Sergio Baldeschi
Opera 1^ classificata
L’arredo
In precario, funambolico equilibrio,
cammino sull’instabile filo
di una gloriosa memoria
che ancor mi celebra.
Ma la placenta di luce
che trafuga palpiti all’infanzia
non può sottrarmi
dall’obsoleto arredo di una fabbrica.
Dentro quella bava di luna
dove il sangue luccica metallo,
cresce un movimento che mi precede,
un rituale pieno di ruggine
che macera sogni in polvere
e li diluisce in fatture e bollette.
Davanti ad un portone buio e scarno,
bussano le nocche
della mia sovversiva resilienza
e lo fanno per sopravvivere
alla vena di un tormento
che mendica solo epiloghi irrisolti.
Balorde nostalgie o cos’altro,
quelle redenti chimere in evoluzione
e quei brividi inconsulti
che nascondevo nelle tasche di bimbo.
Vorrei bere un sorso d’universo,
tornare una scheggia di sole impazzita,
sentire ancora il canto delle stelle
e la voce di flauto
che vibrava sulle ginocchia di mia madre.
Naufrago e smemoro,
per un attimo risalgo il fiume dei prodigi,
m’incielo nella rugiada di un sogno
e nella clessidra che annulla gli incanti,
ritrovo quel bambino
che del mondo… aveva fatto il suo arredo.
Elisabetta Liberatore
Opera 2^ classificata
Monologo notturno
Alta sui nostri sguardi attoniti
è la fissità siderale gelida
sulla febbre dei nostri istanti
graffiati su superfici ghiacciate.
Raggelati i tuffi del cuore
in gherigli murati entro gusci rugosi,
quando folate di venti irrequieti
sommuovono vertigini
nei sacrari eretti su plaghe
di gioie serrate.
In un pullulare di voci,
pallidi echi di domani mai giunti,
l’astro tagliente sgretola
le tenebre in fiochi barbagli
argentei mentre un viola
corrugato sigilla speranze effimere
in un capogiro di calici
imperlati d’ebbrezza.
L’ estasi della notte
remota e spietata assedia
la castità dei nostri eremi.
Non rimangono che preghiere erranti
in un labirinto di lucerne,
mazzi di fiori votivi
sulle curve dei nostri attimi.
Marianna Gagliano
Opera 3^ classificata
Infine…
Quando il bagliore estremo fremerà
su tiepida e cadente impalcatura
e fra serrate labbra muteranno
in fiati smunti e lenti, i tanti versi
già ripetuti e scritti mille volte,
si avvolgerà l’adagio dei ricordi,
finché il ritroso passo rimarrà
impigliato in perlacei sassolini
riflettenti gli amati volti incisi,
muraglia di sostegno al petto, forte
corazza contro flussi di dolore.
Nessuna nostalgia per altra cosa,
lasciata in questa sponda, coronata
da verdi valli e mari e cieli azzurri,
porterò in me dei giorni ormai passati
l’immensa gioia per avere amato.
Dario Marelli
Opera 4^ classificata
I tulipani di Lisse
Occhieggiano al sole, sgargianti,
sotto il cielo striato di maggio
i tulipani di Lisse.
Non sanno delle memorie sgualcite
nei sottotetti di Amsterdam,
dei turbamenti di Anne,
delle speranze recise.
Accarezzano ignari il sospiro del vento,
distesi nel prato, infondendo quiete.
Hanno l’incanto della giovinezza,
di chi non si è annullato,
di chi non ha perduto tutto.
Erano solo ieri le sirene
che ululavano al buio, le biciclette
abbandonate nel ghetto,
fiutando la fuga.
Era solo ieri il tuo sguardo d’amore,
dentro te il mare e la paura di annegare
nel retro della casa*.
L’umanità umiliata.
Oggi a Lisse di maggio,
ammassati nei campi,
si lasciano ammirare i tulipani.
Indossando la gioia, inneggiando alla vita.
Ad Anne Frank
“Il retro della Casa” indica l’alloggio segreto ove si nascose Anne Frank
Chris Mao
Opera 5^ classificata
Sine Die
Di buona norma fugace
il bisogno d’amore tracima
dal secchio dell’ordine quotidiano
e diventa preda nelle ore
di ogni candida minaccia.
