Lucia Ingegneri
Opera 1^ classificata
Aspirazioni dell’anima
S’espande la luce
di un giorno appena levato
fra calde saette di sole,
con i pensieri che aleggiano
come soffi di vento
in un presente d’attese,
di desideri mai acquietati,
di speranze riflesse
da bagliori di sogni.
Tutto s’accende
nelle aspirazioni dell’anima,
tutto s’ammanta
dei colori della vita,
sradicando sterpaglie
che velano
sfumature di profumi.
Il cuore s’illumina,
cristallizza di trasparenze
la mia essenza,
invia carezze di luce
e sorrisi di vita.
Erika Di Felice
Opera 2^ classificata
Ho chiesto il tuo mistero
Ti racconto il sogno che non sai,
mano dolce che accarezza
la pace oscura dei miei giorni.
Adesso che mi abiti in silenzio
il tuo volto è sabbia al vento
che mi punge con ferocia
nel suo gelido volteggio.
Ma ti ho chiesto il tuo mistero.
E ascolto sull’orlo del destino
il fragile respiro del ritorno.
Renata Sveva Folco
Opera 3^ classificata
Paura
Non temo te, vita, ma me stessa
quell’orda di emozioni che mi coglie
e che negli occhi tuoi, luce riflessa,
vede solo le sue e non le tue doglie.
Certo tu uccidi e spacchi, accogli ed abbandoni
tu leghi e poi separi, tu menti e lasci fuori
i figli delicati e i più teneri suoni,
sei fatta di note crude, di negati perdoni.
Tu premi la viltà, disprezzi l’innocenza
dai guerra che ci uccide e cieca indifferenza
tu ami il can che morde, non metti la catena
e lasci l’uomo solo con tutta la sua pena.
Però della speranza tu accendi la candela
negli occhi di chi ama, in quelli di chi spera
di chi con il coraggio alle virtù anela
di chi attende il mattino, sul fare della sera.
Io ho riso a te aggrappata, ho fatto tante cose
ho trovato la mia strada, l’ho persa e ritrovata
ho avuto voglie e attese, ho dato e preso amore
ma poi l’ho persa ancora, dal buio cancellata.
Speranza io non ho più, l’ho spenta, l’ho uccisa
l’ho smarrita nella lotta, con le mie armi spuntate
anzi fin dalla nascita ne sono stata priva
quando già conservavo tutte le pene andate.
Non ho paura di te, vita, ma di me sola
dell’orda di emozioni che non provo
di questo uccello nero che non vola
del sole ormai lontano che non trovo.
Sergio Baldeschi
Opera 4^ classificata
Tu mi parli del Sessantotto
Tu mi parli del sessantotto,
di quel movimento femminista
per il quale hai lottato,
rivendicando con orgoglio
il libero arbitrio del proprio corpo.
Ripensi a quelle pietre scagliate
verso l’atavico ruolo del super uomo
che non condivideva quella misogina ribellione.
Sembrano passati secoli,
da quel cielo tinto di rosa,
ma svoltando la curva del Novecento,
si possono ancora sentire
quei midolli allungati
che urlavano ai quattro venti
il motto delle streghe.
Eppure dentro di te, una ferita sanguina,
in riferimento ad una divinità,
feroce, crudele, primitiva.
E allora non puoi far altro
che leccarti le ferite
per quella battaglia incominciata e mai finita.
Due lacrime ti solcano il viso,
miriadi di stelle s’infrangono nei tuoi occhi
mentre le labbra mutano il verbo
e si fanno coscienza.
Una voce dimessa, interrotta,
mi parla di un mondo sommerso
dove fibbie d’ottone creano slabbri di pura follia.
Dove una donna è solo un oggetto di piacere
che non può studiare, ridere, pensare.
Dove l’adulterio, è un motivo in più
per finire sepolti vivi,
con il viso avvolto da un sudario
ed una folla che inneggia al martirio.
Dove una donna, è solo un bersaglio.
Chi non ha peccato… scagli la prima pietra.
Maria Chiara Firinu
Opera 5^ classificata
Domani
Domani non so che cosa mi dirà il cielo,
che profumo avrà l’aria entrata
dalla mia finestra.
