare la visione del poeta che così si crea la convinzione di poter essere trovato “un po’ vivo” quando arriva la morte e non “già miseramente” morto. L’affidare alla scrittura i propri pensieri e dare consistenza alle parole, diventa uno strumento di superamento della morte stessa. In fondo, questo è il fine precipuo della Poesia». Benedetto Di Pietro
- Opera 5^ classificata: “La colomba” di Vincenzo Elefante, Castellammare di Stabia (Na). Questa la motivazione della Giuria: «La morte è presentata con un simbolismo variegato. È una colomba che viene dall’Oriente; una strana affermazione, dato che quest’uccello è stato sempre usato come simbolo di pace. La morte è un soldato che parla di libertà ed è pronto a sparare. “È come una pallottola / verniciata di pace”. La provenienza per il poeta è chiara: “un confetto avvelenato / nelle acque del Tigri e l’Eufrate”. Ma non basta: la morte è un signore in doppiopetto che comanda nei palazzi del potere e a lui rispondono anche i paesi arabi. “é la luna di miele” tra le compagnie petrolifere e la Borsa “sopra la nostra pelle”. Un amaro sfogo sulla realtà attuale, dove dietro alle illusorie dichiarazioni di solidarietà c’è la sempre la speculazione finanziaria. Diventa difficile separare la guerra dai soldi e la speculazione intellettuale non può certamente fregiarsi di quanto disse Laocoonte ai Troiani affinché non introducessero nella città di Troia il famoso cavallo di legno: “Timeo Danaos et dona ferentes!” (Virgilio, Eneide, II)». Benedetto Di Pietro
- Opera 6^ classificata: “Confini Meja” di Alessandro De Luyk, Trieste. Questa la motivazione della Giuria: «Finalmente l’uomo ha abbattuto la frontiera di Meja, aprendo nuove strade e dandosi la prospettiva di una nuova vita. Sono gli stessi confini, fatti di ferro e reticolati che in passato a Trieste hanno testimoniato tristi eventi politici, separando individui nati negli stessi luoghi. Uomini, si dice, divisi per motivi linguistici, culturali e religiosi, ma “divisi, in fondo, / dalla sola loro paura”. Con lo spezzare dei reticolati, si spezza anche la serie degli “inutili anni della nostra storia”.Una ventata di ottimismo lascia pensare ad un avvenire pieno di iniziative e di concordia». Benedetto Di Pietro
- Opera 7^ classificata: “La terra trema” di Maria Piera Pacione, Ofena (Aq). Questa la motivazione della Giuria: «L’uomo vale poco di fronte alle grandi manifestazioni della natura. Nella vita vi sono avvenimenti tragici che ci fanno pensare di essere vicini alla morte. La poetessa ha una visione religiosa della natura e vorrebbe che il terremoto sia un segno di ritorsione della natura per il comportamento dell’uomo. Nonostante tutto, in questo quadro funesto bisogna cogliere un messaggio di speranza: appaiono gli angeli in soccorso delle nostre paure e le nostre disperazioni. È una speranza che sul colpo noi non riconosciamo, ma che sarà viva nel futuro». Benedetto Di Pietro
- Opera 8^ classificata: “Io, sono io…” di Luca Previato, Legnano (Mi). Questa la motivazione della Giuria: «Il poeta afferma di essere se stesso solo quando non è in grado di vedersi, quando non vede i suoi dettagli, le imperfezioni, la sua età, ma riesce a vedere proiettata la sua ombra sulle cose. Si riconosce “nel carico di pioggia / delle nuvole più scure”. Sarà sempre se stesso se sarà capace di non fare progetti per il futuro. È un vivere alla giornata. C’è la perdita della materialità e questo punto è confermato negli ultimi due versi: “guardami sempre / attraverso il prisma delle mie parole”. È come dire che l’uomo esiste perché ha la parola capace di comunicare emozioni. E questa in effetti è la caratteristica che lo rende unico nel regno animale». Benedetto Di Pietro
