Sezione adulti
Danila Olivieri
1° Classificata Sezione Adulti
Il tempo
Guizzo di brezza alita argento
tra nuvoli ariosi d’ulivi e lecci – la luce di mia madre, che chiara danza
nell’aria e ride tra il fogliame,
mi conduce per mano
sulla salita scalza
tra vigne e campi roridi d’infanzia.
Vorrei far lento il tempo
che scava dentro l’ombra della sera
fondi recessi di silenzio
e risalire all’ilare sorgente
della rosata aurora.
Tra nidi di malinconia, intrecciati
come dita nelle sere di bufera,
m’avvivo di ricordi
prima che la quiete di neve
trafughi l’aroma di resine
e copra l’eco lieve
di risa e di nenie lontane.
Ma il tempo è un giunco d’aria – come onda sinuosa fluttua e s’inarca
e anche questa scheggia di terra
cullata dal lamento dei gabbiani,
vibra al vento delle stagioni
e respira i sogni del cosmo – con il sole che a sera
sempre rosseggia e si inabissa
dietro Punta Manara.
Franco Fiorini
2° Classificato Sezione Adulti
Figli del vento
Inesauste tornano memorie
di una terra fatta sangue nelle venerdì
verdi gli anni come l’erba sopra i fossi
ali donava ai piedi l’avventura.
Si partiva all’alba contro la calura
a caccia di cicale sopra i pioppi
a tentare segreti tra le fronde
i piedi nudi ad arrossar le stoppie.
Non ci fermava il fuoco dell’estate
a sciogliere l’infanzia sulla pelle
ci soccorreva l’acqua del torrente
a regalare tuffi arditi alle parate. (1)
La danza era di lucciole la sera
presto sorprese a un passo dalle stelle.
Aquiloni eravamo in braccio al vento
a liberare voli senza tempo.
E noi che del vento fummo figli
l’anima lasciammo alle colline
agli specchi di cielo nelle fosse
allo stupore delle lune alle ginestre.
Lasciammo il cuore al calore di un camino
all’odore del pane dentro al forno
ai ritorni di un padre senza eguali
a un soffio di carezza sul cuscino…
Ma il tempo non si ferma a ricordare
e liberi solcammo le stagioni
ancora aquilini sulle rotte del destino
fili di memoria a sostenerne il volo.
Agrodolce venne il giorno dell’approdo
quando il vento si fa stanco e lento il volo
ma noi che respirammo fieno e grano
mai consegnammo l’anima ai rimpianti.
Anche l’autunno ha bisogno di canzoni
a cullare grappoli di vigne sopra i colli
dolci come le more su labbra di fanciulli
figli del vento stregati dalla luna.
1 – Piccole dighe naturali a volte anche pericolosamente profonde.
Alberto Averini
3° Classificato Sezione Adulti
Odissea (Trittico)
Deriva…
In questa oscurità senza la notte
arduo il percorso
e desolato, verso
l’irraggiunta mia terra.
Se solo conoscessi
l’Itaca mia qual è
non sarebbe la vita
un’eterna deriva…
Sirene…
Incatenato al sogno
proteso a una promessa di sirene
sospeso sulle rive del silenzio
ho atteso il canto che non venne.
Avrei disciolto questa vita a un coro d’acqua, dentro
il gemito del mare.
Ma era muto il mondo.
Naufragio…
Ai bordi del naufragio
nevicherà
una silente coltre di parole
a raggelarsi
prima della sera.
Enrico Calenda
4° Classificato Sezione Adulti
Granchio sorpreso
Respira il mare profondo
e sciacqua gli scogli
mentre sciaborda breve la sua onda
nel tenue mormorio
d’un giorno alla sua fine.
Lento si muove lontano un naviglio,
si tuffa sul cibo gridando un gabbiano
esce dall’acqua in volo,
bagnato il cormorano,
(come ti parla il mondo
come si esprime di mille linguaggi
come li senti in te, solo in te solo,
solo nel tutto, solo nel niente
nella volontà di esserci,
in quel tutto che è poi la vita,
essere tutte le lingue, tutte le menti
essere tutti, gli occhi di tutti,
tutti i pensieri capirli, tutti gli affetti
provarli, capire il tenero amore,
la mano assassina, capire il darsi
spontaneo, il vivo creare, il tenace
inseguire, capire le mille culture, esserle
una sola, tutte, un piccolo uomo
e in lui l’ampiezza solidale nel profondo
vertiginoso soffrire, essere le mille pelli,
essere le mille vite, profondamente
vissute, in una, in tutte, essere la sorte
di mille esseri, un unico corpo
piccolo globo, cellula, scaglia nel nulla
fremente di vita, capire cogliere
l’essere in te)
il mare gorgoglia pian piano,
un granchio s’allunga lungo lo scoglio
all’asciutto, poi ratto torna nell’acqua
impaurito, sorpreso dal tutto.