Guarderò fuori per farmi raccontare
come sarà il giorno.
Già da ora fiocca la neve,
leggera, rara, nascosta:
qui non sempre si mostra.
La miniera dorme, è silenziosa;
non la sveglia il vento,
non la sveglia la neve.
Il vento può soffiare forte,
la neve può fare una coperta bianca ma…
da molto tempo, ormai,
il lavoro manca.
E lei non ha più bisogno di niente: né di occhi, né di braccia,
né di luce di candela per scendere laggiù:
ma quel “riposo silenzioso”
fa pensare.
Il vuoto del lavoro è doloroso,
il minatore aspetta irrequieto
che ritorni il giorno buono:
per poter vivere, per continuare a godere.
La neve coprirà tutto quanto,
la montagna, il sentiero e della miniera l’impianto
che ha dato la vita, la morte ma anche il canto
a quel rumore amato,
nel profondo della terra, della mia terra.
Ma il sole tornerà sicuro
per sciogliere la neve, il buio della mente
e i pensieri tristi che non servono mai.
Giovanni Codutti
Opera 6^ classificata
Istantanee
I
Con fatica ho arato
con speranza ho seminato
con fede per la pioggia ho pregato
con il cuore in mano ho aspettato
il germogliare di quel seme.
II
Piove su giorni vuoti
su amori venduti
su sogni deserti
su promesse tradite
su amori comprati.
III
Corsa di farfalle
sul silenzio del fiume
su perle di rugiada
sul frusciare delle foglie
sulla musica del vento.
IV
Famigliari rintocchi
risvegliati ricordi
trapassano la notte
come luci di un treno
che scompare veloce.
V
Deserto di dune la vita
la prima le altre nasconde
su sentieri sconosciuti
inutile ricerca
di un’oasi dopo ogni duna.
Carlo Battistella
Opera 7^ classificata
Il bosco di castagni
Ho aspettato a lungo il tuo ritorno
Sono stato nel bosco e ho scelto i legni più buoni
E ne ho fatto un fuoco
Un fuoco che doveva durare secoli
Ma tu non tornavi
Allora ho accudito il fuoco
Ho messo altra legna
Ti ho cucinato quello che ti piace
Perché al tuo ritorno non sentissi freddo
Perché al tuo ritorno non avessi fame
Ma tu non tornavi
Ho vegliato a lungo
Per giorni e giorni
Sono tornato a casa
Quando ho capito che non ti avrei rivista
Dov’eri? Avevi smarrito il sentiero?
Forse avevi scelto di fermarti altrove
C’è ancora un fuoco basso e largo
Nel mezzo del bosco di castagni
Si dice che lui l’abbia acceso per lei
Molto, molto tempo fa
È un fuoco che scalda ma non brucia
Che arde ma non consuma
Né il vento né le intemperie ne sopiscono la fiamma
Ogni tanto si può vedere qualche pellegrino
Si ferma per la notte, a scaldarsi
Qualche boscaiolo, si ferma per il pranzo
Qualche coppia giovane di fidanzati
Lei non è tornata, ma il fuoco arde ancora per loro
Per chi cerca riparo, alcova, rifugio, luce, calore
E loro ringraziano
Gettando rami e pigne per non spegnere la fiamma
C’è ancora un fuoco largo e basso
Nel mezzo del bosco di castagni
Anche se lei non è mai tornata
Mariateresa Biasion Martinelli
Opera 08^ classificata
Storia di una donna che sapeva amare…
E trascinavi i tuoi passi stanchi
su quella terra di acqua e riso.
Dentro il tuo ventre un dolce segreto,
inviso ai benpensanti.
E ti chinavi su quelle risaie,
così lontane dalle tue montagne,
dalle tue cime di neve bianche,
dalla tua terra, da un altro figlio.
Chiudevi la sera la vecchia porta
sulla solitudine senza speranza:
sulle tue spalle l’ingiusta condanna,
dei soliti benpensanti.
Distese d’acqua e frinir di cicale
nella calura di un’estate afosa.