- Opera 9^ classificata: “Nessuno” di Stefano Marangoni, Fagagna (Ud). Questa la motivazione della Giuria: «La lirica si apre con un riferimento all’Odissea, precisamente all’episodio di Ulisse e Polifemo. Il taglio della poesia è filosofico con aggancio a certe religioni orientali. C’è polemica verso il nominalismo “Perchè di nessuno è l’arte / di chiamare la vita per nome”. Solo Dio ha il potere di usare il termine “Universo”. La preghiera è un elemento vitale ma si perderà nel vento e questo la porterà fino al poeta che è in casa, che l’ascolterà e risponderà: “Nessuno!”. Una presa di posizione davanti alle sollecitazioni della vita moderna, ma nello stesso tempo un distacco voluto dalle sue allietanti insidiose promesse.». Benedetto Di Pietro
- Opera 10^ classificata: “Prima pioggia d’autunno” di Nicoletta Dal Lago, Creazzo (Vi). Questa la motivazione della Giuria: «Secondo la poetessa l’uomo deve vivere in simbiosi con la natura. Gli eventi stagionali debbono essere accettati e goduti, se possiamo attribuire al verbo godere anche il significato di una precaria sollecitudine. Così per il poeta l’autunno è la stagione in cui riscopre “la tenerezza del calore” e il senso di benessere. I colori autunnali sono unici e la tavolozza che essi compongono ispira pensieri positivi. Non manca qualche episodio che fa affiorare momenti dell’infanzia, come pungersi le dita con il riccio delle castagne. Anche la pioggia, come un’“amorevole nonna”, parla della vita che passa». Benedetto Di Pietro
Sezione Narrativa:
- Opera 1^ classificata: Il vestito da sera di Andrea Polini, Livorno. Questa la motivazione della Giuria: «Potente e drammatica attesa di una morte che tutta via si vuol precedere, per preservare una dignità umana ormai atrocemente martoriata da un morbo che non perdona. Il progressivo disumanizzarsi del protagonista, non suggerisce visioni tanatofobiche angosciose, ma tetre tenerezze, banali assenze dei grandi significati che l’ego umano considera essenziali. Il mesto e tuttavia audace habitat mentale e fisico di Max, è nei dettagli apparentemente irrilevanti, nelle pietose piccolezze e piaghe della carne, nella penombra di speranze marcite, nell’erotismo che pulsa testardo: è questa la grandezza di Max, che desidera una morte elegante, e che per ottenerla è disposto a usare le ultime logorate forze per finirla a modo suo. Ma la tragica bellezza della sua morte verrà da sola, e non voluta. In un bel vestito da sera, la danza macabra avrà fine. Poesia, e aspra dolcezza si mescolano in un racconto davvero per pochi. La grande riflessione e l’ispirazione dell’autore, insieme alla sua profonda e torturata sensibilità ricordano descrizioni tolstojane riguardanti i grandi temi dell’esistenza: la vita, la morte, il significato del proprio vissuto e dell’universo intero». Alessandra Crabbia. – Vince Targa Città di Melegnano – Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 100 copie gratuite – Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori e su Internet
- Opera 2^ classificata: 365 giorni di Michael Zamaro, Strassoldo (Ud). Questa la motivazione della Giuria: «In un futuro talmente razionale e disumano da mostrare il suo lato tragicamente comico e paradossale, l’autore ipotizza una società priva di qualsiasi tipo di disagio, di armamenti, di fantasia, di miseria, ma che elimina tutto ciò che risulta inutile e superfluo e lo trasforma in dentifricio. La soluzione drastica è anche eliminare i disoccupati dopo 365 giorni, e sottoporli a tale trasformazione alchemica. L’inutilità è un crimine punibile con la morte. Il dialogo del protagonista disoccupato da 365 giorni con “l’essere” che è deputato a decidere la sua sorte, è freddo, allucinato e angosciante. Non c’è appello, né luce di speranza o umanità. Solo l’assoluta certezza che il senza lavoro diventerà pasta dentifricia. Ma “l’essere” ha conservato sulla scrivania un proibitissimo oggetto che gli sarà fatale: una lama antichissima, unica arma rimasta al mondo. Il disoccupato lo trapasserà all’istante. Il primo assassino che diventerà pasta dentifricia il giorno dopo. Tra un sorriso amaro e una stretta al cuore, l’autore ironizza su un futuro prettamente tecnologico, ma centra il bersaglio con uno stile incisivo, efficace e decisamente originale. Bravo». Alessandra Crabbia. – Vince Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 100 copie gratuite – Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori e su Internet