Silvana Ferrario
5° Classificato Sezione Adulti
Terra di Brianza
Squarci di natura appaiono
nel grigio cemento
e rompono l’audace avanzare
della ricchezza,
rubata alla terra.
Fruga lo sguardo ansioso
tra boschi di muschio e felci
a cercar palpiti
di vita.
Fruga tra aridi prati
senza passeri
a beccar fili d’erba,
e cavallette affamate di semi
nei campi del sudore.
Arde nel sole
la terra ferita
dai solchi,
dimentica di amare fatiche
e di vecchi curvi
a rimuover zolle.
Succhia ogni linfa vitale
l’ingordo futuro
e sacrifica le viscere feconde
all’amaro destino.
Arde nel vento
la mia terra
ingrata col passato
mentre ondeggiano ignare,
nel tiepido giugno,
le spighe dorate
di prezioso frumento.
Con deboli fruscii,
ultimi sospiri
della vita che fugge.
Giulio Redaelli
6° Classificato Sezione Adulti
Sabato sera
Io che ti porgo la vita
tu che prendi tutto, senza distinzione
il sentimento persistente
nello spazio avulso del tempo
la materialità delle cose nei colori decisi
cercati oltre il confine
Invisibile agli occhi, alito sospeso
che nella nebbia si perde in gocce tiepide
e stagioni future già decise
erano il tuo viatico
quasi un’ossessione di certezza
quel rapido salire i gradini del mondo
senza mai voltarti
Così sei passato nell’inafferrabilità del vento
come pioggia che subito ti si asciuga addosso
in un afoso pomeriggio di luglio
coi tuoi vent’anni di lucida follia
che corrono sul nero inganno d’asfalto
per un viaggio mai compiuto
In te c’era il fiato dei giorni
la speranza della crisalide al mattino
Ora mi lasci una manciata di ricordi
uno spicchio di luna nel vuoto cielo dell’attesa
e fra le lamiere contorte vaga la colpa
di questa vita ancora da imparare
Sergio Baldeschi
7° Classificato Sezione Adulti
Il profilo nero dell’Africa
Dio tace…
lungo il profilo dell’Africa,
figure stilizzate
camminano su lastre di fuoco.
Angeli bruciati
da schegge di sole,
neri e vuoti
come mosche e ciotole
che gli masticano l’anima.
Bambini senza tempo
sbriciolano l’arido destino
dentro clessidre spezzate,
hanno la fame immersa negli occhi
e la pelle attillata
sulle ossa piegate dai crampi.
Bocche socchiuse
pizzicano il seno
d’abuliche madri,
latte amaro misto a lacrime
fuoriesce elastico
in gocce prive di vita.
Mani scarne,
divelte dal respiro della terra,
graffiano il cielo
a cercare un denso sussulto d’umanità.
Ma l’Africa è lontana,
troppo lontana,
per capire un manifesto
appeso dentro una vetrina
stracolma di pensieri Natalizi.
Giovanni Caso
8° Classificato Sezione Adulti
E già s’abbruna l’ora
Se per poco si scioglie questa sera
come acqua tra le dita avrò sussurri
d’erba e di tralci a farmi compagnia.
Come tutto somiglia a quest’autunno,
la bianca terra al passo del dolore.
La vita indora come miele ambrato
a brezze di memorie, al pane antico
della parola santa che metteva
un saldalo di luna al nostro viaggio.
Un tremito di stelle e di pensieri
ci accompagnò lungo la via, ai cosmi
bisbiglianti nell’anima.
E ti ascolto
seduto a quella soglia di stupori
e tu mi pari ancora del prodigio
che il seme mette al sangue della terra.
Cos‘è l’eterno se non lo splendore
d’un giorno che non volge al suo declino,
un Dio che accolga il palpito di noi?
E già s’abbruna l’ora, sale un vento
nuovo a colmarmi di silenzi e voli.
È tutto ciò che resta di quel fiume
che troppe volte unghiò le sponde, appena
un rivolo che balza fra le pietre
come a cercare il grido del suo mare.
