Lorenzo Cerofolini
Opera 1^ classificata
Viaggiando
La mia quiete vive durante
la tempesta dell’anima,
mentre il vento inonda di grida
la valle dei miei pensieri.
L’Alba dei ricordi odora
di foglie in volo,
mormoranti nenie
sulla culla del temporale.
Mai come oggi
mi sento ingordo di vita
e vergine di amore.
Il fiume dei miei segreti
scava un’altra fossa
in un pigro, eterno tormento.
Questa pelle pesa troppo
per portarla da solo.
Ho posto in alto la mia dimora
in ogni notte senza luna.
La fede arranca,
prigioniera del fango al disgelo,
mentre risuona il battito
nel fragore di stelle morenti.
Nessun treno scende a valle ormai.
Vieni ad incontrarmi
laddove anche il tempo
si è perso per strada.
Marinella Protopapa
Opera 2^ classificata
Ed è subito sogno
Non odio l’alternarsi
delle stagioni
anzi
la varietà delle cose
ha sempre scavato
in me
crateri di curiosità
però sono innamorata
dell’estate
soprattutto della sua notte
da cui non posso
mai
prescindere
perché è come
una calamita.
E allora sono lì
distesa per terra
a raccontare
i segreti pulsanti
nel petto
a quella notte
bramata
che diventa
manto
rassicurante.
Ed è subito
sogno,
sotto l’effetto terapeutico
di un’agopuntura di stelle.
Cristina Ruggiero
Opera 3^ classificata ex aequo
Il grecale
Correvamo per mano
inseguendo le spinte
di un vento da placare,
brezza calda di mare
a cui non sapevamo
dare il giusto nome.
L’aquilone sospeso
non voleva tornare,
come la rondinella
che di poco distante
imparava a volare.
Correvamo per mano
ma poi cambiò il vento
che sciolse le treccine
ed allungò le nostre ombre
sulla rena bagnata.
Oggi, il passo mio lento
soffre l’assenza del tuo
e mi chiedo se anche tu,
quando torna il grecale,
ancora cerchi lassù
un aquilone volare.
Anna Barzaghi
Opera 3^ classificata ex aequo
Parole senza volto
Abito in quello spazio di tempo
dove si perdono le nuvole
dove le mani s’intrecciano in una danza di sguardi
che si liberano dall’anima.
Scrivo di una goccia di giorno
scivolata dai miei occhi
mentre lieve s’imbeve il cielo
di un pallido ricordo di poesia.
Mi allontano nel silenzio del nulla
rimbalzando la mia ombra
tra le spirali di un sogno
abbracciata ad un brivido di vita.
E poi mi chiedo che nome avrà il domani
mentre sfoglio le pagine del destino
scrivendomi addosso parole senza volto
dietro ai vetri appannati del silenzio.
Intingendo pensieri nel calamaio del cuore.
Emanuela Dalla Libera
Opera 5^ classificata
Un’armonia mi prende
Quando il giorno disperde le sue voci,
e appassito scivola sull’argine
le palpebre chiudendo alle schermaglie
che grave il mondo tra le sue porte serra,
quiete assaporo dalle intricate trame
dissolte tra le ombre all’imbrunire
e nudo sguardo mi corre dentro il vuoto.
Ignoro della terra ogni sussulto
la sua malia riporto dentro l’otre
e in silenzio ascolto il firmamento,
conto nelle notti senza luna
le mute stelle incise dentro il buio,
e suono insieme al vento note di cristallo.
Un’armonia mi prende dolce come piuma
che l’aria muove e non lambisce il suolo,
così mi sento, e rido all’universo
e nell’incanto che affanno non conosce,
oltre le sponde che varcano il finito,
la mente sciolgo dalle ammuffite cime
che stretta dentro il tempo fan la vita,
lande percorro ignude di confini,
l’eterno abbraccio dentro l’infinito.
Massimiliano Chiappetti
Opera 6^ classificata
A te regina sera
A te regina sera, la più fatale delle belle,
mi diviene sempre più difficile resistere.