- Opera 3^ classificata: Il passaggio del duce di Gino Zanette, Godega (Tv). Questa la motivazione della Giuria: «Terzo classificato: “Immerso in una atmosfera satura di un simpatico ma ristretto provincialismo, un paesino attende con ansia orgogliosa e comicamente messianica il passaggio in treno di Benito Mussolini. C’è in questo racconto una descrizione di massa, voci che si rincorrono, atmosfere sociali che ritraggono con arguzia e vastità d’intenti i vari personaggi del popolo, che sperano in una gioia particolare, in una gloria mai avuta, in un avvenimento che strappi dalla noia quotidiana la banalità delle esistenze. E sono tutti personaggi assai realistici, ritratti nelle loro debolezze, nelle loro idiosincrasie, nelle loro piccole grandi ambizioni che saranno deluse da un treno che non solo non si ferma, ma da un duce che nemmeno si accorge dei festosi preparativi per il suo passaggio. Parabola ironica ma piena di vigore di un paese che fascista smise di essere d’improvviso. Affabulazione incalzante e avvincente. Si ride e ci si rattrista. Ma la verità appare splendente». Alessandra Crabbia. – Vince Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 50 copie gratuite – Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori e su Internet
Vincono Attestato di merito, pubblicazione dell’opera vincitrice sulla rivista Il Club degli autori (di cui riceveranno dieci copie in omaggio) e su Internet i seguenti autori:
- Opera 4^ classificata: Vita da cani di Ornella Esposito, Casoria (Na). Questa la motivazione della Giuria: «Un noir picaresco nel quale le ambizioni strampalate dei protagonisti arrivano a meditare il “gran colpo” che realizzi le loro più assurde e recondite aspirazioni. Personaggi comicamente ingenui e miserevolmente inconsapevoli della loro inettitudine, come Don Gaetano, che vuole assomigliare a James Dean attraverso la chirurgia estetica, come riscatto da una bruttezza irreparabile e mesta, sempre sudato e azzannato dal cane di Penelope, nobildonna decaduta, senza un soldo, ma ritenuta ricca. E intorno i compari, studentelli ubriaconi e avidi di denaro, una poetessa fallita, e un odio di classe malamente politicizzato. Il furto risulterà un disastro, come nei film di Dino Risi. In un susseguirsi di immagini fulminee e imprevedibili, non sarà reperito alcun valore e Penelope la derubata morirà di infarto. Colorito, scorrevole e decisamente avvincente. L’autore sa cogliere in un caleidoscopio una umanità mutevole e impermanente, folle e tuttavia grande persino nella meschinità d’intenti». Alessandra Crabbia
- Opera 5^ classificata: Lo spartiacque di Loredana Serra, Castellinaldo (Cn). Questa la motivazione della Giuria: «Struggente e drammatica descrizione di un vissuto intrecciato con il male del secolo, il tumore. L’infanzia della protagonista è terribilmente permeata dal male della madre, dapprima non compreso per le sue implicazioni non accessibili a una mente non adulta, poi appreso materialmente e visivamente nelle sedute chemioterapiche a cui la bambina assiste, nei sintomi tragici della madre, nelle sorti delle persone che soffrono dello stesso male. Ecco che la vita familiare ruota intorno al male per anni, segnando ogni sprazzo di gioia o speranza, logorando la quotidianità, creando via via negli anni illusioni e ricadute. Ma il male sarà vinto e la protagonista diverrà oncologa, soffrendo anch’essa dello stesso male della madre e superandolo. Racconto che è una catarsi e al tempo stesso una epifania: persino la tristezza diviene tenera bellezza». Alessandra Crabbia