E schiene piegate sopra quei campi,
fra i canti antichi delle mondine
e bisce striscianti, viscide come
il mormorio dei benpensanti.
Un pugno di riso a placare la fame,
un riso aspro dentro il tuo cuore.
Fra terra e acqua ti trascinavi
col peso dolce di una creatura,
col peso immane della tua colpa,
così chiamata dai benpensanti.
Ma tu sapevi semplicemente amare,
non così loro: i benpensanti.
Marco Michele Lanz
Opera 9^ classificata
Atavica amica
Fazzoletto candido,
lembo forse
di bianca bandiera,
ho lasciato
sulla mensola
accanto alla porta.
Si appanneranno
gli occhiali
atavica amica,
quando d’inverno
entrerai silenziosa
nella stanza dischiusa.
A scaldarla
il respiro d’una vita,
il tepore d’un corpo.
In un angolo remoto
all’ombra ferma
coriandoli d’amore
in impalpabile tela.
Lucia Lo Bianco
Opera 10^ classificata
Non so ancora come amarti
Non so ancora come amarti,
sfioro il tuo cuscino,
mi perdo tra le pieghe del cuore,
osservo il giorno coi colori
dell’autunno cercando te,
ma il sorriso viaggia
verso lontani orizzonti,
il tuo profumo si confonde
tra le essenze della terra.
Non so ancora come amarti,
sarà il vento che chiude
occhi sbiancati dal sole crudele,
sarà la luna che più non consola.
Non so ancora come amarti,
anima tremante sul limitare
di un mondo senza luce,
vena palpitante
al ritmo costante
di sangue che scorre.
Non so più come amarti,
non ho parola
che mi squadri dentro il petto,
non ho pensieri
che odorino di te e di me,
non ho sembianze
di umana natura o divina speranza,
non ho una bocca
per asciugare il tuo dolore.
Annalisa Potenza
Opera 11^ classificata
Donna
In ogni parte del mondo
fin nei più remoti angoli,
batte il tuo cuore, donna.
Vicino ad una culla,
accanto al letto di un malato,
nei luoghi di lavoro e di svago
si posa la tua mano d’angelo.
Quale meraviglioso disegno divino
volle strappare la luce alle tenebre
e donartene un raggio,
affinché, con la tua grazie infinita,
illuminassi il mondo!
Madre Terra ti regalò umanità,
candore e gentilezza.
Padre Cielo forgiò in te praticità,
flessibilità e concretezza.
Dalla loro unione nacque il tuo equilibrio,
la capacità di non perdere la speranza,
di rialzarti dalle difficoltà,
di ricominciare dall’inizio.
Ovunque tu vada
brillano serenità e pace,
gli animi agitati si placano,
ogni umana discordia tace.
Chi non ti capisce,
ignora, in realtà, la tua vera natura.
Chi ti ferisce,
verosimilmente, di te ha paura.
Paola Masiero
Opera 12^ classificata
Luciano l’elettricista, classe 1936
Ci hai portato giù in garage
«venite vi faccio vedere delle cose»
E abbiamo viaggiato nel tempo
sulla navicella del cuore
leggeri come sorrisi, dolci come baci
Hai aperto le scatole, sì,
le scatole, quelle dei ricordi
pensieri han preso forma e il volo felici,
colibrì variopinti sulle nostre spalle,
l’allegria di mamma, i televisori smontati
una selva di valvole di vetro e metallo
misuratori di elettricità e di vita
E tu tornavi a casa in bici, portando
dalla mensa il cibo per noi bambini
nelle schiscette di metallo;
mi sono commossa al loro cospetto:
perfette, lucide, disoccupate
E i campi intorno non esistono più
boschi dove mi nascondevo a fantasticare
e fili di corrente, serpenti in sala da saltare
Poi hai aperto un armadio sopravvissuto
e sono arrivati i miei diari di scuola
gremiti di foto, affollati di emozioni
Eccomi, ciao piccola, ti ho trovato
ho vagato a lungo, ma ora sono qui
Ho guardato la mia allegria, raccolto le lacrime
sulle montagne russe dell’adolescenza
ho seguito con le dita i sogni,
e ho trovato i tuoi occhi, padre mio