Bianca Candiano
9° Classificato Sezione Adulti
Sud
Ancora bianchezza s’intaglia negli ulivi:
un pozzo di cieca luce
attende l’ultima fame.
Io guardo dal ciglio dei venti
queste madri calcaree
del sud.
Cerco le preghiere
impigliate nella caligine,
il sangue secco nella corteccia
dei dolorosi ginocchi.
Ma dormono le madri bianche
confitte nella pietra
con i seni spaccati dal sole,
con palpebre immense, sdrucite
precipitate
sui rovi inceneriti degli occhi.
Nell’arco macero dei loro fianchi
si genera il sale
si beve la pietra;
la smorfia antica
della nostra fame
all’imbrunire delle loro bocche
si spegne.
Il grembo è una crepa
dove navi e secoli e deserti
dall’argilla sprofondano
fino agli ultimi segreti
della terra.
E dopo la luce un sogno d’ulivi:
scendono sull’acqua immaginata,
gusci di vento
intagliati nell’estate.
Il loro orecchio è una grande barca
ormeggiata alla fine del silenzio.
Marco Bin
10° Classificato Sezione Adulti
Mia Madre
Come facevo a starti,
che mi portavi, ed io a te
indossandoci entrambi?
E pensare che avrei voluto
sdraiarmi giù, in mezzo al lago
con quei sassi lenti intorno che guardano
calmi, come certe Madonne dei portici.
Lasciarmi sola ad aspettare
fino a seccarmi, toccare
il fondo a schiena asciutta
sentire i monti farsi sabbia.
Invece ora, che pianto e sorriso
non sono che nomi
mantengo le mie rughe sulla riva.
Non so più il mio viso.
Aspetto, come questo posto.
Ironica, quasi una beffa.
Dammi Signore questa pace altera
e l’alto sorriso del San Martino.
Vincitore Premio Robiati
Ambrogina Sirtori
La pace
Esploderà improvvisa nelle città
dove la guerra morde la vita.
Con lievi brezze, la pace
spegnerà braci di fuoco
accese dall’odio.
Dall’alto di campanili e minareti
risuonerà un messaggio:
“sotterrate le vostre armi
dentro casse blindate
gettatele nel profondo degli oceani.
Sia pace tra i popoli della Terra”
I bimbi, allegri, torneranno
a cantare con gioia.
L’albero della vita
rinverdirà le sue fronde.
Sezione giovani
Fabio Riccardi
1° Classificato Sezione Giovani
A mia madre
Non so cosa significhi essere figlio,
non ho mai saputo rapportarmi
al mistero della mia carne
che trova ragione nelle tue membra, madre.
Così solo l’anima ha saputo sorreggermi
e farmi vagabondo come le stagioni:
talvolta increspato dentro autunni di ruggine,
altre volte sciolto tra le nebbie
di inverni caduti in silenzio.
Ho vagato cambiando colori e profumi
eppure come le stagioni sono sempre ritornato.
E passando distrattamente tra le tue braccia
ero sempre io come la terra che riappare alla terra,
come il sangue che riappare al cuore.
Ogni volta tu dicevi tutto in poche parole:
la ragione ti è luce fin troppo fedele
a semplificare i tratti della mia follia.
Ed io non ho altri rimpianti che del tuo pennello
abbandonato per far spazio alle tue braccia
e alla tua schiena piegata per il pane:
guardami madre, io solo sono rimasto
unico espresso colore dei tuoi quadri perduti.
Ed io non ho altri ricordi che del tuo abbraccio sereno
dentro sabati mattina, non ho altre parole di riconoscenza
se non quelle che tu coglierai perfette
da un mio sorriso nel rivederti…
Jessica Malfatto
2° Classificato Sezione Giovani
Vivi
Spezza i fili delle emozioni e
ricomponili per cercare un nuovo sogno..
Lascia scivolare sulla pelle attimi ribelli,
tienili tra le mani
e poi chiudili in un pugno..
Ti sfuggono..
Lasciali liberi.
Attimi di vita prepotenti,
si lasciano trasportare da un pensiero sfuggente,
addomesticano i suoni dell’anima,
si mescolano e si scontrano
sprigionando energia..
Vita mordace,
lasciati assaporare
ma soprattutto
vivere.
Chiara Paoloni
3° Classificato Sezione Giovani
Naufraghi
Un giorno forse saremo liberi
in quel soffio di terra
che ancor ci appartiene.