- Opera 6^ classificata: Teresa & Teresa di Carla Cucchiarelli, Roma. Questa la motivazione della Giuria: «Passione e ragione convivono in un vortice di emozioni nell’ardente sangue messicano di Teresa, che pur di essere amata accetta passivamente la violenza fisica e verbale del suo uomo, inconsapevole di ripetere le stesse modalità esistenziali della madre. L’amore deve sconvolgerla, appassionarla, ucciderla: ed è in una trance onirica provocata da un incidente, che i suoi ricordi tornano addirittura ad una vita precedente, nella quale Teresa si rivede vittima sacrificale dei maya. La violenza terrificante del suo uomo che può portarla a morte sicura le appare allora vile, assurda, e in un miracolo sfolgorante Teresa sfugge alla sua terribile morsa e riacquista d’improvviso la dignità di donna intelligente che le spetta. Nel caos dei sentimenti più contrastanti, nei temi della metempsicosi e nella forza narrativa colma di colpi di scena, si assiste alla rinascita di una donna vera, ardente, e libera, una nuova Teresa». Alessandra Crabbia
- Opera 7^ classificata: L’ultima fermata di Nunzia Maria D’Andrea, Bernareggio (Mi). Questa la motivazione della Giuria: «Durante un viaggio in treno da pendolari, Rosa e Michele, vecchia coppia, ripercorre in assoluto silenzio tutto il travaglio amoroso della loro vita sentimentale. E’ Rosa che consapevolmente, attraverso ricordi vividi, memorie sbiadite, sente palpitare quell’amore morto, fatto di quotidianità vuote e di parole mai dette. Sa che le sue capacità e la sua intelligenza l’hanno resa vincente rispetto a lui, ma sa anche che il suo ventre sempre vuoto di figli, ha reso l’uomo triste e demotivato. E amare constatazioni le fanno comprendere che il suo compagno non ha mai percepito il ritmo delle stagioni, la bellezza dell’accettazione, della comunione affettiva. Ma non c’è rimedio: il tempo è passato, la comunicazione è impossibile. Michele preferirà scendere dal treno dopo di lei, e Rosa resterà incatenata nella sua illusione d’amore, nella pietà per Michele, e nel non senso della sua esistenza. Uno struggente senso di appartenenza fallita. Scritto con una intensità intimistica davvero notevole, questo racconto ricorda lo stile della Duras: profonda interiorità sofferta». Alessandra Crabbia
- Opera 8^ classificata: 11 di Matteo Gozzi, Reggio Emilia. Questa la motivazione della Giuria: «La solitudine assoluta, desolata e scanzonata di un impiegato geniale, incastrato in una vita nella quale l’isolamento, il disamore, l’abbandono, vengono vissuti con creatività mentale straordinaria ma altrettanto straordinaria disperazione. Fatica è fare una doccia, cenare, dormire, mentre la città indifferente gelida e crudele corre sotto i suoi occhi intelligenti e randagi. E’ una solitudine sartriana, intellettuale, inesorabile e non salvifica, nella quale, proprio come dice Sartre, “l’inferno è l’altro”. Unico volto percepibile in tutta questa desolazione è un commerciante siriano, da cui il protagonista compra cibo indigeribile per carità, o la memoria del nonno che ancora apre ferite nel cuore tenero e sgangherato del protagonista. È per questo che pur di rivedere l’ex compagna, nascosto dietro un albero e sotto la pioggia, come nei migliori o peggiori film francesi, egli vedrà la morte in faccia, per quegli inesorabili e terribilmente casuali eventi del destino che accadono solo a coloro che sono diversi, ma grandi nel loro vivere fino allo spasimo una vita che non c’è.». Alessandra Crabbia
- Opera 9^ classificata: Color arancio di Maurizio Paganelli, Mercato Saraceno (Fc). Questa la motivazione della Giuria: «In un horror della solitudine e del degrado, un uomo dal passato controverso e sprecato, vive il suo squallido e alcolico ferragosto tra il letto e la cucina. La sua miopia, seppur invalidante, gli consente di vedere a malapena la bruttezza circostante, e lo protegge dalla tristezza. Ecco perché inforcare gli occhiali, significa vedere la triste realtà tutta intera, e il vuoto angosciante circostante. Unico compagno di vita è un pesciolino rosso, muto e triste nella sua boccia di vetro. Sveglio dopo una bevuta, l’uomo vedrà il suo unico compagno fuori dalla boccia, schizzatone fuori come per un suicidio. E’ il color arancio luminoso che l’uomo vede senza occhiali, il colore del pesce. Gli occhiali confermeranno tale evento e tale perdita. Simbolicamente anche il protagonista si annegherà nella fontana della città, spoglia e vuota per il 15 agosto. Persino quella povera salma sarà trovata in ritardo, con il riflesso delle grosse lenti degli occhiali. Inquietante e poco letterario questo racconto ha una originalità terribile, strascicata e indifferente, che crea uno strappo tra la realtà e il surreale». Alessandra Crabbia