Si avvicina ormai il tempo di fermarmi,
mettermi in ginocchio, guardando in basso,
sotto il tuo regale mantello senza stelle.
Avrei ancora molliche da spargere
sulla neve per i passeri affamati,
avrei parole di saggezza, con gli anni
affinate, da cedere a chi mi ascolta,
avrei lacrime di dolore, poche rimaste
per il vero, che vorrei poter versare,
avrei mari ignoti da attraversare
alla ricerca, per un abbaglio di vita,
di altre aurore su terre non viste.
Rimanda perciò la molesta cerimonia
del nostro incontro da me non reclamato.
– Che mi chiedi giullare?
Sai di barare.
Sei come tutti ingrato,
dimentico del mio voluto ritardo…
Marina Lolli
Opera 7^ classificata
Ascolta
Ascolta, c’è un lieve fruscio che viene dal bosco,
qui sotto i tuoi piedi s’insinua,
lo senti?
La terra ti cerca, e quel gelo nel cuore riscalda,
la voce si alza sonora nel cielo che piano scolora.
Ascolta il fruscio delle foglie all’orecchio,
ascolta, parole di tempi lontani che adesso son qui
a ricordare.
Ti chiama lo senti?
La vita ti viene a cercare
e parla parole a te note,
son fiocchi di neve sferzati dal vento
son moniti antichi?
O dolci parole d’amore, che piovono
lievi
tra petali e fiori?
Ti stringe tra dita di rami
la terra materna,
ti culla, e leggero il suo tocco ti quieta,
ascolta, il silenzio accarezza il tuo cuore
la vita ti invita a danzare una danza diversa,
tu, lieve, ti stacchi dal mondo
e muovi i tuoi piccoli passi, su fragili zolle.
Impercettibile volo di foglia
fuggevole sogno
leggero
avvolto in un magico raggio di sole.
Ascolta, ancora,
è vita.
Nadia Vincent Cavalieri
Opera 8^ classificata
Siamo
Siamo ciò che sentiamo negli occhi,
quella essenza che vibra d’infinito
in fondo al nostro sguardo,
quel motivo magico
per cui il cuore ci pulsa
e ci muove le espressioni.
Siamo quando risuona l’eco della nostalgia
per richiamarci a sé
ed al suo cospetto ogni cosa si sgretola,
tranne la verità.
Come quando i rintocchi delle campane
inondano di malinconia la vallata
e ci si ferma un istante a sentire,
come per ascoltare Il suono della vita
che dentro ai suoi passi, imprime
l’intensità del proprio esistere
ed anche lì noi siamo
in quella profusione di emozioni,
velate della densità di quei tocchi,
che svuotano e riempiono.
Siamo quando come adesso che piove
e vorrei abbracciarti forte
che solo Dio sa quanto.
Siamo quello per cui il respiro
ci diviene poesia,
siamo quando l’anima ci trema
e quel vento che abbiamo dentro ci vola
ma soprattutto,
siamo quel qualcosa,
che di noi
è tutto questo.
Patrizio Pesce
Opera 9^ classificata
Tra arte ed assenzio
Se non conoscessi l’agonia
che lacrime di sangue
versano dai tuoi occhi più traditi
e ti vedessi sorridere al ciliegio di Rue Lepie
e vincere, nell’assenzio,
la nostalgia della tua bella Livorno
quando ancora la vita scorreva nei giorni
viola ed azzurri,
non ti direi Modì,
che non ci sono più gli alberi in Piazza Roma,
in questa città dove, ogni giorno
crescono i cieli e le gru del porto
e, più forte, odora
il vento selvatico dell’Africa.
Ma, ormai, quei giorni non verranno più.
Cruda è l’agonia
ed il tuo sangue scava un solco fondo ed azzurro;
si sono spenti, dentro, i fiori di poesia,
e fanno posto alla rabbia
che abbatte le cose
ed il diritto, nonché la ragione
e la fame di falsa gloria.
Ma tu sai benissimo a cosa serve la poesia;
la poesia è per me, e per te,
per gli altri amici eternamente liberi
per gli occhi splendidi della tua amata Jeanne.
