Domenico Livoti
Opera 1^ classificata
Misciöo
C’è un luogo dell’anima
nella Val di Giüst
dove le ombre escono alla sera
e disegnano danze alla luna
sotto il monte che incombe tra le rocce!
C’è un luogo del cuore
nella Val di Giüst
dove non trovi più bambini
nelle pozze colorate del Liro
e non sai e non capisci più il perché!
C’è un luogo dello spirito
dove puoi forse dire una preghiera.
Dove il silenzio è così forte e radicato
che puoi benissimo inventare una canzone
per lanciarla al monte come un lupo solitario.
C’è un posto nella Val di Giüst,
miei cari e increduli fiöo,
con un nome insolito e strano,
che si chiama, ascoltate, Misciöo!
Rosa Maria Corti
Opera 2^ classificata
Ode semiseria a un laveggio in pietra ollare
Nacqui alla luce con tanta fatica
e le mie fasce non furono di lino,
ma presto mi dissero: «Come sei ben tornito,
sei il più bello che mi sia mai riuscito!»
Dopo tanto freddo laggiù nella “Trona”
ora mi riscaldo ad un soave fuoco,
in me ribolle la più disperata cosa
ma fuggono i veleni in lontano loco
e a chi con garbo mi tocca dentro
so trasmettere forza e sentimento.
“Lebetes”, “lavets”, mi misero nome,
in tempi lontani fui magico graal,
«Rezia, salute!», dicevano i padri
mescendo il vino, levandomi al cielo,
e spronando la prole cantavano canti
che parlavan di patria, che parlavan d’amore.
Pazienza d’artigiano oggi mi ridà la vita,
conosco nuovi mondi e piazze e case adorno,
dal Mera spumeggiante al lontano Sol Levante
di nuovo son l’alfiere di maschio, alpino vanto.
Nata a Piuro, presso un crotto, nell’estate 2008, rielaborata nella primavera 2009
Anna Maria Marsegaglia
Opera 3^ classificata
La ballata dei giorni e delle ore
Sera di cenere e di vento…
stasera ad Olmo si sofferma il Tempo,
un’ombra solitaria che si posa
sui gradini di un’antica casa.
Con voce fioca mi canticchia piano
la ballata dei giorni e delle ore
ormai compiuti, fuggiti via tra i picchi,
virgole brune come voli di falchi.
Erano giorni di grilli e di ciliegie,
di piume svolazzanti nei cortili
e vivaci spruzzi rossi sui dirupi
di rododendri e di sassifraghe.
Ore di fresche macchie di mirtilli,
di more luccicanti in mezzo ai rovi,
sere nei crotti tra risate, canti
e fiabe sonnolente accanto ai fuochi.
Tempi svaniti nell’ombra dei sentieri
dove rimane nei lisciati sassi
traccia di lesti o affaticati passi
odorosi di sudore e muschi.
Sera di vento e di malinconia,
brillio in cielo come di pianto lontano…
il Tempo ora se n’è andata via,
di là del cielo, verso un arcano fine.
Sotto le stelle dormono Chiavenna,
la Val Bregaglia e la Valle Spluga…
sognano i poeti ed i bambini
di ore gaie là sulle montagne.
Angela Catolfi
Opera 4^ classificata
Nel canto della montagna
Architetture audaci toccano le nubi,
come fortezze in bilico
tra terra e azzurro,
baluardi di speranze
verso l’infinito.
Rimango in immobile stupore,
dentro una morsa
che mi stringe
con il respiro delle pietre,
con i fitti alberi
a sostegno del cielo.
Alzo lo sguardo
e mi ritrovo a volare
in un sogno ancestrale,
sopra guglie di trine ghiacciate,
lungo crepacci dalle lame d’acciaio.
Smarrirsi nell’incedere inarrestabile
di cromie, di tonalità,
dove si dilatano
i colori dei miei pensieri
e trovano quiete,
in fughe abissali,
le fragile ansie d’esistere.
Al limitare delle foreste,
rassicuranti radici m’afferrano,
mi tuffano nella corsa
di freschi ruscelli
e m’adagiano
nel canto della montagna
che, effimero, si frantuma
in mille echi argentati.