- Opera 10^ classificata: La luna di Giuseppe Bortolotti, Modena. Questa la motivazione della Giuria: «L’autore racconta un efferato delitto e la sua morale, traendolo dalle fiabe narrate molti anni fa nelle stalle, mentre gli uomini giocavano a carte e le donne raccontavano fiabe o fatti reali o immaginari mentre filavano o rammendavano, nel tepore di stanze che non esistono più. Unica testimone del delitto è un astro sempre misterioso e enigmatico: la luna. L’uomo che uccide con una fucilata l’amico per un debito che non riesce a saldare, in una notte luminosa e terribile, sente la sua vittima ripetergli che sarà la luna a tradirlo. E la profezia si avvererà, perché il peso del delitto è troppo forte, e spinge l’uomo a confidarlo alla moglie in una notte di luna piena. Il segreto sarà divulgato per l’angoscia della donna e il colpevole finirà i suoi giorni in carcere. La semplicità di questo racconto senza pretese intellettuali, conquista e avvince. E’ la sua purezza a indicarci che ogni nostra colpa deve pagare. E la morale è che ogni nostro atto violento trova la sua punizione dentro o fuori da noi stessi.». Alessandra Crabbia
Opere Segnalate dalla Giuria con Attestato di merito:
- “L’equivoco” di Antonella De Marco, Milano. Questa la motivazione della Giuria: «Ironico e colmo di una leggerezza accattivante, questo breve racconto descrive un equivoco assai ilare: una donna felicemente invecchiata di 63 anni, tornata da una festa col suo cane nel sedile della macchina, viene richiesta con passione esplicita ad una fermata del semaforo da un giovane sudamericano, che la scambia per una prostituta. Il self control e l’aplomb della donna evitano l’incontro. Ma la delizia è di essere stata desiderata, di sentirsi ancora bella e femminile: e colloquiando con il suo cane, l’anziana si compiace dell’imprevedibilità della vita e delle sue infinite follie». A. C.
- “Un giorno nella vita” di Angelo Feggi, Genova. Questa la motivazione della Giuria: «L’ispettore Rossini, d’improvviso trova tutta l’estraneità della sua esistenza in una città che non ha più alcuna connotazione familiare, semmai paurosa e ansiogena. In un angosciante torturarsi girovagando per le strade che non riconosce più, cerca il senso del suo terrore, della sua improvvisa non appartenenza a un luogo che in modo subitaneo e schiacciante lo spersonalizza e lo fa deviare mentalmente. Episodio dai ritmi incalzanti e kafkiani che suggerisce solo la fuga dal non senso». A. C.
- “Tempus est” di Maria Francesca Giovelli, Caorso (Pc). Questa la motivazione della Giuria: «Una ricercatrice universitaria intuisce analizzando un reperto di Leonardo Da Vinci, che il grande genio aveva ideato la macchina del tempo, e mille segnali non solo empirici ma anche decisamente junghiani glielo confermano. L’incontro surreale e onirico con Leonardo confermerà tale tesi. Ma il maestro dirà di aver distrutto ogni possibilità d’uso di tale invenzione: il mondo la stravolgerebbe causando danni letali. Ben scritto e molto originale». A. C.
- “1932: la piazza dei miei ricordi” di Athe Gracci, Pontedera (Pi). Questa la motivazione della Giuria: «L’autrice, in una profonda e malinconica rivisitazione del suo vissuto, ricorda la piazza che l’ha vista crescere, che ha contrassegnato le sue scoperte, le sue illusioni, il suo primo anelito di libertà e il suo primo segreto amore. Con un’analisi proustiana di personaggi, odori, colori e profumi, assiste allo scorrere di un tempo perduto, colmo di miseria, ma anche di bellezza e rimpianto. Tutto finisce. Tutto muore. Nulla si ferma. A noi resta la memoria sottile di ciò che ci ha cresciuto l’anima e colpito il cuore». A. C.
