Emma di Stefano
Opera 1a classificata
Nati per caso o per amore
Sconvolge i pensieri,
il rumore del silenzio,
come pioggia battente
trascina via con sé
polvere e false verità.
Nati per caso o per amore,
scorriamo assolati deserti,
lande sconfinate
sino al mare infinito
nella tenace ricerca
dell’incommensurabile bene,
attoniti spettatori, intransigenti giudici
di un passato vissuto,
ma non consumato.
Inaspettato sguardo,
parole scritte nei tuoi pensieri
penetrano la mia anima
e carezzano un cuore
che mai si arrende.
Celate verità
prendono forma
e non si dissolvono
nel quotidiano vento
del nulla.
Scevra è la mente
da pregiudizi,
da esasperata razionalità,
sconfitta è la paura
di graffiarsi nel cogliere,
tra i rovi, la mora più dolce…
Elisa Cozzolino
Opera vincitrice del Trofeo Donna
Le betulle di Mir
E così, d’improvviso
un raggio di sole mi scalda e mi ruba
alla quiete del sonno, per sorprendermi
restituendomi le bellezze di un paesaggio
finora sconosciuto.
Sopita è ancora la campagna
e la vita si sveglia piano
nelle isolate dacie colorate.
Ti ho mai detto che tua nonna ha la pelle liscia
come quella di un bambino?
Dalla rugiada mattutina la nebbia, in perle,
evapora dai campi.
Non mi sono mai svegliata qui.
Immagino l’odore della terra e dell’aria di un mondo
che non mi appartiene.
Immensi boschi di betulle.
I tronchi, fusti bianchi, le foglie, gemme gialle
oro e argento, si stagliano nitidi
disegni di bambini
in un cielo azzurro terso, limpidissimo.
Alte, sagge, orgogliose linfe di vita
misteriose di leggendaria forza,
chiamano a riti di popoli antichi.
E tu mi guardi
inconsapevole, ignaro dei miei desideri,
dei miei sogni.
Nei tuoi occhi la semplicità e la dignitosa povertà di questa Terra.
Ma sfuggevole quanto lei
A me tu sempre estraneo sarai.
Inafferrabile sensazione di assaporare la vita,
di perdersi in questi luoghi desolati,
sospesa nella sottile ombra che divide il tempo,
che mi culla tra la felicità di oggi
e l’incertezza di domani.
Angela Caterina
Opera 2a classificata
Solo il silenzio…
Un impulso
mi porta di là, nelle tue stanze,
tra candide dita di gigli
e rossi garofani in vasi di cristallo.
Pulsa da una finestra socchiusa
il ricordo della neve,
che specchiava di gelo
l’inverno degli anni
dove il bianco si sposava alla rosa.
La sera rischiara
in illusione di rifugio,
tra fiammelle accese
di lucciole incantate
e fiabe bambine appese al soffitto.
Mi separa dal tuo cielo
una siepe di infelicità,
mentre affiora dentro l’anima
un desiderio di ninna nanna
e il palmo della tua mano
a riversare il dolore del mio pianto.
Riposano i tuoi pensieri
dove i sogni infiorano l’orizzonte
e i bucaneve sfumano in nuvola.
Di là, nelle tue stanze,
ormai sfitte del tuo cuore,
ora solo il silenzio – come pietra – sulle porte chiuse
a invocare la leggerezza
di un tuo sorriso.
Alessandro Sartini
Opera 3a classificata
Mandala
Come un monaco buddista
imbandisco con granelli di parole
i colori delle mie emozioni
e la forma dei miei pensieri.
Terminato il disegno, che raffigura
l’ordine delle cose, subito lo scompongo
passando la mia mano,
docile e inesorabile,
sul senso della vita.
Ciò che rimane è solo un febbrile solletico
sul palmo della mano.
Impossibile ricavare da una sensazione
le ragioni del tutto.
Il mio sorriso è partecipe
della sanità dei pazzi.
Sergio Baldeschi
Opera 4a classificata
Fatima…
Un eco straziato e grammofonico
rimbomba dal Medioriente…
sono le sferzate di una violenza
fredda e irrazionale,
inferte sull’innocua pelle di Fatima,
strappi di melagrana
che sciroppano amaro;
una fibbia d’ottone
le ha lasciato tracce indelebili,
slabbri di pura follia che non perdonano.
Lei, talpa ribelle,
percossa e umiliata
solo per aver osato scavare
un piccolo tunnel di libertà
e fuggire per sempre
da quella melmosa gabbia di seta.
Fatima si lecca le ferite,
la sua ombra ha tentato un allunaggio disperato
e come nebbia si è dissolta
nelle ostinate propaggini di un cielo senza sfondo.
Per lei nessun gesto d’amore,
i vitrei silenzi che ora la circondano,
suonano come pesante condanna
per una donna che ha avuto il coraggio
di mostrare i propri petali
a un deserto di rose pietrificate…
arido terreno che il vento erode e spazza via,
oltre quell’ignoranza che punge e graffia
più delle stesse spine.
Adesso che i suoi fragili pensieri
gli ottenebrano il cuore,
resta a vegetare dentro una cappa di piombo,
nella speranza che un giorno
la sua splendida gemma,
possa spaccare quella ruvida corteccia d’ottusità
che la comprime e le
soffoca l’anima.
Marco Balma
Opera 5a classificata
Tiberias
Se potessi camminare su quest’acqua
la brezza laverebbe le ferite
e potrei cercarti gli occhi stanchi
aggrappandomi alla veste
che il vento d’oriente fa tremare.