Un giorno forse…
Oggi le ombre del cuore
invecchiano in piccole vigne
annaffiate dallo strazio del sangue,
sotto le ciglia umide e dure
braccia che tremano
sopra un fianco di collina.
Un giorno forse saremo liberi
in un volo di cielo
dove si libra il canto dell’anima.
Oggi ancora siamo naufraghi
le mani alzate, bandiere tese.
Siamo naufraghi nel dolore di sempre
che ci avvinghia all’uscio di pianto
di una casa di paglia.
Un giorno forse…
Claudio Crippa
3° Classificato Sezione Giovani
Ti ho cercato
Quante volte Ti ho cercato
Tu sai quanto.
Ti ho cercato dentro i rovi
dei pensieri,
nelle acque di un pianto
dentro il cesto dei miei anni.
Ti ho cercato in un giorno
di gennaio,
nelle notti di paura
nelle ombre dei miei sogni.
Ti ho trovato sull’altare
di un fiore
dentro il tempio del dolore.
Ti ho trovato nel lamento
di una madre
sulla fronte di mio padre.
Quante volte Ti ho trovato,
mi hai dato sempre amore
Tu sai quanto, o mio Signore.
Massimiliano Mario Canale
5° Classificato Sezione Giovani
Dichiarazione di pace
La stessa luna
è lanterna delle notti europee
e sentinella di chi vive
sotto le bombe.
Lo stesso cielo stringe
tutti i popoli nell’unione;
ma la stessa terra divide
i figli di Palestina da quelli di Giudea.
E nello splendore di notti armene,
mentre l’americano dorme sonni beati,
l’iracheno nel sonno muore,
e la sua casa è divorata dalle fiamme.
Un sol firmamento
abbraccia i covi di Bin Laden
e le terre d’America contro cui cospira…
Le stesse onde che srotolano sangue
sui lidi martoriati dalla guerra,
carezzano le ricche riviere
dove chi la guerra l’ha voluta
trascorre una pacifica vacanza.
E mentre una pendola d’oro
scocca mezzanotte nelle sfolgoranti serate
delle metropoli occidentali,
un vecchio orologio rotto
reclama la stessa ora
nel buio triste e sconsolante
d’una capanna d’Africa,
dove bimbi al par dei pargoli europei,
scontano un penoso digiuno
cui nessun miliardario,
cui nessun potente che siede
nelle stanze dei bottoni delle capitali del mondo,
è ancor riuscito a sottrarli!
Uomo, la tua salvezza verrà sol quando
l’Hezbollah e Israele si dichiareranno pace…
e tutti i popoli scopriranno d’esser fatti della stessa carne!
Giovanna Garzia
6° Classificato Sezione Giovani
L’angelo geloso
Sei stata tu a venire a me,
come in sogno ma smentendo che lo fosse:
neppure un sospiro ha reagito ai tuoi baci
per provare agli occhi che le tue labbra
fossero davvero sulle mie guance.
E quando la tua mano ha raggiunto
la destra, sulla spalla, un fremito
mi ha condotto ai piedi
di un antico racconto: accade
se gli orologi smettono di balbettare
e i calendari dimenticano di contare…
Nelle selve e tra i boschi, sulle rive dei fiumi
e sulle sponde dei laghi, nelle grotte
e nelle fonti, sui monti, nei pressi
della Tracia e della Focide:
le Driadi, le Naiadi e le Aldeidi,
corrono sul carro del Sole
guizzano attorcigliate al tridente di Poseidone,
bevono nettare di Melissa
e giocano a lampadedromia.
Lampezia e Fetusa
scovano Calipso rinvenuta
al profumo delle primule blu
che adorne recano le figlie di Gea.
Nascosto dal bianco concentrato d’aria,
che in ciel appare come una nuvola,
un angelo se ne sta muto a guardar
il bruno scoglio ove la spuma del mare
adagia la nascente dea di anonima stirpe.
Subito la corteggiano dei e mortali,
e il timido angelo al ciel non farà ritorno,
finchè con sé lei non avrà asceso.
Sei stata tu ad innamorare gli angeli,
tu ha i reato per me un nuovo cuore.
Marta Fumi
7° Classificato Sezione Giovani
Ricordando un 31 Ottobre
Stupore
che nasce
dalla magia di quell’incanto
che fa incontrare due esseri
che abbracciandosi diventano uno.
Ed è potente la forza che si sprigiona
da due diversità che si guardano negli occhi.