- “Il corvo” di Simonetta Gravina, Roma. Questa la motivazione della Giuria: «“Il corvo” è Attena, cronista cinico e glaciale del corriere, incapace di qualsiasi sentimento di umana pietà, pronto a tutte le bassezze per ottenere il migliore scoop. Il corvo vive la sua vita da crudo vincitore, senza mai guardarsi indietro e senza rispettare le disgrazie della gente, perché la sua professionalità ferrea è prioritaria. Ma durante un sisma, rischia la morte all’interno di una chiesa e ha un’esperienza di pre-morte. Vivo miracolosamente, saprà di essere sopravissuto grazie a un dio che ama tutti i suoi figli, e il simbolo sarà un pallone rosso lasciato da una misteriosa salvatrice: il regalo tanto desiderato nella sua infanzia e mai posseduto. Molto commovente». A. C.
- “Cellule immobili” di Mauro Lama, Gorla Minore (Va). Questa la motivazione della Giuria: «Un figlio rifiutato, un aborto dopo una parentesi amorosa ed erotica perfetta: questo segna per sempre la vita dei protagonisti. Enrico preferisce rinnegare la vita e nemmeno è consapevole dell’acuta sofferenza della compagna, che sarà poi da lui abbandonata perché scomoda, sofferente e inconsolabile. In un lucido esame della propria crudeltà passata, dopo molti anni l’uomo si chiede ancora dove siano finite quelle cellule rimaste immobili nell’eternità, sperando che si siano rinnovate per chissà quale miracolo alchemico». A. C.
- “La rabbia inutile” di Silvia Marini, Tirrenia (Pi). Questa la motivazione della Giuria: «L’autore con l’io narrante, parla di se stesso come di un bambino diverso, continuamente in preda ad eccessi di rabbia incontrollata, di furori incontenibili, che continuano anche nella vita adulta e lo isolano e lo rendono spregevole agli occhi degli altri e di se stesso. Ogni tentativo di placare questa furia permea questa vita border-line, che non conosce pace finchè non trova l’amore di una donna. Ma lei non può accettarlo: desidera pace e sicurezza, e questo rifiuto obnubila nuovamente la mente dell’uomo. Quando la donna amata come prova d’amore gli chiederà di uccidere il suo rivale, il protagonista d’improvviso, in una folgorazione terapeutica, capirà di non poter uccidere, e guarirà. Forse i momenti topici della vita sono quando l’abisso è a pochi centimetri da noi, e noi fissandolo senza paura lo evitiamo». A. C.
- “La maniglia” di Gianluca Marini, Fonte Nuova (Rm). Questa la motivazione della Giuria: «La maniglia è l’oggetto simbolico della libertà: è quella dell’ufficio del direttore a cui rassegnare le dimissioni per riscattarsi da una vita ripetitiva e avulsa da ogni emozione. E Antonino teme e desidera quell’oggetto, ma sempre il suo coraggio cede di fronte all’irrevocabilità delle sue decisioni. La gabbia del suo lavoro lo trattiene e invidia chi riesce ad aprire tale maniglia e volare via. Ma la triste fine di un conoscente più coraggioso di lui, ex direttore tenutario di un pub, lo riporta drammaticamente sulla sua scia designata. Non sempre il vero coraggio è cambiare». A. C.
- “L’universo malato” di Monica Porta, Seregno (Mi). Questa la motivazione della Giuria: «L’autrice, vittima di una malattia per anni non diagnosticabile, trascorre la sua vita tra malesseri, incomprensioni, dermatiti, nausee perenni: finchè è l’esistenza stessa a diventare invivibile, invalidante. Esclusa dalla gioia, dalla normalità e dalla salute, viene tacciata di depressa, viziata, incontentabile somatizzatrice dei suoi disagi. Ma arriverà la luce attraverso l’esatta diagnosi di un luminare: allergia da mercurio, usato nella moderna tecnologia per la costruzione di molti oggetti e accessori quotidiani. Il calvario la porterà a guarire allontanandosi dalla città ed eliminando tutti quei fattori che generano il suo male. Il racconto si snoda con un senso di graduale disperazione e impotenza, fino ad arrivare alla catarsi. Si riflette così sulle malattie rare, così poco studiate perché non produttive a livello economico dalle multinazionali. Troppo realistico e sofferto per non essere vero». A. C.