Chi sorveglia le città
all’ombra delle azioni altrui,
chiede dazio alle abitudini
e nel furore delle rinunce
costruisce dubbi e vendette
per una rivoluzione meschina.
L’esatto colore della giustizia
si nasconde allora
nella foce di ogni riscatto,
dove cuore e polmoni
sprigionano proteine
d’orgoglio e bellezza;
gli antidoti per ogni pena.
Francesca Croci
Opera 6^ classificata
Elegia marina nella deriva del’infamia
“Col mare
mi sono fatto
una bara
di freschezza.”
(Giuseppe Ungaretti)
Galleggio ancora viva
sulla mia futura tomba.
Ogni orizzonte negato od agognato
è solo inferno.
Sospesa sono
su abissi d’acqua
salati e raggelanti
come le lacrime dei bimbi,
pericolosi e ostili
come ogni sguardo decretante la sentenza.
Nessuna resistenza più
– ora il sollievo è nel lasciarmi andare,
immaginarmi prezioso nutrimento
per le creature marine
voraci senza odio o accanimento.
(Altro è venir sbranata
quando nel cuore ancora palpita speranza
– squartata anima e viscere –
spolpata dalle insaziabili mascelle del ludibrio,
talamo e ricco desco
per miserabili ominidi arrapati
dediti alla turpitudine e al saccheggio.)
Galleggio stancamente
oramai sola
su questa buia paura senza sponde.
Galleggio sul futuro liquido di tomba.
Il dolore così a lungo trascinato
è scivolato lieve via dalla memoria.
E quando – infine
la mia paura
affogherà con me,
allora forse verrà il tempo
in cui farete i conti con la vostra.
Maria Colombo LGE
Opera 8^ classificata
Babbo
La memoria chiudeva il suo portello.
I dolci capelli bianchi seminavano i giorni.
Lui, era sempre allacciato alla vita,
porto misericordioso,
però, gli tremolava una lacrima,
più d’una, negli occhi.
Capiva il vecchio capitano
che gli pesava addosso tutto il carico.
Era un bimbo d’argento
col suo pianto trattenuto
e mi chiedeva scusa.
Povero babbo mio, curvato dalla malattia,
indolenzito nella barca dell’età.
Lasciarsi battere dai venti,
lasciare che la tempesta ti flagelli
e sperare nel miracolo.
Costruire cristalli di luce col tuo pianto,
lasciare solo un abbozzo di noi,
mirando all’invisibile.
Giovanni Codutti
Opera 9^ classificata
La strada degli anni
Ore infinite
sulla strada degli anni,
alle spalle
il passato è diventato antico.
Imprigionando se stesso
si restringe il futuro,
oltre quella strada
un sentiero tinto di ombre,
un confine greve
dove l’andare
si perderà nell’essere
in chissà quale altrove.
Ho visto
Ho visto i nostri destini
fondersi in uno
per inseguire l’amore.
Ho visto il mio sguardo
immergersi nel vento
per abbracciare il tuo respiro.
Ho visto il tuo sguardo
aggrapparsi al cielo
per non arrossire.
Ho visto le nostre parole
tendere la rete
per catturare l’amore.
Lucia Lo Bianco
Opera 10^ classificata
Ti vedo ancora da lontano
Ti vedo ancora da lontano
ed è presente il tuo ricordo,
annegavamo in giorni senza tempo
tra le rose e i papaveri nei campi.
Vedo ancora il tuo sorriso,
raggio di luce in un fiume di parole,
fragole e more pendevano dai rami
e i nostri anni pieni di promesse.
Ed il mio sguardo sa di te,
dei baci caldi che ancora non ho avuto
e delle note su ali di farfalla
che raggiungevano il cuore tuo e il mio.
Ancora gli occhi riescono a vedere
nel turbinio di anima e di pelle,
tra sole e luna dipinti all’orizzonte,
i nostri corpi stretti in un abbraccio.
E veleggiando so ancora immaginare
noi due sospesi tra terra e ciel crudele,
i nostri odori dispersi tra le piante
in un mattino che sa di primavera.