Serve a versare il sangue di rubino dalle tue vene
nel fosso cupo
dove le tue insolite statuette africane, brillanti della tua luce,
nel marmo di Carrara
ed il mare, nostalgico di te, è rosso e stanco
come un lago che si abbevera del tuo sangue,
e sulle barche, in alto, gli anarchici
portano nell’isola
il Monsignore vestito di velluto.
Modì, Modì, o mio maudit, perché ti sei voluto distruggere?
Enrico Trivoli
Opera 10^ classificata
Solitudine
È notte e non dormo, Gina.
E non ho voglia di dormire.
Non mi piace scrivere lettere d’amore,
è per questo che non ne scrivo mai.
E il fatto è che non ti penso nemmeno,
perdonami, lo sai che ti voglio bene.
È la solitudine che sento
e non desidero nemmeno compagnia.
Forse non sto molto bene, è per questo forse che non dormo.
Brutta la solitudine, meglio non pensarci.
Ma non mi vengono cose belle da pensare.
Non ci sei tu.
Certo che vorrei stare con te.
Ti parlerei di cose nostre, non so, ponticelli d’amore entre nous
fatti da fili di ragno che poi ingrossano
come le reti del mare dove noi come pesci
restiamo intrappolati come stupidi
e ci stringiamo coi nostri corpi
umidi e viscidi d’amore
e il pescatore è un bimbetto dispettoso di nome Dionigi
ha l’arco e le frecce e ci colpisce
e ride come un matto.
Federico Orsini
Opera 11^ classificata
Rimproveri
Setaccio il passato negli sguardi che mi fissano da ore
E nei riflessi buttati sul muro per caso, dopo il passaggio di un treno.
Sono il bambino col rastrello e senza spiaggia
Che passa e ripassa il suo cubito di mare,
A volte ho bisogno di lanciare un acuto
Che sigilla con timbro di lettera, la verginità dei ricordi
Spezzati ai miei occhi che si rompono.
Labbra senza contorno assumono ogni espressione
Dentro il lenzuolo, tenuto da un padre, a forma di caverna.
Ma piango dei sogni altrui; assomiglio al vecchio,
Che rimescola le carte per giocare in solitario:
I granelli più spessi di vita rimangono.
La tristezza è un setaccio bucato.
Girasoli seccati dal sole. Piangere, isolarsi a monte, cercando
Una strada per conciliare il calore del corpo.
Ho la pelle troppo bianca: la testa, un prato senza recinto
E case, a cui sottraggo i mattoni del tetto.
È un giorno in più a rovinare la vita.
Le gambe fuse, come una bambola di plastica dimenticata
Sotto un abbraccio slogato. Erba,
Insanguinata di luce a metà sotterrata:
Stagni e pozzanghere, da cui rubo ematomi di cielo.
La ballerina che sembra donna dal vestito giallo e rosso
Sbiancato dal mio sguardo. Le braccia morte, a terra, fondono
Nella carta da parati di una stanza: volti sbiaditi, un solo volto.
Non ricordo se piove, se c’è un fuori; sembro un aggettivo, una sedia
Vuota in mezzo alla sala.
I ricordi cresciuti rimproverano.
È un giorno in meno a fare bella la vita.
L’odore di pelle più viva sparisce tra gli alberi:
Non c’è mai stato. E io mi diverto come un bambino
A mescolare colori annacquati, lasciando impronte sui muri.
Non c’è una trave che risuoni alle mie dita, in corsa.
Non c’è una musica che resti senza colore.
Maria Teresa Piccardo
Opera 12^ classificata
Playa del Carmen (Messico Atlantico)
Il lastricato di rocce laviche
su esigue strade e candide casine
brillanti sotto lampade divine
celebrano dei Maya storie ataviche.
Aurea falce di luna e oceaniche
stelle guardano le acque marine
che blandite da brezze vespertine
effondono natìe nenie antiche.
L’alba pur miro dalla eburnea sponda
e dell’acqua il mutarsi col nascente
sole in marea dorata e cristallina.
Il divo Hurakàn non agita l’onda
poiché Cozumel, isola ridente,
è rocca della torrida marina.