Se sapessi scivolare sul velo
dolciastro della fede
mi lascerei bagnare dalla tua potenza
e brucerei i dubbi e la memoria
spasimo eterno di profonda luce
Se sapessi dormire come roccia
e svegliarmi pesce pescato dal miracolo
potrei ascoltare la tua voce calda
che separa e unisce
e scolpire la pietra dura del perdono
Se sapessi riconoscere quell’attimo di storia
e farlo lievitare tra le onde
diventerei profumo
viaggiatore di costa
e nel tuo abbraccio
potrei finalmente sanguinare
Se soltanto potessi ricordare
di essere divino anch’io
sarei l’amore
come lo sei stato tu.
Tristano Tamaro
Opera 6a classificata
Messaggio in bottiglia
Una bianca spiaggia d’orizzonte,
infinita come una storia di mare.
Specchi di conchiglie adescano il sole
in un vago mormorare di barriera.
Sono appoggiato alla mia vita
e alleno il cuore a naufragare
sperduto in questo caposole
dove unica patria sono i ricordi.
Non ho verità da regalare, né porti sicuri;
ho camminato su una landa di nebbia,
lungo un paese d’incertezze e di addii;
come bandiera l’opporsi al dolore,
e il suo negarlo ad ogni atomo di vita.
Una bottiglia, fidanzata col sale,
interrompe il cantico della marea.
Vorrei affidarle qualcosa, un cenno,
una protesta al mio breve apparire,
ma ogni parola è un tranello dell’anima,
una favola che narriamo a noi stessi.
Soffio allora nell’imbuto di vetro
affidando alla tazza del cielo
questa mia tessera del mosaico ignoto.
Mauro Domenella
Opera 7a classificata
Verso i tuoi occhi
Ed è un lasciare di squarci di mare,
di scogli e spiagge d’avorio,
di pini curvati ai libecci,
verso cortei d’acacie alle rampe,
primi baluardi al domino del vento.
E si viaggia tra fazzoletti
incastonati nella scacchiera della terra,
chiazze riarse dove la spiga
ha concesso il tributo alla falce.
E inerpicarsi su per i filari,
al ticchettio delle roncole
tra il sangue delle vigne
che raccontano la liturgia della campagna.
E poi lambire guarnigioni
di ulivi ritorti, di esigui querceti,
vecchi guardiani marcati di solchi…
Il viaggio finisce,
s’acquieta il ruggito del motore.
Quanta fragranza tra i prati,
dove ogni filo d’erba,
con riverenti inchini,
si contende la bava del mattino,
e la fiamma del rosolaccio
dondola con le sue vesti.
Ecco i tuoi occhi di cielo.
Ora, solo la girandola dei baci e degli abbracci,
e il vento nel fogliame
che frulla per noi in una moltitudine di farfalle.
Silvia Minardi
Opera 8a classificata
Aghi di pino
Come aghi di pino
le tue parole
penetrano crudelmente
nella mia pallida carne
pungendo l’anima senza alcuna pietà,
sopita sotto una delicata
pioggia di speranze,
vane ed eteree…
Come aghi di pino
il tuo sguardo distrugge la mia quiete
fallace ed ambita,
il tuo silenzio assordante
come suono di catene
svilisce il mio sorriso,
indossato con orgoglio e finzione…
Aghi di pino
tra pensieri e parole,
lacrime e sospiri,
sogni e paure;
aghi di pino
come crudele assassino
a scorticare il sogno di oggi
e a lacerare quello di un domani
sospeso silenzioso tra cielo e terra.
Giovanni Caso
Opera 9a classificata
Scriveremo ancora dell’erba
E torna bianco a respirare il cielo,
un nembo si disperde, un cirro implora
veste d’aurora. Intanto noi volgiamo
l’erpice al giorno, forse all’illusione
d’un tempo che rovescia sul quadrante
fusi d’istanti, melodie di niente
all’ara della vita.
Ed incontriamo
farfalle urlanti fronde di misteri
nei vicoli inurbani, androni colmi
di sillabe spezzate, e cocci, e pietre
d’ore sognate, l’olio del dolore
in anfore di casa, il rosso ansare
di fughe.
E ci parliamo di questi anni
esasperati da continui assalti,
una ferita sanguinante in pugno,
l’orrore dei massacri, e li vediamo
fanciulli che si schiantan sulle mine
e gli aquiloni infranti e l’immondizia
che morde il sonno.
Scriviamo ancora
dell’erba che sussurra una speranza
al flauto del silenzio, torneremo
a riscoprirci l’anima, il pulsare
di luce nel fermento delle cellule,
e tutto sembrerà immortale al cuore
come quel vento che ci visse allora.
Eleonora Barbaro
Opera 10a classificata
Dolore
Una sfilza di aghi sottili
mi trapassano la pelle
impedendo ad un sole di scaldarmi.
Un sole per cui ho dolcemente bruciato in sublimi istanti.
Dentro me
una fredda pioggia
lava via la lucidità.
Giusta è la scelta
ma annebbiata è la strada.
Son pervasa dal dolore:
il dolore straziante, lacerante
di chi c’ha creduto,
di chi avrebbe dato la propria vita per un sogno.
Che poi è svanito,
così celere,
infrangendosi tra gli scogli del mondo,
svuotandomi l’anima.
Prima ancora che potessi capire.
Resto incollata al passato,
quel passato che io stessa ho tradito,
in colpa per un presente che non riesco a toccare.
Vivo inconsapevole
mentre dentro muoio,
racchiusa in una corazza di tristezza
in cui mi difendo dalla vita.