Vittorio Di Ruocco
Opera 1^ classficata
Tornerò a cercarti tra le foglie
Nell’ora prepotente dell’oblio
io tornerò a cercarti tra le foglie
tra i petali fiammanti di un roveto
tremulo come l’aria che s’infuoca.
Certo raggelerai al mio cospetto
quando ti porgerò scarno e impietrito
il mio più imperscrutabile sorriso.
Ti chiederai se il vento di una notte
poté cambiare a un tratto il mio cammino
se gli occhi che imploravano perdono
smarrirono per sempre la parola,
se perso nelle latebre del tempo
io sopravvissi intatto alla mia sorte.
Ma non avrai risposte dal mio cuore
marcito nel più orribile tormento
scarnito dal dolore e dal rimpianto.
E se vorrai restare nel tuo cielo
a masticare comode certezze
non lascerò che pallidi ricordi
a dondolare nella tua memoria.
Sarà un peregrinare nel passato
fatto di nebbie fitte e silenziose,
per te che non sai leggere il presente
sarà la lunga notte della vita.
Io resterò al tuo fianco silenzioso
sperando che sia l’anima a parlarti
a riportare in te l’intatta luce
che svela la più dolce verità.
E non aver paura del rancore
è come un fuoco freddo e primordiale
già pronto a trasformarsi se lo cerchi
nel più potente brivido d’amore.
Ma se il tuo volto dolce e tenebroso
volgesse infine in altra direzione
a me non resterà che un’ombra d’ombra
a cui affidare il vano mio destino.
Sergio Baldeschi
Opera 2^ classificata
A ruota libera
A ruota libera
macino onomatopeiche sillabe
a filologici pensieri.
Acquiescenze, acremente fagocitate
dal doppio fondo dell’anima
e assorbite dall’ansia
che mal si piega
al torpore della lingua.
Anagramma di me stesso,
lascio ai lari
la custodia della vita
e nella turba clandestina
delle maligne bocche,
promuovo la nemesi del verbo rapito.
Nell’Arlecchinata del mondo,
una liquefazione mentale
smaschera l’alfabeto
e senza baluginanti inganni,
mi svela la dolcezza del divenire.
Un tuffo nell’inchiostro,
m’erige a quel canto
che pettina le ali
e fa volare alto.
Predatore di stelle
e Alfiere dei versi,
metto la luna nel sacco,
vezzeggio una lemma di cuore
e mi tingo di poesia.
Elisabetta Liberatore
Opera 3^ classificata
Terra d’autunno
Dentro l’autunno
è il piano inclinato del tempo,
la pace del martirio
di fronde macerate nell’oblio
e l’armonia senza nome
che palpita dentro un ricordo.
Nuota nelle vene
la fede placata
del bollore rovente della sera,
nel silenzio di strati di terra umida
ricade come un’ombra esausta.
Ha il sapore del miele
la stretta mite di un sole estremo
e il sopore del silenzio
quando tace il brusio della vita
dentro trame di rovi,
tutto s’attutisce nella filigrana
diradata del meriggio,
la passione misurata
nella luce esigua di ore fragili.
Tra le pieghe della terra
orizzonti disfatti
e sguardi rifranti sulla pietra
e la litania muta
del distacco incompiuto
incateno il mio ondeggiare quieto,
il pudore delle vigne denudate,
accarezza il vento
la pallida vampa del giorno.
Lucia Lo Bianco
Opera 4^ classificata
Quei giorni di Auschwitz
Camminavamo nude
senza il mantello dell’imperatore,
leggere a rincorrere quel vento
solo compagno nel buio dei pensieri.
Ed era il gelo dell’inverno a coprire
quegli sguardi, l’indagine crudele,
un esame, una lama netta sul destino.
Ancora adesso ho memoria di quel volto
come un coltello dritto fino al cuore
e mi salvava il libero pensiero,
unico dono che ancora mi appartiene.
Un freddo inverno, un muro, un taglio netto
ed ogni cosa cambiava in un secondo;
un taglio netto, un’accetta che calava
e nuovi corpi sfrecciavano in un cerchio.
Ancora adesso mi appaiono quei volti,
smorfie distorte di vecchia umanità.
Spesso ricordo le pieghe della pelle
tirata a forza su ossa ormai consunte.
Cosa rimane oggi di quei giorni?
Una vetrina, un cumulo di scarpe.
Forse camminano libere nei cieli
regno accogliente di anime disfatte.
Mariateresa Biasion Martinelli
Opera 5^ classificata
Il mio silenzio
Rimane nel cuore il rimpianto
per quel verso mai nato,
sopito nell’anima stanca,
in attesa di uscire dal buio
di una notte senza poesia.
E il ricordo di giorni fecondi,
adorni di liriche immagini,
di righe tracciate
nel malinconico abbraccio di Erato,
si trasforma in ferita profonda,
cicatrice che segna il mio arido cuore,
che ancora anela ad alitare poesia.