Maria Grazia Savioli Galli
Opera 5^ classificata
Lettera al “Pizzo Stella”
Ti incontro, alla luce di
un cielo imperfetto.
Sobbalza il battito, ritma
l’eco dei sensi. Un guizzo
di sole, fruga, danza, spazia
fra respiri di pini e ghirigori
di nubi in perdizione.
Passi, profusi in altri passi,
succhiano i contagiri del
tempo, i mulinelli di sguardi
sui ripidi pendii. Poi, il
tornaconto, tu, sortilegio
dai mille volti trasmutato
in occhi brinati di luce.
Ecco i crostoni rocciosi,
il verde che dirada, gli
orizzonti solcati da cime
coronate a neve e ghiacci
che ribrillano l’immobile
memoria dei silenzi. In
frenesia smaniosa ti declamo
e trastullo, con riti di
parole questo amore intemerato.
A te, amico, amante, custode
di saperi arcani, mi prono
in contemplazione e spio il
torpore cieco della sera in
sospensione di colori, poi,
superstite a vanità illuse,
abbraccio, con anima furtiva
il tuo fruscío di pace.
Maria Grazia Girola
Opera 6^ classificata
Le cascate dell’Acqua Fraggia
Come abiti da sposa con candide balze
fruscianti fasciano le perlacee rocce
e nel cielo terso il crinale si frange,
mentre ovattate nubi fanno bisbocce
sfilando curiose per occhieggiare in danze,
con la cascata che si sdoppia ricadendo a gocce.
Intravedo fisionomiche Inca scolpite in roccia
e lo strascico dell’acqua è come un velo nella doccia,
con crinoline di pizzo offuscanti le sculture del mistero;
un ombroso castagno come ombrello alza lo sguardo severo
accogliendo sotto le frasche gli ignudi vacanzieri,
che in tintarella assorti e sdraiati, scacciano lor pensieri.
Dimentichi sembran tutti della leggenda ricorrente
che seminò il terrore con acque limacciose e turbolente
e narra di un mendicante che ci si rifiutò di ospitare
e plorare sì fece nel passato, per tale atto inospitale,
nei giorni in cui per Piuro la giustizia Divina fu fatale
e solo nel tempo riapparve il sorriso, con ferite da rimarginare.
Ed io son là bionda, giovane, sorridente
baciata dal sole e confusa tra la gente
e mi rivedo con occhi trasognati
in quella gita con i genitori tanto amati,
mentre osservo ed assorbo le impressioni
da quella cascata d’acqua, rivivendone le emozioni.
Stefano Guarda
Opera 7^ classificata
Attimi di bivacco sul Tambò
Accenni d’azzurro ancora colorano l’immensa tela.
Dardi infuocati accompagnano il lento calare,
mentre un tintinnio di luci preannuncia timoroso,
il prorompente spettacolo.
La notte della Montagna, dove le ombre danzano,
i venti urlano, accarezzando cascate di pietre inermi.
Il nevaio raggiante di luna, accende la valle sottostante,
mentre le stelle applaudono un gelo che graffia.
La notte della Montagna, onirica visione.
Illude di calma lo sventurato viandante.
Che a dispetto del ghiaccio,
incendia il cuore di fioca malinconia.
Ora, qui, la mente si nutre di sogni,
il cuore assapora il respiro dell’infinito,
attimi e pensieri furtivi
e malgrado l’oscurità lo sguardo non può che perdersi lontano.
Marcella Ferraro
Opera 8^ classificata
Verso il Gargano
Lieve protegge,
il velo di nube bianca
sospeso,
la sacralità dei biondi pascoli
al piano
e la foresta ombrosa
di pini e mirti e cespugli odorosi,
di faggi e orchidee,
di resinosi abeti
e aceri solitari, dai fiori alati
e copre il tavolato
dall’alto,
nel limpido azzurro cielo
di mite fine maggio,
mentre il daino e il cervo
si perdono giocando
tra le note fronde
sul monte dell’Arcangelo.
Morbido corpo di donna
avvolto ancora nel tulle suo sponsale,
all’alba,
il Gargano
mi calamita piano
tra sue accoglienti braccia distese
di madre in attesa
e i suoi mille seni gonfi
m’irrorano
di latte e vinsanto
inebrianti
e mi saziano lo sguardo
da lei intenerito.