Ciascuno è sé,
eppure in quell’attimo si svuota della sua essenza
per mettersi ai piedi dell’altro,
per abbracciare la sua verità
e ritrovarsi in un dono di gioia intensa e condivisa.
E tutto il mondo è lì, fra quattro braccia,
e il dentro e il fuori giocano, si confondono,
trasformano il mio tutto e fermano il tempo
in una dimensione che ha dell’eterno.
E quando il fuori bussa alle porte
è come risvegliarsi da un sogno lontano,
come ritornare di colpo al concreto, al razionale,
e guardare oltre il fiume tenendosi per mano.
Poi però riguardo il tuo volto
mi immergo di nuovo nella tua pienezza,
e scruto l’anima attenta e in silenzio,
in cerca di un colore segreto
che ammicca alla luce.
E tu giochi con i miei capelli,
ricerchi il mio viso,
e in silenzio osservi il mio segreto
forse stupendoti del tuo stesso stupore.
E di fronte al tuo mistero che a tratti ancora mi prende,
di fronte al tuo essere pieno di poesia,
di fronte all’attesa che pervade i miei giorni,
resto in ascolto
a contemplare.
8° Classificato Sezione Giovani
Jessica Imolesi
Razionalità
Se a volte non ti ascolto
è perchè pensavo al cielo
lo guardo risalire
dove il sole
non si è ancora
perso.
Aspetto il mare
sorgere da un
momento all’altro
arrampicarsi
sopra le dune e
ricomporre l’idillio
che il mio sentimento
dipingeva
con colori
di tempesta.
È un’immagine sacra
che scava il tuo ieri
la razionalità
si stacca da qui
e comincia
a tremare.
Per questo il tuo io
è il vento
che accoglie
risate
di vetro
quando fingo
di essere
là dentro
ho appena iniziato
a tornare.
9° Classificato Sezione Giovani
Aura Piccioni
L’ultimo canto di Byron
Ho per tetto il cielo, per sogni le nubi.
Diafana, l’esistenza s’invola
al ritmo disperato di chi anela
la dolce ninfa libertà...
E io, piccolo mortale,
mi perdo nell’immensità di tali
luoghi, divenendo immenso
al di sotto dell’oro di queste pietre.
L’eternità, anelo. Anelo l’eternità.
La vita è il folle volo
che la nave percorre con le vele gonfie di caldo vento.
Del caldo vento di queste terre.
Son essere umano. Può l’uomo essere misero?
No. No, se vive.
Annego intanto nel ricordo della dolce ombra d’Atene,
che si staglia nei tramonti di sangue che investono
l’Ellade coi suoi profumi, coi suoi sentimenti…
l’Ellade. Un essere umano sotto il sole, nel meriggio ardente.
Svegliarsi in una nube, osservare il cielo,
compiere diecimila cose per comprenderne a fondo una.
L’argilla dentro l’uomo va plasmata. La sua anima.
E adesso la mia anima desidera il distacco
da questo corpo debole, fragile, per divenire
res imperitura.
Dipingo la poesia di un istante, incastonando
in uno sguardo un ricordo
fuggevole come un fiore d’artemisia.
Potessi essere un dio! Involandomi sulla piana del mare,
adorerei non me, queste terre…
Potessi sentirmi titano! Mai i miei passi sarebbero più
sicuri dell’alba in cui tramonta l’ultima luna su Sunion…
Mi fosse concesso non amare! Non mi struggerei, ora,
con gli ultimi aliti di vita, di attendere le ali leggiadre della morte
sul filo sottile dell’immortalità.
10° Classificato Sezione Giovani
Giovanni Chesi
Petali rosa
Leggeri petali rosa si posano
lievi su pietra di granito duro:
sono dolci madri che scacciano
le paure del figlio insicuro;
sono angeli che, dal vento cullati,
giungono da nuvole di geranio scarlatte,
per infondere calore sono arrivati
alla freddezza delle rocce, grigie e compatte.
Minuti petali rosa sfiorano
l’imponente macigno granitico,
e, mentre i due opposti s’incontrano,
muta della roccia lo stato critico.
Indulgenza ora infonde quel masso:
sormontato da quei delicati petali rosa,
mai più un freddo, aspro sasso
adesso chiunque giudicarlo osa.
Così, quando il Male indurisce
i cuori di moltitudini di genti,
il Bene, scarso di forze imponenti,
la crudeltà nell’uomo finisce.