Alessio Baroffio
Opera 6^ classificata
Incontri
Ho incontrato qualcuno
che ha annientato il mio nome,
ha tramutato il sorriso
in disagio e timore
dentro insonni tempeste
nelle notti di pianto.
Il suo innato egoismo
ha sconfitto il mio zelo
masticando cinismo
ha cibato il mio cuore.
Ho incontrato qualcuno
che mi ha condotto a sognare,
raccogliendo frammenti
di indolenti emozioni
ha insegnato a librarmi
oltre eterei ricordi.
La sua presenza propizia
ha attizzato la gioia,
risvegliando gli ardori
sotto coltri di tedio.
Ogni incontro e battaglia
hanno insegnato la vita,
ogni passo compiuto
ha cambiato la trama,
tramutando la pelle
in luminosa corazza.
Di nessuna emozione
son rimasto digiuno,
non ho amato tutti
ma non scorderò mai nessuno.
Marco Ferrando
Opera 7^ classificata
Ridi
Quando il respiro del vento
smetterà di sbattere i portoni,
e il pianto delle nuvole
avrà sfiorato l’ultima persiana,
secchi diverranno gli alberi
inginocchiati i ramoscelli
Quando il solido marmo
e il vischioso catrame
si faranno gemelli,
e il cemento delle strade
si sgretolerà pesante,
scordate moriranno le case,
disgregate cadranno le chiese
Quando l’erba diverrà marrone
e la terra molesterà i fiori,
inghiottiti svaniranno
i voli dei liberi passeri
i nitriti dei forti cavalli
Quando il mondo si fermerà,
e guarderà amiche stelle
chiudere gli occhi luminosi,
e dormire in nere coperte,
nulla sarà cambiato.
Allora ridi, amico mio,
finche ti farai Crisippo
e il tuo riso rimbomberà
nell’infinito silenzio
Patrizia De Ponti
Opera 8^ classificata
Debolezze
Non posso respirare la luce del mare
Quando mi sveglio pieno di dolore
Se guardo in faccia l’azzurro più profondo
Perdo la forza di affrontare il mondo
Non sono fatto per scorci di infinito
Son troppo debole per sopportare ora
La meraviglia che nasce dall’immenso
La solitudine del nulla non consola
L’anima mia smarrita in un bicchiere
Si perde dentro ad un giro di parole
Non ho bisogno di ricordare ancora
Il gusto amaro di un mondo senza sole
Voglio restare tra queste lenzuola
Finestre aperte su case tutte uguali
Dove la vita continua senza sosta
Niente si ferma questa è la risposta
Questa è la forza che ci porta avanti
Che spinge il cuore a non aver paura
E che ci culla, tristi naviganti
Sulle acque incerte di quest’avventura
Penso ai fratelli con cui condivido
Questo destino di corse sempre stanche
Parte di un tutto, figlio del niente
Piccolo uomo confuso tra la gente
Lucia Ingegneri
Opera 9^ classificata
Il vento spinge il mio aquilone
Tante volte, al sorgere dell’alba,
la vita appare sempre uguale.
Eventi senza effetto, smarriti
nel vuoto intangibile dell’infinito,
regole di esistenza opacizzate
da insicurezze, da sentimenti di rimbalzo.
Dura prova di resistenza umana
nel percepire, nel distinguere,
nel capire se ci si sente degni,
capaci di essere come si vuole essere,
di agire come si vuole agire,
senza veli di presunzione.
Cerca il mio cuore il suo filato,
la sua poesia, la sua forza dentro
che rincorre la vita.
Si dilegua la nebbia, si accende il sole,
mentre l’anima in attesa
si riappropria della sua bussola
là dove il vento cambia rotta
e spinge il mio aquilone
verso una nuova apertura.
Annega il respiro del mondo
nel mio essere profondo.
È come se al mondo nulla si perdesse.
Anche la foschia è necessaria
per apprezzare la luce
con le sue sfumature di colori.
Stefano Fissi
Opera 10^ classificata
Dissolutio
Ti ho abbrancato al risveglio dalla notte
e non volevo più lasciarti andar via
le mie braccia stringevano il sembiante
labile con cui mi visiti nel sonno
quando mi sciolgo da cure trascorse
da repliche che obnubilano gl’occhi
e terso da ingombranti suffumigi
mi affiso allo splendore del tuo sguardo.
Un bagliore s’effonde opalescente
nello specchio destato del cervello
levigato quanto basta a ritenere
ghirlande in convoluta processione.
Ora il tempo si colora d’attesa
che si frappone al momento bramato
laddove l’essere si sgretoli in Te
mi sembra spreco il resto dei giorni
ché sola pregio l’estrema dissolutio.
Ma non son io che firmo il decreto
che mette fine a questa camminata
prove e stenti son fulgide gemme
incastonate tra trine e broccati
con cui adorno la veste preziosa
che frusciando scorrerà dalle spalle
giacendo sulla terra abbandonata
quando nudo sosterrò il tuo cospetto
mi annullerò nella fonte di vita.