Roberta Iacobucci
Opera 9^ classificata
Montagna in terremoto. A Daniela
Accoglimi, presto, presto,
come madre paziente che ristora e guarisce
e cura, adesso, adesso
gli occhi che non sanno resistere a questa giornata senza fine,
ed ora proteggimi, ora, in questo momento
dalle mani che si seccano a questo respiro di vento e fuoco,
soccorrimi, sempre,
da rocce che cadono miste a belle vite spezzate.
Non sopporto il tempo che si accanisce a non passare
sulle schiene di poveri che grattano a sangue,
non posso,
non ho cuore,
e quel poco che ho grida da qui,
da qui in alto, da te, da qui in alto che il mio grido arriva più forte
e tutti me li bacerei
quei visi sorridenti dal passato ignaro ed ancora tranquillo.
Così accoglimi,
ti prego,
nascondimi dal mondo che non capisco,
lasciami piangere senza ritegno che quando avrò finito le lacrime
continuerò a dolermi con anima muta
e mandami i tuoi verdi riflessi, fammi respirare da dove sei tu
che da qui le stelle sono più vicine
e loro non hanno colpa di niente
e tu che c’eri
e ci sei
e quando tutti saremo addormentati, ci sarai ancora,
canta dei trecento andati via di notte
che io non posso,
non ho cuore,
e quel poco che ho
grida da qui, da te,
che se anche il mio grido non sarà forte
tu lo ascolterai.
Carlo Albertario
Opera 10^ classificata
La sua vicinanza
Guarda queste montagne intorno a noi.
Non pregano, sono loro la Preghiera di Dio.
Nel mondo hanno scelto il posto
e nessuno troverà il modo di spostarle.
Prima che l’uomo rimirasse il Cielo
erano già dove sono adesso
e chi le avesse fatte si domandava
senza risposta davanti a queste bellezze.
Nasciamo e sino al nostro ultimo sguardo
le montagne sono sempre al loro posto.
Sagge, antiche, nel tempo sono sempre lì
intanto che tutto si deteriora…
Spalanca ognuno gli occhi
davanti alle montagne.
Sono meraviglia che non hanno paragone
e Dio dimostra la sua grandiosità.
È una prova d’amore per tutti gli uomini
che Dio ha voluto dare a testimonianza,
per farci sentire la Sua vicinanza.
Dario Falcinelli
Premio speciale della Giuria
Il Suretta
Varda el Süreta
el lüsìs cuma on spec
Olta la neef
la impegola el bosch
e una lama de giaz
l’è sto fiüm stremenzii
Dio! Che frec, che scurizia
en del föoch del camin
tra dent mò düu sciüch
e versa sto vin
e senza avarizia
Al Padretèrno il restante!
Adès i vent i tacà pü a liit
l’è calmada la sbisa
e la struntugna pü i lares
Del duman dumanda minga,
ciapa sti pòoc dì
coma un tesor. E ti bagài
scasciga minga i amuur,
la Banda, la danza
i vegn bianch i cavei,
i finis i an bei.
Quant la riva la nòc
nei spiaz e nei praa
incontri segreti
giculà de tosàan
Nel cantun crüsciada,
te se gnanca nacorgiüu,
la riit tosàna scondüda
El strascet stirunäa,
l’anel strepäa
da la sua man che resist,
ma lee che la lasa fa.
Traduzione:
Il Suretta
Guarda,
il Suretta è rifratto di luce,
la neve alta
ingravida il bosco
e lame di gelo
paralizzano il fiume.
Sciogli il freddo,
getta nelle bocche del fuoco
legna abbondante,
e con mano più generosa
versa il vino.
Il resto agli Dei
ora che è quieta
la zuffa dei venti,
immobile il vecchio larice.
Del domani non chiedere,
accetta come dono i giorni
che la Sorte ti concede
e tu fanciullo non disprezzare
i dolci amore e le danze
fin quando la canuta vecchiaia
ancora è lontana. Ora i prati
e le piazze nella notte ripetono
lievi sussurri, segreti convegni.
Dall’angolo buio il riso
tradisce la fanciulla nascosta.
E il gioco del bracciale conteso,
dell’anello strappato dal dito
che finge resistere.