- “Asole e bottoni” di Barbara Salvioli, Corropoli (Te). Questa la motivazione della Giuria: «Narrando la storia della madre artigiana, l’autrice ci offre uno spaccato tenero e acuto della realtà generazionale e lavorativa dell’Italia di quei tempi. C’è una incisiva descrizione del senso di classe e di dignità sociale di lavoratrici che contribuirono allo sviluppo e alla crescita della nazione, con immensi e incredibili sacrifici sopportati con forza matriarcale, e spesso salari irrisori rispetto le ore passate a consumarsi gli occhi nei lavori di sartoria. Eppure, dice la nostra autrice, erano queste le vere donne, fedeli tenutarie di una dignità che diventa luce di una fiaccola mai spenta». A. C.
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Opera 1^ classificata
Pierino Pini
La pace
Non più chiusi entro turriti confini
saremo noi ancora prigionieri
di una passato discorde,
di funeste rimembranze,
quando lo storico vomere
rivolterà le zolle della nuova Europa?
E potrà, esso, spezzare le radici amare
avviluppate col fiore dell’odio
sui disseminati cippi?
E quei reticolati,
spine di ferro senza rosa,
sepolti giaceranno
oppure una bandiera
sarà ancora sentinella?
Ma l’onda che scorre,
ancora rossa di sangue
in un ricordo nefasto,
non trattenga il passato
e da gorghi oscuri
più non nasca l’odio,
l’onda con la nuova terra
sia limo per la pace.
Così non più memori
d’infausti eventi,
deposta la corazza
e armati di pace,
nel vento dell’avvenire
si disperdano tutti i retaggi.
Non andremo allora
a pascere, nei campi del passato,
pensieri fatti di rovi,
ma legheremo insieme,
come un grande covone,
parole e culture
sul nuovo prato d’Europa.
Opera 2^ classificata
Pietro Catalano
Madre Italia
Sei nata da grida
di vinti e vincitori,
dal sangue di ragazzi
che parlavano lingue diverse.
Molti figli tuoi sono partiti
con navi cariche di speranza
portando nel cuore
un pezzo di pane nero
e la promessa di ritornare.
Oggi altri figli
sbarcano da terre lontane,
la luna in fondo al mare
fatica a scorgere occhi lucidi,
memorie dei nostri padri
in terre lontane
che disegnavano con gesti
il linguaggio dei fanciulli,
quasi accarezzando parole perdute
nelle stive dei ricordi.
Opera 3^ classificata
Stefano Tonelli
Dolore
Tu che sei la Vita di Tutto
Ciò che Esiste e che conduci
il pulcino e l’elefante,
l’elettrone e l’universo,
la luna e il cielo stellato,
il granello di sabbia e il profilo
dentato delle cime e il vasto mare,
le campagne e le città e tutto l’atlante,
e pure chi scrive questo verso
come un povero diavolo che s’è perso:
non dirmi soltanto
che tutto è bene perché è così,
che il dolore è il miglior carburante
per i poveri testardi che vivono
un sonno più duro della morte,
e che comunque siamo
nel migliore dei mondi possibili
ove ogni sciagura
è una lezione da cui trarre
giovamento, che per sua natura
ha in sé un segno d’evoluzione.
Tienimi piuttosto gli occhi
spalancati, l’animo desto e forte,
la mano pronta a cogliere
qualche allusione terrestre
di Buono di Bello e di Giusto
che, pur se tanto ottenebrato
s’accoglie nell’anima mia.
Cercherò d’ascoltarne la melodia
e di appagarmene al bagliore,
anche se con un certo qual magone.
Opera 4^ classificata
Giuseppina Morrone
Non chiedermi perché
Non chiedermi perché mi sento stanca
e non sopporto i discorsi grossolani
io cammino, tu cammini con le mie mani in mano
e per le strade più nulla è uguale
la Pasqua, il caffé e la mia ironia
non riesco a smacchiare l’inquietudine dall’anima
il dolore dalle ampolle dei miei occhi.
Non chiedermi perché continuo a scrivere
ritagli di emozioni conservate
su un foglio bianco scrigno di memoria
a rinforzar lo sguardo con il bistro
sinistro, morso velenoso tentatore
non voglio che la morte quando arriva
mi trovi già miseramente morta.
Opera 5^ classificata
Vincenzo Elefante
La colomba
La morte
è una colomba
che viene dall’Ovest,
che porta nel suo becco
l’ulivo maledetto,
gridano i minareti.
È un soldato che viene da lontano:
parla di libertà col cuore in mano,
ma è pronto a sparare.
È come una pallottola
verniciata di pace,
un cofanetto dal cuore avvelenato
nelle acque dei Tigri e l’Eufrate.
È un grigio signore in doppio petto
che tuona dagli austeri
palazzi del potere,
fanno eco le palme ai minareti.
È la luna di miele
tra le Sette Sorelle
e i Sette Angeli Neri della Borsa
sopra la nostra pelle.
Opera 6^ classificata
Alessandro De Luyk
Confini Meja
Cavi ritorti d’acciaio, nuova via, nuova stradaÉ
dalla terra sventrata e dolente
finalmente lacerati e scomposti
dalla mano dell’uomo.
Dalla stessa mano
impietosa in un tempo lontano
piantati
a sostegno di garitte di confine,
sofferto e muto teste d’una piccola storia
di umani sempre divisi.
Divisi
da religioni, da lingua ed etnia.
Divisi, in fondo,
dalla sola loro paura.
Con loro spezzate le tante barriere
ed altri sessanta
inutili anni della nostra storia svaniti.
Cavi ritorti d’acciaio, nuova vita, nuova strada…
La fantasia cavalca un prato di idee
fiorito di note musicali.
Opera 7^ classificata
Maria Piera Pacione
La terra trema
Ci sono avvenimenti
tragici nella vita
che c’inducono a pensare
che la fine è vicina.
La terra trema
ingoia l’umanità
per vomitare la sua rabbia
verso l’ingiustizia dell’uomo.
Eppure
nella sua crudeltà
ecco apparire angeli
pronti a soccorrere le nostre paure
ad accogliere le nostre disperazioni
ad ascoltare i nostri silenzi
di dolore.
A darci la speranza,
ora cieca
ai nostri occhi
ma viva
nel nostro futuro.
Opera 8^ classificata
Luca Previato
Io, sono io…
Io, sono qui
solo quando non mi vedo.
Quando rifletto
l’immagine di me sulle cose
che hanno un senso. E l’ombra mi piace
è compiuta
senza inutili dettagli
senza imperfezioni
senza età.
Io, sono io
senza lacci
senza scampo
senza ruvidi pensieri. E mi riconosco
nel carico di pioggia
delle nuvole più scure
e mi ritrovo
nelle luci alle finestre
di mattini ancora spenti. E sarò
sempre io
se al termine del giorno
avrò dimenticato ogni domani.
Tu non mi guardar
da fuori
fallo dalla serratura dei miei pensieri
guardami sempre
attraverso il prisma delle mie parole.
Opera 9^ classificata
Stefano Marangoni
Nessuno
Quando mi chiedi il nome
io ti dirò:
Nessuno.
Perché di nessuno è l’arte
di chiamare la vita per nome.
E salutare il giorno
e la notte
con soffuse parole
d’amore e di rabbia;
che si fondono in un
crogiuolo di luce.
Non altri che il Dio
della morte e del canto
sillaberà
il Mondo
che vedi, e quello
che consuma nell’ombra.
Ed altri mondi
che questi saranno a lui visibili,
ma la tua preghiera
si perde
nel vento.
E il vento la soffia
sull’Oceano infinito
e le gialle colline
che si chiamano
casa.
Qui io l’ascolterò
e dopo lungo silenzio
risponderò:
Nessuno.
Opera 10^ classificata
Nicoletta Dal Lago
Prima pioggia d’autunno
Riscopro la tenerezza del calore
con cui la coperta di sera
accarezza il mio corpo.
Le dita fredde dei piedi
si sciolgono come neve
al tepore della notte
e gli arti si rilassano,
lasciandosi addormentare
alla leggerezza del verso
dell’ultima rondine in partenza.
Non voglio dire dei colori
delle foglie sui rami
di cui pittori e poeti
cantano il mutato pigmento.
La mia mano si fa pizzicare
dal primo riccio di castagna
e assapora un retrogusto
di reminiscenze vivide, peculiari.
Con lenta euforia
Accolgo i fumi bollenti del tè.
Giro il cucchiaino pensoso
nella tazza ricolma;
la tisana allieta la frescura
mentre le idee si riordinano
sulla scrivania dell’ufficio.
Torna a essere un giorno più grigio
e la luce della lampada
supplisce al raggio di sole;
fuori il suono della pioggia,
amorevole nonna, ci parla di vita.
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